Come si diffonde un’epidemia globale: il caso SARS

Come un focolaio epidemico diventa un problema globale. Scopriamolo attraverso il racconto dei fatti che determinarono l'epidemia di SARS nel 2003

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La porta d’accesso della diffusione planetaria della SARS (acronimo di Severe acute respiratory syndrome in inglese) o Sindrome respiratoria acuta grave fu la città stato di Hong Kong.

L’origine di questa nuova epidemia globale che avrebbe incendiato  il 2003 però non era la ex colonia britannica, bensì la provincia cinese confinante del Guangdong, la più meridionale della Cina continentale.

Il confine tra la regione amministrativa speciale di Hong Kong, che comprende oltre l’isola dove sorge la città anche Kowloon ed altre zone della terraferma e il Guangdong  è una linea impalpabile e permeabile dove, ogni giorno, circa 300.000 persone lo attraversano da entrambi i lati.

Tutto inizia il 16 novembre 2002 quando un quarantaseienne di Foshan fu colpito da febbre e difficoltà respiratorie. E’ lui il paziente zero di questa nuova malattia. Di lui si sa soltanto che era un impiegato del governo locale. Un dato interessante, con il senno di poi, era che l’uomo nei giorni precedenti aveva mangiato piatti a base di gatti, serpenti e pollo. Una pratica piuttosto diffusa in quella provincia, dove la dieta a base di carne, anche di animali selvatici, è molto diffusa.

Tre settimane dopo un cuoco di Shenzhen accusò gli stessi sintomi. Andò a farsi curare in un ospedale fuori dalla città, dove infettò almeno sei tra medici ed infermieri. Quindi fu trasferito a Canton a 200 km di distanza. Il dottore che lo accompagnava in ambulanza si ammalò a sua volta.

Tra la fine di dicembre e l’inizio del 2003 si registrarono nuovi casi nella città portuale di Zhongshan, non molto distante da Hong Kong. Nel giro di pochi giorni si registrarono 28 casi. I sintomi erano sempre gli stessi: febbre alta, brividi, dolori alle ossa, emicrania, tosse forte e persistente con espettorato sanguinolento, progressiva compromissione dei polmoni che si indurivano e si riempivano di liquido.

Gli ufficiali sanitari della provincia notarono la concentrazione di casi a Zhongshan ed inviarono una squadra di esperti, che definì questa nuova forma patogena come “polmonite atipica”. Formulazione generica che fu ripresa qualche settimana dopo dal primo bollettino dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dedicato alla SARS.

A fine gennaio 2003 un commerciante di prodotti ittici di Zhongshan fu contagiato e venne ricoverato a Canton, primo evento della catena che avrebbe portato il virus a diffondersi in tutto il mondo. Il commerciante si chiamava Zhou Zuofeng ed ebbe il discutibile privilegio di essere il primo “super diffusore” della nuova malattia.

Questi “super untori” hanno un tasso di contagiosità che si discosta sensibilmente dalla media dell’infezione e rappresentano un guaio per le azioni di contenimento dell’epidemia. Zhou probabilmente contrasse il contagio nel mercato dove era ubicato il suo negozio, mercato dove si commercializzavano animali domestici e selvatici. In preda a tosse e febbre alta, venne ricoverato per soli due giorni dal 30 gennaio in un ospedale di Canton. In questo breve lasso di tempo, circa 48 ore, riuscì ad infettare trenta persone, tutti membri del personale sanitario.

Le condizioni del poveretto peggiorarono e fu deciso il suo trasferimento in un’altra struttura. Durante il trasporto in ambulanza, il commerciante tossì e vomitò contagiando in questo modo due dottori, due infermiere e l’autista dell’ambulanza. Arrivato nel secondo ospedale, per evitare che soffocasse Zhou fu intubato. L’operazione si rivelò tutt’altro che semplice, ad ogni tentativo di infilare il tubo nella trachea il paziente “eruttava” muco sanguinolento.

Gli schizzi di sangue arrivarono sugli attrezzi, sui camici, sui volti del personale sanitario che con molta fatica riuscì ad intubare l’uomo. Zhou divenne il “campione” dei super diffusori, contagiando 23 tra medici ed infermieri, 18 tra pazienti e visitatori e ben 19 membri della sua famiglia. Lui riuscì a superare l’infezione ma molte delle persone da lui contagiate non c’è la fecero e morirono.

Uno dei casi secondari infettati dal “re degli untori” fu un medico sessantaquattrenne, che lavorava presso il primo ospedale dove era stato ricoverato Zhou. Si chiamava Jianlun Liu. Iniziò ad avvertire sintomi che richiamavano quelli dell’influenza verso il 15 febbraio 2003, due settimane dopo essere entrato in contatto con Zhou. Poi iniziò a stare un po’ meglio, tanto da decidere di presenziare al matrimonio di un nipote ad Hong Kong.

Il 21 febbraio, con la moglie, prese la corriera che in tre ore lo condusse a Kowloon. La sera si riti presso l’hotel Metropole, un bell’albergo meta del turismo internazionale. La sua camera era la 911. Quella sera nel corridoio dell’albergo il medico si sentì male e tossì convulsamente (o secondo altre fonti vomitò) rilasciando un importante quantitativo di agente patogeno nell’ambiente. In questo modo infettò ben sedici persone guadagnandosi il “posto d’onore” nel ristretto club dei super diffusori.

Nello stesso albergo, ed esattamente nella camera 904, accanto a quella di Liu soggiornava da diverse notti una settantottenne cittadina canadese assieme al marito. La coppia era venuta a trovare dei parenti che risiedevano ad Hong Kong. L’anziana signora canadese ed il suo consorte condivisero una notte soltanto, quella del 21 febbraio 2003, con il medico cinese. Fu sufficiente per infettarsi. Gli epidemiologici non riusciranno a ricostruire con esattezza il punto ed il modo esatto con  cui l’anziana cittadina canadese fu contagiata.

Il giorno dopo, già infetta ma asintomatica, prese un volo per tornare a Toronto, in Canada, dove abitava. Pochi giorni dopo, il  4 marzo, Liu, il medico cinese moriva. Purtroppo non andò molto meglio all’anziana signora canadese, che dopo pochi giorni dal suo rientro in patria morì. Nel frattempo aveva avuto il modo di contagiare un figlio,  anche lui deceduto ed alcuni sanitari canadesi. In tutto il Canada, si ebbero un centinaio di infetti e 31 vittime. La SARS divenne così un’epidemia globale.

La malattia, identificata per la prima volta dal medico  italiano Carlo Urbani (poi deceduto a causa della stessa), produsse un’epidemia lungo un arco temporale che andò dal novembre 2002 al luglio 2003, determinando 8096 casi e 774 decessi in 17 paesi (per la maggior parte nella Cina continentale e ad Hong Kong), per un tasso di letalità finale del 9,6%.