L’antico Egitto non aveva solo inestimabili ricchezze, ma anche armi straordinarie, letteralmente “piovute dal cielo” come le armi in possesso del faraone Tutankamon. Tra queste spicca un pugnale ritrovato all’interno del sarcofago del faraone bambino vissuto nel XIV secolo aC nel 1925.
Il pugnale è straordinario perché composto da ferro con una importante percentuale di un’altro metallo, il nichel, che ne faceva un’arma incredibile per la fine dell’età del bronzo e proprio per questo alcuni sospettarono che fosse un falso. Oggi, però, sappiamo quasi con certezza da dove provengono quei metalli: dal cielo.
Le analisi chimiche hanno confermato la peculiarità del pugnale di Tutankamon, infatti i ricercatori che le hanno eseguite, nel 2016, hanno scoperto che la lama contiene il 10% di nichel e lo 0,6% di cobalto in concentrazioni proprie delle meteoriti metalliche.
La conferma è arrivata consultando i database dei meteoriti ritrovati e analizzati sul nostro pianeta. I ricercatori hanno avuto la conferma che i livelli dei metalli indicano una probabile origine extraterrestre per il ferro utilizzato nella realizzazione del pugnale.
E’ stato il nichel a suggerire la risposta, perché è quasi del tutto assente nei comuni oggetti di ferro fuso. L’elemento n. 28 della Tavola periodica di Mendelev si trova come costituente nella maggior parte dei meteoriti e spesso viene utilizzato come uno dei criteri per distinguere un meteorite da altri minerali.
Pensare che possa essere il frutto di una lega, in queste concentrazioni, è impossibile, considerando anche il fatto che, come detto prima, la civiltà egizia maneggiava raramente il ferro. L’indagine svolta sul reperto grazie alla fluorescenza a raggi X non è stata invasiva, i dati sono stati poi analizzati in Italia.
Gli egizi possedevano pochissimi oggetti in ferro, la civiltà egizia non aveva sviluppato la metallurgia di questo metallo, anche per la mancanza di cave, e quindi era più prezioso dell’oro. Questo è quanto scopriamo su Close-up Engineering da un’intervista fatta a Francesco Porcelli, professore di Fisica al Politecnico di Torino.
Porcelli è stato per otto anni, fino al 2014, addetto scientifico all’ambasciata italiana al Cairo e ha riunificato un progetto di studio portato avanti dagli esperti sui meteoriti dell’Università di Pisa, del Politecnico di Milano e la ditta XGLab, insieme ancora al Politecnico di Torino, al Cnr, al Museo del Cairo e all’Università di Fayyum.
L’iniziativa è stata finanziata dal Ministero degli Esteri italiano e dal Ministero della Ricerca Scientifica Egiziano.
La lama del pugnale è intatta nonostante il tempo trascorso e non mostra nessun segno di degrado dovuto alla ruggine, è lunga circa 35 centimetri era stata infilata tra le bende del faraone bambino in vista del suo ingresso nell’aldilà.
Nel 2008 viene scoperto da Vincenzo De Michele, curatore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano, un cratere, che prese il nome di Kamil Crater.
De Michele era intento a studiare la zona su Google Earth, alla ricerca di villaggi neolitici, quando notò questa formazione del tutto simile al cratere prodotto da una bomba di grande potenza. Il cratere poteva essere il prodotto di un bombardamento o dell’esplosione di un missile, vista la zona calda e per eliminare il dubbio De Michele decise di andare a compiere un sopralluogo nella zona.
“Una volta sul posto è stato subito evidente che si trattava un cratere da impatto. La bomba era arrivata dallo spazio” – ha detto De Michele in un’intervista rilasciata all’INAF. In seguito il cratere venne confermato nel 2010 con la pubblicazione sulla nota rivista Science.
Si tratta di un «cratere di tipo lunare», molto raro sul nostro pianeta dal momento che l’erosione cancella molto in fretta i segni degli impatti dei meteoriti. Alla spedizione parteciparono gli studiosi di Pisa e dell’osservatorio astronomico di Pino Torinese. «Quando fu scoperto il cratere, parlammo del mai risolto interrogativo sul pugnale sulla mummia del giovane faraone della diciottesima dinastia, e decidemmo di fare le analisi, superando un po’ di riluttanza delle autorità egiziane, che giustamente custodiscono gelosamente i reperti», ha spiegato Porcelli.
Ecco come si è giunti alla conclusione che il metallo del pugnale è di provenienza spaziale.