In passato si riteneva che gli impatti tra galassie avrebbero accresciuto l’attività dei buchi neri supermassicci presenti nei loro nuclei.
Recenti simulazioni, che hanno considerato una serie di scenari, hanno dimostrato che alcuni impatti possono invece smorzare l’attività dei buchi neri supermassicci presenti nei nuclei.
Questo accade perché alcune tipologie di impatti tra galassie possono spazzare via la materia dai nuclei che altrimenti alimenterebbe l’attività dei buchi neri supermassicci.
Quando si pensa agli impatti tra galassie, si immagina un vero e proprio contatto fisico tra le stelle che scontrandosi vanno in pezzi. In realtà gli impatti tra galassie sono più simili allo scontro tra due nuvole che finiscono per combinarsi in un’unica grande nuvola.
Questo vale anche per le galassie, dove la più grande “mangia” la più piccola. Le stelle all’interno delle galassie sono separate da ampi spazi vuoti che contengono gas e polveri molto rarefatti, quindi gli scontri apocalittici tra sistemi solari sono molto improbabili.
La distanza tra le singole stelle all’interno di una galassia è relativamente elevata; per fare un esempio, la stella più vicina al Sole, Proxima centauri, si trova infatti ad una distanza pari a trenta milioni di volte il diametro solare.
Se si immagina il Sole delle dimensioni di una moneta, la moneta/stella più vicina si troverebbe a quasi 800 km di distanza. Gli impatti tra galassie tuttavia possono avere grandi conseguenze.
Tipi di impatti tra galassie
Gli impatti tra galassie avvengono in modi diversi. Qualche volta una piccola galassia entrerà in collisione con la parte esterna di una galassia più grande e le passerà attraverso o si fonderà con essa, in entrambi i casi scambiando molte stelle, gas e polveri lungo il tragitto.
Oppure, gli impatti tra galassie possono verificarsi frontalmente, dove la più piccola delle due verrà lacerata dalle forze mareali generate dalla galassia più grande.
Quest’ultimo scenario può mostrarci qualcosa di molto interessante all’interno del nucleo galattico come ci racconta il ricercatore Yohei Miki dell’Università di Tokyo:
“Nel cuore della maggior parte delle galassie si trova un buco nero supermassiccio, o MBH”.
Da quando gli astronomi hanno studiato le collisioni galattiche, si è ipotizzato che una collisione potrebbe fornire carburante per un MBH sotto forma di materia all’interno del nucleo”.
“E questo carburante alimenterebbe l’MBH, aumentando in modo significativo la sua attività, che vedremmo tra le altre cose come luce ultravioletta e raggi X.
Tuttavia, ha aggiunto Miki: “ora abbiamo buone ragioni per credere che questa sequenza di eventi non sia inevitabile e che in effetti potrebbe essere vero l’esatto contrario”.
Sembra ragionevole ritenere che le collisioni tra galassie accrescerebbero solo l’attività di un MBH, ma Miki e il suo team hanno voluto scoprirlo. Dopo aver costruito modelli altamente dettagliati di scenari di collisione galattica, li hanno eseguiti su un supercomputer.
Il team ha osservato che in alcune circostanze una piccola galassia in arrivo potrebbe effettivamente strappare la materia che circonda il buco nero supermassiccio della galassia più grande riducendone l”attività.
Come ha spiegato Miki:
“Abbiamo calcolato l’evoluzione dinamica della materia gassosa che circonda l’MBH a forma di toroide”.
“Se la galassia in arrivo accelerasse questo toroide al di sopra di una certa soglia determinata dalle proprietà dell’MBH, la materia verrebbe espulsa e l’MBH verrebbe privato del suo “cibo”.
“Questi eventi possono durare un milione di anni, anche se non siamo ancora sicuri di quanto tempo possa durare la soppressione dell’attività MBH”.
La ricerca potrebbe aiutarci a comprendere l’evoluzione della Via Lattea.
Gli astronomi sono fiduciosi in quanto la nostra galassia in passato si è scontrata con molte altre galassie più piccole e in futuro probabilmente si scontrerà con la galassia di Andromeda.
La collisione potrebbe avere luogo tra circa 5 miliardi di anni.