COVID-19, “ci sono segnali allarmanti, non abbassiamo la guardia”, dice lo specialista

Parla il dr. Parrella dell'ospedale Cotugno di Napoli (unico Covid free in Italia). Un’analisi lucida che ci fa capire quanto molto, moltissimo dipende da noi.

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Alcune considerazioni sulla situazione della pandemia di COVID-19 rilasciate dal dottor Roberto Parrella, direttore dell’U.O.C. Malattie infettive ad indirizzo respiratorio dell’ospedale Cotugno di Napoli:

1) Come ampiamente preventivato, la situazione italiana è nettamente migliorata a partire da maggio 2020, grazie a misure probabilmente draconiane ma assolutamente necessarie (e ci ritornerò dopo). In questo momento si “convive” con la malattia, che allo stato attuale decorre in maniera endemica con piccoli focolai sparsi qua e là per la nazione. Il virus, checché ne dica qualche collega evidentemente affetto da problemi di memoria di fissazione/a breve termine (tradotto: così smemorato da essersi dimenticato quanto successo a marzo e aprile anche dalle sue parti), è sempre lo stesso ed è sempre capace di fare danni. In questo momento la riduzione della mortalità è dovuta essenzialmente a 2-3 fattori: drastico abbassamento dell’età media dei nuovi contagi (mentre prima sfiorava i 60 anni, ora si viaggia sui 36); condizioni sfavorevoli per il virus che abbassano la carica infettante (con 40 gradi all’ombra goccioline di saliva, starnuti e liquidi biologici potenzialmente contaminanti evaporano praticamente in tempo reale!); miglioramento della gestione terapeutica (“abbiamo” il remdesevir, abbiamo qualche altro “antivirale” utile nella prima fase; sappiamo meglio gestire la fase sintomatica con antinfiammatori e anticoagulanti; teniamo pure il plasma, per la gioia dei fan del collega mantovano). Non di meno e nonostante qualche infelice uscita di qualche collega all’ombra della Lanterna, è un virus che continua a far paura per la letalità grezza dei ricoverati: i dati parlano chiaro, su poco meno di 8500 nuovi infetti italiani nell’ultimo mese la percentuale di decessi è pari al 2%. DUE PER CENTO. Venti volte l’influenza, nonostante in questo momento il virus circoli dal punto di vista epidemiologico col freno a mano per i motivi di cui sopra. E con buona pace dei laureati su internet, visto che l’ISS-Istat ha già verificato che nell’89% dei deceduti il Sars-CoV2 è stato causa primaria del decesso, agendo quanto meno da cofattore nei restanti 11%.
2) Ci sono segnali, dal punto di vista epidemiologico, comunque allarmanti. La curva dei contagi dopo mesi di calo/stazionarietà, è in aumento. Così come ospedalizzazioni e ricoveri in intensiva/sub intensiva (che si erano praticamente svuotate a fine maggio-inizio giugno!), anche se di poco. Ed è in aumento a Ferragosto, come detto in condizioni sfavorevoli per il virus. Ora, che lo dica il salumiere sotto casa che 629 contagi a Ferragosto è terrorismo mediatico pazienza, lo accetto pure. Che lo dica un primario di Malattie Infettive no, in quanto dovrebbe sapere (o perlomeno ricordare, si tratta come già detto di risalire a marzo-aprile di quest’anno) che 629 infetti oggi equivalgono a 60-100 ricoverati nei prossimi giorni, perché la matematica non è un’opinione e su 100 infetti un 10-15% richiede l’ospedalizzazione per la gravità della malattia. Non si scappa, anche ad Agosto. Anzi, nel momento in cui torneremo dai 30-40enni infetti, come adesso, ai 60enni, come ad inizio epidemia, la percentuale di pazienti da ricoverare schizzerà al 25-30%, se non oltre. Senza contare che, come detto, continua a morire il 2% dei diagnosticati e che i nuovi casi possono veicolare e diffondere la malattia ad altri contatti, propagando il contagio.
3) La situazione è drammatica nel resto del mondo. I numeri e la progressione della pandemia sono impressionanti: solo oggi si sono sfiorati i 300000 nuovi casi e i 10000 decessi. La malattia è fuori controllo in buona parte delle Americhe e in India, è in ripresa in tutta Europa e continua a mietere contagi e vittime dappertutto. Oggi, ripeto, a Ferragosto. Stiamo parlando, con buona pace di complottisti, alternativi e compagnia cantando, di un qualcosa che resterà sui libri, e non solo di medicina e malattie infettive. Di un qualcosa che, se non raggiungerà i livelli della Spagnola di 100 anni fa, sarà solo grazie alle possibilità mediche attuali (e all’ovvio fatto che non siamo reduci da un conflitto mondiale).
4) Cosa ci aspetta per il futuro? Dipende molto da noi, in tutti i sensi. Da un lato la sperimentazione dei vaccini va avanti, i dati sembrano promettenti e dovremmo averlo a disposizione si spera per la fine dell’anno-inizio 2021. Lo scenario più probabile, purtroppo, è che con l’autunno il virus tolga il freno a mano, favorito da condizioni climatiche più miti e dagli assembramenti al chiuso. E c’è la possibilità che l’età media dei contagi si alzi, con le ovvie conseguenze già sperimentate a marzo e aprile. Questo determinerà inevitabilmente la necessità di decine, centinaia di ospedalizzazioni al giorno e il timore che si viva una situazione come quella di questa primavera, dove nel giro di pochi giorni molte strutture ospedaliere sono state saturate. Il problema principale del Covid-19 resta infatti la gestione clinica del paziente, che in una buona percentuale di casi non può prescindere dall’ospedalizzazione (su 50 ricoveri presso la mia Divisione, 48 avevano la polmonite, senza contare altre eventuali complicazioni/manifestazioni cliniche; e abbiamo ricoverato anche trentenni e quarantenni). Fermo restando, ripeto, che stiamo parlando di un’infezione virale NETTAMENTE più pericolosa dell’influenza stagionale, sia in termini di letalità che di complicazioni e sequele: si passa dalle venti volte del già citato 36enne alle cento-duecento volte negli over 65!
5) Il consiglio che vi do è dunque semplice: evitate tutto l’evitabile, almeno per quest’anno e soprattutto per questo autunno. Evitate gli assembramenti, i viaggi all’estero, stadi e discoteche, qualsivoglia luogo dove non è possibile garantire il famoso metro di distanza. Specie se avete più di 60 anni. Fate attenzione all’igiene personale delle mani, pretendete che nei luoghi pubblici tutti indossino la mascherina (possibilmente non alla cowboy ma come si deve…). Collaboriamo tutti al tracciamento e isolamento di contagi e contatti, specie ora che il numero è ancora relativamente contenuto. E forse ci risparmieremo un secondo lockdown per quest’autunno. Che, purtroppo, rimane l’unica arma reale a nostra disposizione in caso di infezione fuori controllo, per il semplice fatto che, in caso di saturazione ospedaliera, è l’unico modo per rallentare la curva dei contagi e permetterci di dimettere i pazienti e ricoverarne di nuovi. E ricordatevi sempre una cosa: mentre molti di voi si lamentavano a marzo-aprile per la dittatura sanitaria, gli arresti domiciliari e fesserie di questo tipo, il sottoscritto e tanti altri sono arrivati a fare turni su turni, anche 7-8 notti al mese tra file di ambulanze, persone sane fino a una settimana prima che desaturavano come manco la pneumocistosi nell’AIDS e pazienti che dopo qualche giorno finivano in rianimazione o peggio morivano dopo essere arrivate coi piedi propri al pronto soccorso. Ringraziate sempre il Padreterno (o chi per esso) di non aver mai vissuto il COVID-19 in prima persona né come medici, né per fortuna vostra come pazienti.”
Dott. Giovanni Parrella