Uno studio ha svelato la natura delle macchie nere sul passepartout dell’antico documento, il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci.
Il Codice Atlantico è una delle raccolte più vaste e affascinanti di disegni e scritti di Leonardo da Vinci. La sua conservazione è una grande sfida per studiosi e ricercatori. Un approfondito studio, pubblicato su Scientific Reports, è stato condotto dal Politecnico di Milano sul foglio 843 del Codice, per comprendere le origini di alcune macchie nere apparse qualche anno fa sul moderno passepartout che lega i fogli originali.
Il gruppo di ricerca interdisciplinare coordinato da Lucia Toniolo, Professoressa di Scienza e Tecnologia dei Materiali al Politecnico di Milano, ha utilizzato una serie di tecniche di analisi non invasive e microinvasive per indagare il fenomeno e studiarne la natura e le cause.
Il Codice Atlantico, donato alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana nel 1637, è stato oggetto di un importante restauro effettuato dal Laboratorio del Libro Antico dell’Abbazia di Grottaferrata tra il 1962 e il 1972. L’intervento si è concluso con la produzione di 12 volumi con 1119 fogli: ogni pagina ha un passepartout con un pannello (aggiunto dai restauratori di Grottaferrata) che incornicia i frammenti originali di Leonardo da Vinci. Dal 1997 il Codice Atlantico è conservato in un ambiente con un microclima rigorosamente controllato, secondo gli standard di conservazione della carta.
Nel 2006 sono state scoperte delle piccolissime macchie nere sul passepartout, situate attorno al pannello che incornicia e lega il foglio. Questo fenomeno di annerimento, osservato su circa 210 pagine del Codice Atlantico dal foglio 600 in poi, ha destato grande preoccupazione tra curatori e studiosi di musei. Un primo intervento nel 2009 ha portato a svincolare i volumi. Oggi i disegni sono montati singolarmente sul passepartout, in cartelline e scatole acid free.
La ricerca svolta dal Politecnico è iniziata nel 2021 durante un primo progetto pilota su tre disegni del Codice Atlantico finanziato dal Fondo Italiano di Investimento, che prevedeva la rimozione e la sostituzione del passepartout del foglio 843.
Precedenti studi avevano escluso che le macchie fossero il risultato di processi di deterioramento microbiologico. La ricerca del Politecnico di Milano, combinando l’imaging di fotoluminescenza iperspettrale e l’imaging di fluorescenza UV con l’imaging micro-ATR-IR, ha rivelato la presenza di colla di amido e colla vinilica situate nelle aree in cui la colorazione è più concentrata, proprio vicino al bordo del foglio.
Inoltre, è stata rilevata la presenza di nanoparticelle inorganiche rotonde, di 100-200 nanometri di diametro, costituite da mercurio e zolfo, che si erano accumulate all’interno delle cavità formatesi tra le fibre di cellulosa della carta passepartout. Infine, utilizzando l’analisi di sincrotrone, condotta all’ESRF di Grenoble, è stato possibile identificare queste particelle come metacinabro, un solfuro di mercurio in un’insolita fase cristallina nera.
Approfonditi studi sui metodi di conservazione della carta hanno permesso di formulare alcune ipotesi sulla formazione del metacinabro.
La presenza di mercurio potrebbe essere associata all’aggiunta di un sale antivegetativo nell’impasto di colla utilizzato nelle tecniche di restauro di Grottaferrata, che potrebbe essere stato applicato solo in alcune zone della carta passepartout, per garantire l’ adesione e prevenire le infestazioni microbiologiche sul Codice Atlantico.
La presenza di zolfo, invece, è stata messa in relazione con l’inquinamento atmosferico (a Milano negli anni ’70, livelli di anidride solforosa SO2 erano molto elevati) o agli additivi utilizzati nella colla, che nel tempo avrebbero portato a una reazione con i sali di mercurio e alla formazione di particelle di metacinabro, responsabili delle macchie nere.
Fonte: Scientific Reports