Superare la tecnologia basata sul silicio per un nuovo sistema economicamente conveniente e sostenibile è la sfida della ricerca sul fotovoltaico. Un team guidato dal Dipartimento di Fisica e astronomia ha spiegato per la prima volta gli effetti positivi dell’uso del grafene applicato ad una classe di semiconduttori, le perovskiti, candidate ad essere la futura alternativa al silicio.
L’utilizzo del grafene potrebbe migliorare le prestazioni del fotovoltaico del futuro e renderlo economicamente più conveniente. E’ il risultato di una recente ricerca pubblicata sulla rivista “Advanced Energy Materials”, frutto del lavoro di un team guidato da Anna Vinattieri, docente di Fisica sperimentale, e dal ricercatore Francesco Biccari, entrambi afferenti al Dipartimento di Fisica e astronomia dell’Università di Firenze (“Graphene-Based Electron Transport Layers in Perovskite Solar Cells: A Step-Up for an Efficient Carrier Collection” DOI: 10.1002/aenm.201701349).
“Attualmente la tecnologia dominante nel campo del fotovoltaico è quella basata sul silicio – spiega Anna Vinattieri –. Ma negli ultimi anni varie ricerche hanno dimostrato che una classe di minerali semiconduttori accomunati dalla stessa struttura cristallina, le perovskiti, portano a efficienze di conversione della luce solare in energia elettrica (la cosiddetta conversione fotovoltaica) comparabili a quelle della tecnologia del silicio cristallino. Le perovskiti, come il silicio, sono ecocompatibili – continua Vinattieri – ma al contrario di quest’ultimo sono prodotte in maniera molto più semplice e con processi a bassissimo costo che permettono persino la loro deposizione su substrati flessibili”.
Il gruppo guidato da UNIFI, in collaborazione con i team di Aldo di Carlo (Università di Roma Tor Vergata e The Centre for Hybrid and Organic Solar Energy-CHOSE), di Francesco Bonaccorso (Istituto Italiano di Tecnologia di Genova) e di Emmanuel Kymakis (Technological Educational Institute di Creta), ha dimostrato che se all’interno della cella fotovoltaica di perovskite vengono aggiunti in maniera opportuna del grafene (G) e dell’ossido di grafene, per così dire “dopato” con atomi di Litio (GO-Li), sia la velocità nella separazione di carica nella cella che la densità di difetti della perovskite vengono migliorate notevolmente, portando, di conseguenza, a un incremento dell’efficienza di conversione fotovoltaica.
“Altre ricerche in precedenza avevano già usato l’ossido di grafene su celle di perovskite – spiega Francesco Biccari – ma noi siamo stati i primi, con misure ottiche, ad indagare gli effetti positivi di questo utilizzo. Il risultato è importante non soltanto per l’incremento di efficienza raggiunto, ma anche perché la stessa tecnica potrà essere sperimentata in altri materiali. Finora gli esperimenti, così come il nostro, sono stati effettuati su perovskiti costituite da un composto ibrido organico-inorganico, la cui parte organica purtroppo si degrada molto velocemente in presenza di umidità. Lo scenario del prossimo futuro è l’uso del grafene e dell’ossido di grafene su celle di perovskite completamente inorganica: in tal modo saranno possibili nuovi miglioramenti e queste nuove tecnologie saranno più vicine alla commercializzazione”.
La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e dal Programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020.
Fonte: unifimagazine