Paul Davies, fisico teorico dell’Arizona State University e direttore del Beyond Center, nel suo libro “The Demon in the Machine” suggerisce che i sistemi non viventi come la Grande Macchia Rossa siano un esempio di “struttura dissipativa”.
Il primo a coniare tale termine fu nel 1960 il chimico Ilya Pricogine che grazie ai lavori sulle strutture dissipative ricevette il premio Nobel per la chimica nel 1977.
La grande macchia rossa presente nell’alta atmosfera di Giove, il pianeta più grande del sistema solare, venne riconosciuta in tal senso per la prima volta negli anni ’70 proprio da Prigogine che definì la vita, a differenza dei un sistemi non viventi, come operante lontano dall’equilibrio con l’ambiente e sostenendo un continuo flusso di materia ed energia.
Pricogine ipotizzò che la vita e l’evoluzione siano strutture dissipative; se l’ipotesi è vera, la vita stessa non è più un fenomeno occasionale e improbabile, ma una proprietà intrinseca dell’universo, destinata a realizzarsi se si presentano le giuste condizioni. Prigogine in base agli studi effettuati su tali strutture ipotizzò che la stessa tendenza universale all’aumento della entropia porti all’insorgenza delle strutture dissipative e quindi alla vita.
Nel 1943 il geniale fisico Erwin Schrödinger, famoso per l’esperimento mentale del gatto nella scatola, tenne una serie di conferenze al Trinity College di Dublino, pubblicate l’anno seguente nel suo libro What Is Life?
Schrödinger sostenne che i geni dovessero assumere la forma di una “enorme molecola” contenente un “codice in miniatura” per dirigere lo sviluppo dell’organismo. Francis Crick e James Watson, ispirati dal lavoro di Schrödinger, in seguito confermarono l’idea quando, insieme a Rosalind Franklin e Maurice Wilkins, scoprirono la struttura a doppia elica del DNA .
La struttura del DNA venne suggerita agli stessi Crick e Watson anche dal cosmologo George Gamow (noto per il suo lavoro pionieristico sul Big Bang e la scoperta del fondo cosmico a microonde), in una lettera datata 8 luglio 1953.
Il DNA è una caratteristica molto antica e profondamente radicata della vita sul nostro pianeta, presente in un antenato comune esistito miliardi di anni fa.
Mentre altri sistemi non viventi come i cristalli di zircone in Australia e Canada presenti sulla Terra da oltre 4 miliardi di anni sono sopravvissute a episodi di subduzione nella crosta terrestre, la differenza principale, osserva Davies, è che un organismo vivente, rispetto a un cristallo, è fuori equilibrio con l’ambiente. “In effetti”, sottolinea Davies, “la vita è generalmente molto fuori equilibrio”.
I sistemi non viventi fuori equilibrio
La grande macchia rossa ampia 160 mila chilometri, un gigantesco vortice gassoso presente nell’alta atmosfera di Giove da almeno 350 anni, secondo Davies, appartiene alla categoria dei sistemi non viventi che si trovano fuori equilibrio con il loro ambiente e persistono con il passare del tempo.
Grazie ai dati raccolti alle lunghezze d’onda della banda radio dalla missione interplanetaria della NASA Iuno, i ricercatori hanno scoperto che le tracce della Grande Macchia Rossa si spingono fino a circa 300 chilometri di profondità nell’atmosfera di Giove. L’enigmatica macchia composta da gas potrebbe inghiottire il nostro pianeta e avere ancora spazio per inghiottire anche Marte.
Per continuare a persistere nel tempo, spiega Davies, un essere vivente (o i sistemi non viventi come la Grande Macchia Rossa) devono assorbire energia dall’ambiente sotto forma di luce solare o sotto forma di nutrimento ed espellere qualcosa (ad esempio, ossigeno o carbonio biossido) verso l’esterno.
Si deve realizzare quindi un continuo scambio di energia e materia con l’ambiente circostante, mentre un cristallo o una roccia sono internamente inerti e stabili rispetto all’ambiente circostante. Quando un essere vivente per qualche motivo muore, tutta la sua attività si interrompe fino a raggiungere, dopo una fase di decadimento, l’equilibrio con l’ambiente circostante.
Dalle strutture dissipative alla vita
Possiamo fare molti altri esempi di sistemi non viventi che si comportano come strutture dissipative. Una di queste strutture sono le celle di convezione, all’interno delle quali un fluido (ad esempio, acqua) compie un movimento ciclico in uno schema sistematico quando riscaldato dal basso.
Esistono alcune reazioni chimiche che producono forme a spirale o pulsano ritmicamente. Sistemi non viventi come questi che manifestano l’apparenza spontanea di una complessità organizzata, identificate come “strutture dissipative” da Prigogine rappresentano una tappa del lungo cammino verso l’emergere della vita.
Prigogine sostiene che il funzionamento della natura è dovuto alla complessità di quei processi che possiedono un carattere irreversibile. le sue ipotesi partono dallo studio della entropia che offre una misura del disordine presente in un sistema fisico: in base alle leggi della termodinamica si può affermare che un sistema quando passa da uno stato ordinato ad uno stato disordinato vede aumentare la sua entropia.
Nonostante ciò nella storia dell’universo esiste un evento che smentisce il principio che l’entropia aumenta sempre: tale evento è il sorgere della vita sul nostro pianeta capace di autoorganizzazione. Proprio l’autoorganizzazione si scontra con il presunto equilibrio dell’ordine naturale e quindi contro l’idea della semplicità dei fenomeni.
La complessità muta in assenza di equilibrio energetico e disordine fisico. E’ proprio lontano dall’equilibrio che si sviluppano stati coerenti e strutture complesse che non possono esistere in un universo fatto di reversibilità: la natura sviluppa strutture dissipative che portano all’insorgere della vita e all’evoluzione degli esseri viventi.
Questi sistemi non viventi o strutture dissipative, come l’enigmatica macchia rossa di Giove, sono un primo passo verso l’origine della vita? Secondo alcuni potrebbe essere proprio cosi.