Il mistero dell’espansione dell’universo

Lombriser ha pensato a una soluzione semplice ed elegante che escludeva la necessità di creare una “nuova fisica”

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Il primo astronomo a misurare lo spostamento verso il rosso o “red shift” di un oggetto extragalattico fu nel 1912 Vesto Slipher, che misurò tale spostamento in molti corpi extragalattici o “nebulose a spirale” che sembravano tutte allontanarsi dalla Terra. Egli non ne colse l’implicazione cosmologica in quanto in quegli anni era in corso una diatriba sul fatto che queste nebulose fossero all’interno o all’esterno della Via Lattea.

Nei primi anni 20 del 20° secolo, Alexander Friedmann, matematico e cosmologo russo, applicò il principio cosmologico alle equazioni di campo della relatività generale, ottenendo le equazioni a lui intitolate. Queste equazioni descrivono un universo in espansione che contrastava quanto sostenuto da Einstein che proponeva una soluzione statica dell’universo che restava immutabile ed eterno. Tuttavia Friedmann non comprese che la sua teoria implicava lo spostamento verso il rosso della luce stellare e il suo contributo matematico fu completamente ignorato, sia perché privo di conferme astronomiche, sia perché poco noto nel mondo anglosassone, essendo scritto in tedesco.

Dal 1924, Edwin Hubble iniziò a scandagliare il cielo con il telescopio Hooker dell’Osservatorio di Monte Wilson, mettendo a punto una serie di indicatori di distanza che sono i precursori dell’attuale scala delle distanze cosmiche. Questo lavoro gli permise di calcolare la distanza di nebulose a spirale il cui redshift era già stato misurato da Slipher, e di dimostrare che quei sistemi si trovano a enormi distanze dalla Via Lattea e sono in realtà altre galassie essi stessi.

Nel 1927, Georges Lemaître, fisico e sacerdote cattolico belga, sviluppò le equazioni in modo indipendente da Friedmann e ipotizzò che l’allontanamento delle nebulose fosse dovuto all’espansione del cosmo. Infatti egli osservò che la proporzionalità fra distanza e spostamento spettrale, oggi nota come legge di Hubble, era parte integrante della teoria ed era confermata dai dati ottenuti da Slipher e da Hubble.

Nel 1931, Lemaître suggerì che l’evidente espansione del cosmo poteva essere pensata a ritroso nel tempo come una contrazione che concentra tutta la massa dell’universo in un unico punto dal volume quasi nullo e con un diametro pari alla lunghezza di Plank, punto che lo stesso Lemaitre chiamò “atomo primevo”.



Nel 1929 Hubble pubblicò la relazione tra la distanza di una galassia e la sua velocità di allontanamento formulando quella che oggi è conosciuta come legge di Hubble che include la costante di Hubble o H0 che indica il tasso di espansione dell’universo. Tuttavia con la fine della seconda guerra mondiale emersero due teorie cosmologiche contrapposte.

La teoria dello stato stazionario di Fred Hoyle che proponeva un universo sempre uguale a sé stesso che compensava l’espansione creando dal vuoto nuova materia.

La teoria del Big Bang di Georges Lemaitre e sviluppata da george Gamow che, nel 1948 con Ralph Alpher, introdusse il concetto di nucleosintesi primordiale. La pubblicazione segnò la nascita della cosmologia del Big Bang come scienza.

Ironia della sorte volle che il termine “Big Bang” diventato il nome della teoria fu coniato proprio da Hoyle in senso dispregiativo in una trasmissione radiofonica della BBC Radio nel marzo del 1949. Hoyle si riferi alla teoria descrivendola “questa idea del grosso botto”.

Ma se l’universo è in espansione a quale velocità si espande? Le migliori stime di H0 si trovano attualmente a circa 70 (km / s) / Mpc (il che significa che l’universo si sta espandendo di 70 chilometri al secondo più rapidamente ogni 3,26 milioni di anni luce).

Abbiamo oggi due metodi per calcolare il tasso di espansione che producono due valori diversi del 10% con una deviazione statisticamente inconciliabile.

Il primo metodo si fonda sullo sfondo cosmico a microonde, la radiazione a microonde che proviene da ogni direzione del cosmo emessa nel momento in cui l’universo divenne abbastanza freddo da consentire alla luce di circolare liberamente (circa 370.000 anni dopo il Big Bang). Utilizzando i dati forniti dalla missione spaziale Planck e dato il fatto che l’universo è omogeneo e isotropico, si ottiene un valore di 67,4 Mpc per H0.

Il secondo metodo si fonda invece sulle supernovae che appaiono sporadicamente in galassie distanti. Questi eventi molto luminosi forniscono all’osservatore distanze molto precise, un approccio che ha permesso di determinare un valore per H0 di 74 Mpc.

Per spiegare questa discrepanza Lucas Lombriser, un fisico teorico dell’Università di Ginevra (UNIGE), ha proposto un’ipotesi:

Come spiega Lombriser i due valori di H0 hanno continuato a migliorare in precisione pur mantenendo tra una certa discrepanza. Questo ha portato a una accesa controversia che si è sperato di risolvere con una nuova fisica. Per questo motivo Lombriser ha pensato a una soluzione semplice ed elegante che escludeva la necessità di creare una “nuova fisica” introducendo l’idea che il nostro universo non sia poi cosi omogeneo.

L’ipotesi, ovvia forse su scale relativamente piccole, se si prende in considerazione la distribuzione della materia all’interno di una galassia rispetto a quella esterna, è di più difficile applicazione se si prendono in considerazione fluttuazioni della densità media in volumi migliaia di volte più grandi.

Secondo l’ipotesi di Lombriser, potremmo trovarci all’interno di una gigantesca bolla che presenta una densità media molto più bassa della densità media nota per l’universo e questo avrebbe conseguenze sul calcolo delle distanze delle supernovae e di conseguenza sul calcolo di H0.

Sarebbe sufficiente che questa “bolla di Hubble” fosse abbastanza estesa da contenere la galassia che serve da riferimento per calcolare le distanze. Lombriser ha stabilito un diametro di 250 milioni di anni luce e ha calcolato che se la densità della materia all’interno fosse inferiore del 50% rispetto al resto dell’universo, si otterrebbe un nuovo valore per la costante di Hubble, che sarebbe d’accordo con quello ottenuto usando il metodo dello sfondo cosmico a microonde.

Il nostro pianeta, il sistema solare, la Via Lattea e le poche migliaia di galassie a noi vicine si muoverebbero in una vasta “bolla” che ha un diametro di 250 milioni di anni luce, dove la densità media della materia è la metà di quella del resto del universo e come conclude Lombriser: “La probabilità che ci sia una tale fluttuazione su questa scala è da uno a 20 a uno su 5, il che significa che non è una fantasia di un teorico. Ci sono molte regioni come la nostra nel vasto universo

Fonti: https://phys.org/news/2020-03-mystery-expansion-universe.html; https://it.wikipedia.org/wiki/Georges_Lema%C3%AEtre; https://it.wikipedia.org/wiki/Big_Bang

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