Ogni missione della NASA, pur essendo talvolta concepita per compiti altamente specifici, contribuisce in modo fondamentale ad ampliare la nostra comprensione dell’Universo e, in molti casi, del nostro pianeta. Una nuova iniziativa si appresta a monitorare una delle regioni più esterne ed esoteriche della geocorona terrestre per i prossimi due o tre anni.

Una nuova missione NASA per svelare la geocorona terrestre
Il Carruthers Geocorona Observatory è stato lanciato oggi (23 settembre) dal Kennedy Space Center in Florida a bordo di un razzo Falcon 9, unendosi ad altre importanti sonde spaziali. Il viaggio lo porterà al punto di Lagrange L1, situato tra la Terra e il Sole. Qui, si affiancherà alla sonda Interstellar Mapping and Acceleration Probe (IMAP) della NASA e alla sonda Space Weather Follow-on Lagrange-1 (SWFO-L1) della National Atmospheric and Oceanic Administration (NOAA).
Dalla sua posizione privilegiata, l’Osservatorio Carruthers monitorerà lo strato più esterno dell’atmosfera terrestre, noto come esosfera. In particolare, cercherà il cosiddetto “alone” visibile solo nella luce ultravioletta, noto come geocorona. Questo fenomeno inizia a circa 480 chilometri sopra la superficie terrestre, ma si estende sorprendentemente fino a circa metà strada dalla Luna.
La conoscenza dell’estensione della geocorona risale all’aprile del 1972, quando gli astronauti dell’Apollo installarono sulla Luna una primitiva telecamera UV progettata dal Dr. George Carruthers. Le immagini prodotte furono strabilianti, ma lo stesso Carruthers riconobbe che la telecamera, pur essendo posizionata sulla Luna, non era in grado di catturare l’esosfera nella sua interezza.
Dopo oltre mezzo secolo, il sogno del Dr. Carruthers di lanciare una missione in grado di ottenere quella “immagine completa” si realizza con successo. Il nuovo modello di fotocamera rappresenta un salto evolutivo di 50 anni nella tecnologia di imaging UV ed è molto più avanzato del suo predecessore. Sarà dotato sia di un sensore a campo largo, incaricato di fotografare l’intera esosfera, sia di un sensore a campo vicino, che fornirà dettagli cruciali sulla sua interazione con l’atmosfera inferiore e con le particelle emesse dal Sole.
La perdita di idrogeno dalla Terra
Uno degli aspetti più affascinanti e scientificamente rilevanti della missione Carruthers Geocorona Observatory è lo studio approfondito dell’interazione tra il Sole e l’atmosfera terrestre. Questa dinamica non è solo un fenomeno atmosferico, ma è uno dei principali meccanismi attraverso cui il nostro pianeta perde idrogeno nello spazio. L’idrogeno, come componente fondamentale dell’acqua (H
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O), è un elemento essenziale per la vita come la conosciamo. Monitorare e comprendere il modo in cui il Sole “erode” l’idrogeno dall’esosfera è cruciale per tracciare il destino a lungo termine dell’acqua terrestre.
La comprensione dettagliata di questo processo di perdita atmosferica di idrogeno ha implicazioni che vanno ben oltre il nostro “pallido puntino blu”. Questa conoscenza è di vitale importanza nell’ambito dell’astrobiologia e della ricerca di esopianeti potenzialmente abitabili.
Attualmente, gli scienziati utilizzano vari criteri per valutare l’abitabilità di un esopianeta, tra cui la sua posizione all’interno della zona abitabile stellare. Tuttavia, se un pianeta non riesce a trattenere i suoi componenti volatili, in particolare l’idrogeno che costituisce l’acqua, le sue possibilità di sostenere la vita diminuiscono drasticamente, anche se si trova alla giusta distanza dalla sua stella.
Misurando e modellando con precisione la velocità con cui la Terra perde idrogeno a causa dell’interazione solare, gli scienziati possono sviluppare modelli predittivi più accurati. Questi modelli permetterebbero di stimare meglio la probabilità che un esopianeta, data la sua dimensione, massa e la natura della sua stella, abbia mantenuto quantità d’acqua sufficienti nel tempo geologico. In sintesi, studiare l’esosfera terrestre e la geocorona funge da laboratorio naturale per comprendere l’abitabilità planetaria altrove nell’Universo.
La destinazione strategica: il punto di Lagrange L1
Una volta completato il suo viaggio, il Carruthers Geocorona Observatory raggiungerà la sua destinazione operativa strategica: il punto di Lagrange L1 del sistema Terra-Sole. Questa posizione orbitale è cruciale, trovandosi in un punto di equilibrio gravitazionale che consente alla sonda di mantenere una vista costante del Sole e dell’atmosfera terrestre.
Dal punto di vista della distanza, l’Osservatorio sarà posizionato a una distanza quattro volte superiore rispetto a quella che ci separa dalla Luna, ma strategicamente 1,6 milioni di chilometri più vicino al Sole rispetto al nostro pianeta. Tale collocazione a monte del flusso del vento solare è essenziale per monitorare l’interazione diretta tra la radiazione solare e l’esosfera terrestre.
Dopo il successo del lancio, la sonda inizierà la sua sequenza di messa in servizio una volta stabilita l’orbita al punto L1. Questa fase è dedicata alla calibrazione accurata degli strumenti e alla verifica del corretto funzionamento di tutti i sistemi. L’Osservatorio è previsto iniziare la raccolta di dati scientifici di valore a marzo del prossimo anno, dando il via alla sua fase operativa primaria.
Sebbene la missione abbia una vita operativa pianificata di due anni, un periodo standard per missioni di questa portata, l’esperienza passata della NASA suggerisce che, in caso di prestazioni eccellenti e di risultati scientifici significativi, la durata operativa del satellite potrebbe essere estesa in modo significativo, permettendo un monitoraggio a lungo termine.
La scienza che il Carruthers Geocorona Observatory raccoglierà ha una risonanza che va ben oltre la Terra. Osservare il nostro pianeta brillare al massimo, ovvero studiare l’interazione tra la sua esosfera e il vento solare in modo così dettagliato, ci aiuta a comprendere i processi fondamentali della perdita atmosferica di idrogeno. Questo meccanismo è un fattore determinante per l’abitabilità. Di conseguenza, i dati raccolti sul nostro “pallido puntino blu” fungeranno da modello di riferimento per l’astrobiologia.
Comprendere come la Terra trattiene o perde i suoi elementi volatili essenziali ci permetterà di affinare i criteri di ricerca per gli “altri pallidi puntini blu” sparsi per la galassia, restringendo il campo degli esopianeti potenzialmente in grado di sostenere l’acqua liquida e, di conseguenza, la vita.
Forse ancora più importante del suo pur immenso valore scientifico, la missione rappresenta la realizzazione postuma del sogno del pioniere che le ha dato il nome: il Dr. George Carruthers. Questo ingegnere e fisico visionario fu l’inventore della telecamera a raggi UV che, durante la missione Apollo 16 nel 1972, fornì la prima sbalorditiva immagine della geocorona vista dalla superficie lunare. Nonostante fosse un traguardo, Carruthers sapeva che solo una sonda posizionata molto più lontano avrebbe potuto catturare l’immagine completa dell’esosfera.
La sua scomparsa nel 2020 all’età di 81 anni ha preceduto il lancio, ma l’osservatorio è un tributo duraturo alla sua intuizione e alla sua tenacia scientifica, trasformando un’osservazione pionieristica di 50 anni fa in una capacità spaziale all’avanguardia.
Per maggiori informazioni, visita il sito ufficiale della NASA.
