Da un lampo blu notizie sulle origini dell’Universo

Noi sappiamo che l’Universo è costituito quasi esclusivamente da materia. Però, secondo la teoria del Big Bang, l’Universo primordiale conteneva la stessa quantità di particelle di materia e antimateria. Dove è andata a finire l’antimateria dell’Universo primordiale?

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Un team multidisciplinare di scienziati, guidati dai ricercatori del Donostia International Physics Center di Ikerbasque, ha dimostrato che è possibile costruire un sensore ultra-sensibile basato su una nuova molecola fluorescente, in grado di rilevare il decadimento nucleare chiave per conoscere se un neutrino è la sua stessa antiparticella o meno.

I risultati di questo studio, pubblicati nella rivista Nature, sono di grande importanza per determinare la natura del neutrino e quindi dare risposta a domande fondamentali sull’origine dell’Universo.

Perché il nostro Universo è costituito da materia? Perché le cose esistono così come noi le conosciamo?

Queste domande sono legate a uno dei più importanti problemi irrisolti nell’ambito della fisica delle particelle, ovvero quello della natura del neutrino, che potrebbe essere l’antiparticella di sé stesso, così come aveva previsto lo sfortunato genio italiano Ettore Majorana circa un secolo fa. Se ciò fosse vero, potrebbe essere spiegata la misteriosa asimmetria cosmica tra materia e antimateria.

Infatti, noi sappiamo che l’Universo è costituito quasi esclusivamente da materia. Però, secondo la teoria del Big Bang, l’Universo primordiale conteneva la stessa quantità di particelle di materia e antimateria. Questa ipotesi è consistente con i piccoli Big Bang che si vengono a creare nelle collisioni di protoni studiate nell’acceleratore Large Hadron Collider del CERN (Ginevra), dove si osserva sempre una produzione simmetrica di particelle e antiparticelle.



Quindi, dove è andata a finire l’antimateria dell’Universo primordiale?

Secondo una possibile ipotesi ci sarebbe stata la presenza di neutrini pesanti, che erano le loro stesse antiparticelle, e successivamente, questi neutrini sarebbero decaduti sia in materia che in antimateria.

Se si fosse verificato un secondo fenomeno, detto violazione della carica e della parità (cioè, se il neutrino nel suo decadimento favorisce la formazione di materia piuttosto che di antimateria), allora ci sarebbe dovuto essere un eccesso del primo sul secondo. Alla fine di tutto, la materia e l’antimateria dell’Universo si sono annichilite (con l’eccezione di questo piccolo eccesso), con il risultato di avere un cosmo costituito solo da materia, derivante dai residui del Big Bang. Potremmo dire che il nostro Universo è come se fosse il residuo di un naufragio.

È possibile dimostrare che il neutrino è la sua stessa antiparticella osservando un raro tipo di processo nucleare chiamato doppio decadimento beta senza neutrini (bb0nu), nel quale, simultaneamente, due neutroni (n) di un nucleo sono trasformati in protoni (p), con l’emissione di due elettroni dall’atomo. Questo processo si può verificare in alcuni rari isotopi, come lo Xenon-136, il cui nucleo contiene 54 protoni e 82 neutroni, in aggiunta ai 54 elettroni quando si trova nel suo stato neutro. Questi particolari decadimenti sono stati studiati nell’ambito dell’esperimento NEXT (Neutrino Experiment with a Xenon TPC – diretto da J.J. Gomez-Cadenas, DIPC e N. Nygren, UTA), effettuato presso il laboratorio sotterraneo di Canfranc (LSC), dove sono state utilizzate delle camere a gas ad alta pressione.

Quando un atomo di Xe-136 subisce un decadimento spontaneo di tipo bb0nu, il risultato del processo è la produzione di uno ione Bario-136 con doppia carica (Ba++); con 54 elettroni e un nucleo fatto da 56 protoni e 80 neutroni; e due elettroni (Xe = Ba++ più 2e).

Finora, l’esperimento NEXT si è focalizzato sull’osservazione di questi due elettroni, il cui segnale è una caratteristica tipica di questo particolare processo. Inoltre, il decadimento bb0nu osservato è estremamente raro e il segnale atteso è dell’ordine di un decadimento bb0nu per tonnellata di gas e per anno di esposizione.

Questo segnale così debole può essere completamente nascosto dal rumore di fondo dovuto alla presenza della radiazione naturale su tutto l’ambiente circostante. Comunque, se oltre a osservare i due elettroni, si riuscisse a rilevare anche l’atomo ionizzato di bario, il rumore di fondo verrebbe annullato, poiché la radiazione naturale non produce questo ione.

Il problema è che l’osservazione di uno ione di Ba++ all’interno di un ampio rilevatore di decadimenti bb0nu è così difficile, che finora è stato considerato praticamente irrealizzabile. E comunque, alcuni lavori recenti, l’ultimo dei quali è stato da poco pubblicato sulla rivista Nature, aprono a delle soluzioni per la realizzazione di questa rilevazione.

Il lavoro, concepito e condotto dai ricercatori F.P. Cossio, Professore alla University of the Basque Country (UPV/EHU) e J.J. Gomez-Cadenas, è il risultato di una combinazione interdisciplinare che mette insieme, tra le altre discipline, la fisica delle particelle, la chimica organica, la fisica delle superfici e l’ottica. E il suo scopo è quello di dimostrare come lo svolgimento di progetti interdisciplinari possano fornire un buon contributo alla ricerca scientifica.

La ricerca è basata su un’idea proposta dallo scienziato D. Nygren (ideatore della tecnologia Time Projection Chamber, applicata in diversi esperimenti di fisica delle partice, incluso il progetto NEXT). Nel 2016, Nygren ha ipotizzato che lo ione Ba++ possa essere catturato utilizzando una molecola in grado di formare con esso un complesso supermolecolare e fornire così un chiaro segnale della sua presenza, producendo di fatto un adeguato indicatore molecolare.

Nygren e il suo gruppo (University of Texas in Arlington – UTA) hanno quindi progettato degli indicatori “on – off”, nei quali il segnale della molecola è fortemente intensificato quando si viene a formare un complesso supermolecolare. Il gruppo di Cossio e Gome-Cadenas ha seguito un percorso diverso, progettando un Indicatore Fluorescente Bicolore (FBI – Fluorescent Bicolor Indicator) che, quando la molecola cattura lo ione Ba++, combina un elevato aumento di intensità con un forte spostamento del colore. Quando una molecola FBI, che non contiene Bario, viene illuminata con raggi ultravioletti, essa emette una fluorescenza nel range della luce verde, con uno spettro di emissione dello spessore di circa 550 mm.

Quando, invece, questa molecola cattura il Ba++, il suo spettro di emissione si sposta verso la luce blu (420 mm). La combinazione di questi fenomeni si traduce in uno spettacolare incremento del segnale, rendendolo quindi utilizzabile per un futuro rilevatore di Ba++.

È interessante notare che i sistemi sperimentali di microscopia multifotonica, utilizzati nel Laboratorio di Ottica dell’Università della Murcia dal gruppo di P. Artal per le rilevazioni nello spettro verde/blu, si basano su quelli precedentemente sviluppati per fornire le immagini della cornea dell’occhio umano. È questo un esempio di come una tecnologia unica al mondo nel campo delle applicazioni biomediche possa essere utilizzata anche in problemi di fisica delle particelle.

Lo sforzo di mettere insieme la scienza di base con le nuove implementazioni strumentali è essenziale per aprire nuove prospettive di ricerca, finalizzate a rispondere alla tante domande che gli scienziati si pongono ogni giorno.

Come spiegato dal Professor Cossio, il compito più difficile della componente chimica della ricerca è stato progettare una nuova molecola che potesse concordare con i ristretti (quasi impossibili) requisiti richiesti dall’esperimento NEXT. Questa molecola doveva essere molto luminescente, catturare lo ione di bario con estrema efficienza (il decadimento bb0nu è un evento molto raro e non si può sprecare alcun catione) ed emettere uno specifico segnale tale da far sì che la cattura fosse rilevata senza rumore di fondo.

Inoltre, la sintesi chimica del nuovo sensore FBI doveva essere così efficiente da poter ottenere abbastanza esemplari da inserire nel rilevatore. Comunque, alla fine, gli sforzi del gruppo multidisciplinare sono stati premiati, perché il sensore FBI ha operato secondo quanto pianificato.

Nell’articolo pubblicato, oltre alla progettazione e caratterizzazione del sensore FBI, è riportata anche la prima dimostrazione della formazione di un complesso supermolecolare in un ambiente privo di umidità. Questo fondamentale risultato è stato raggiunto preparando uno strato di indicatori FBI compressi su una base di silicio e e facendo evaporare sopra questo strato un sale di perclorato di bario.

Il passo successivo di questo progetto scientifico riguarda la costruzione di un altro sensore di tipo FBI per rilevare il doppio decadimento beta in assenza di neutrini, o bb0nu, per il quale gli scienziati Gomez-Cadenas, Monrabal e Nygren stanno sviluppando un’ipotesi concettuale.

Questo lavoro rappresenta un significativo passo avanti per la costruzione di un futuro esperimento NEXT di rilevazione del bario, finalizzato alla ricerca di eventi bb0nu privi di rumore, attraverso l’identificazione dei due elettroni e dell’atomo di bario prodotti nella reazione. Questo esperimento potrebbe fornire degli spiragli per comprendere se il neutrino è l’antiparticella di sé stesso, con la possibilità quindi di rispondere a domande fondamentali sulle origini dell’Universo.

Fonte: Nature

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