La Porta Alchemica, detta anche Porta Magica o Porta Ermetica o Porta dei Cieli è un monumento edificato tra il 1655 e il 1680 da Massimiliano Palombara marchese di Pietraforte (1614-1680) nella sua residenza, villa Palombara, sita nella campagna orientale di Roma sul colle Esquilino, nella posizione quasi corrispondente all’odierna Piazza Vittorio, dove oggi è stata collocata. La Porta Alchemica è l’unica sopravvissuta delle cinque porte di villa Palombara.
Nel 1873, in seguito alla demolizione del muro dove era situata la porta, la commissione archeologica comunale la fece scomporre e sistemare nel giardino di piazza Vittorio dove ancora oggi si può ammirare; furono posti ai lati due statue denominate “Bes”, ritrovate nei lavori di scavo del Quirinale nel 1888.
La porta ermetica, monumento unico al mondo nel suo genere, fu l’ingresso del laboratorio alchemico del marchese Massimiliano di Palombara, senatore di Roma ed esperto di alchimia e cose esoteriche.
Prima di iniziare l’esame della porta, presentiamo i due personaggi originali che frequentarono villa Palombara; il primo è conosciuto come il Pellegrino perché se ne ignora il nome. Egli ottenne ospitalità nel laboratorio del marchese per una notte, con la promessa di trasmutare in oro il liquido che il marchese faceva bollire nel crogiuolo.
La mattina dopo l’ospite si era dileguato, ma aveva lasciato sul pavimento il contenuto del crogiuolo che aveva prodotto una striscia d’oro purissimo, inoltre aveva lasciato sul tavolo una carta su cui aveva tracciato degli enigmi. Si narra che tali iscrizioni furono fatte incidere dal marchese su tavole di marmo che vennero poste nel laboratorio e scolpite sui due stipiti e sul frontone centrale della famosa porta ermetica.
L’altro personaggio fu il filosofo ermetico Borri. Egli nacque il 6 maggio 1627 a Milano; al pari di Cagliostro, fu ritenuto dai suoi contemporanei un grande o un millantatore, un terapeuta o un ciarlatano.
Studiò dai gesuiti ma non terminò gli studi perché fu allontanato per insubordinazione. Più tardi fu ammesso in Vaticano dove studiò medicina, chimica e alchimia; è in questo periodo che inizia la frequentazione con il marchese di Palombara.
Dopo la morte di Innocenzo X, salendo al soglio pontificio Alessandro VII, nemico dei novatori, fu costretto ad abbandonare Roma e si rifugiò a Milano dove si mise a diffondere le sue dottrine giudicate sovvertitrici dalla Chiesa; ricercato dall’Inquisizione, si rifugiò in Svizzera. I suoi seguaci furono costretti ad abiurare e il Borri fu condannato in contumacia e in sua vece fu bruciata la sua effigie, dipinta a grandezza naturale.
II Borri passò in Alsazia a Strasburgo e infine si stabili ad Amsterdam, dove raggiunse il massimo della sua fortuna per la fama che si guadagnò come medico e taumaturgo. Iniziò a condurre una vita lussuosa che contraddiceva quanto aveva insegnato ai suoi discepoli. Anche in questa nazione provocò gelosie che lo misero nella condizione di fuggire per evitare la prigione. Arrivato a Copenaghen presso la corte di Federico III ottenne aiuti economici e onori; fu nominato prima consigliere e poi ministro ma, alla morte del re, fu costretto ad abbandonare la Danimarca con l’intento di rifugiarsi in Turchia.
Durante il viaggio fu arrestato in Moravia e consegnato all’imperatore d’Austria Leopoldo I, il quale a sua volta lo consegnò a Roma dove regnava Clemente X, che lo fece rinchiudere a Castel S. Angelo in attesa della pena capitale. La pena di morte fu commutata in carcere a vita, dopo aver compiuto l’atto dell’abiura.
La cerimonia solenne si svolse nella chiesa della Minerva alla presenza del clero, della nobiltà romana e del popolo affluito in massa; il cerimoniale fu terribile e crudele, non una voce si levò in sua difesa, comprese le persone che erano state guarite dal Borri che gridavano “al fuoco, al fuoco!“. Rimase in carcere fino al 1678; in seguito, grazie all’intervento dell’ambasciatore di Francia, che era stato da lui guarito, ottenne un carcere meno duro e la possibilità di lavorare in un laboratorio alchemico installato a Castel S. Angelo; ottenne anche il permesso di uscire dalla prigione.
In questa condizione di libertà quasi assoluta ebbe la possibilità di ricominciare a frequentare la nobiltà romana, compresi il marchese di Palombara e Cristina di Svezia. Dopo la morte della regina di Svezia, sua protettrice, e con la salita al soglio pontificio di Innocenzo XII, il Borri fu di nuovo rinchiuso a Castel S. Angelo dove morì per febbri miasmatiche nel 1695.
Il narchese di Palombara, comunque, fu tra i suoi ammiratori e lo ammise spesso all’interno del suo sanca sanctorum.
La porta nel suo insieme
La porta Ermetica oggi si trova incastonata nelle mura del giardino di piazza Vittorio, posta tra due statue che non appartenevano alla struttura originale chiamate Bes. Presenta sullo stipite un medaglione circolare all’interno del quale si trovano delle epigrafi: la prima “Tria sunt mirabilia deus et homo mater et virgo trinus et unus” (Tre sono le cose meravigliose: Dio e uomo, madre e vergine, trino e uno) riconduce alla legge del ternario e rappresenta i tre elementi essenziali dell’opera alchemica: il Padre, la Madre e il Figlio.
Continuando, dentro la cornice del medaglione vi sono due triangoli equilateri sovrapposti che formano una stella a sei punte, il notissimo sigillo di Salomone, rappresentazione dell’unione dei contrari. Nel linguaggio alchemico, il triangolo con il vertice verso il basso rappresenta l’acqua, il principio femminile, l’argento, la luna; il triangolo con il vertice verso l’alto rappresenta il fuoco, il principio maschile, il sole. L’unione dei contrari è simbolo del superamento del duale;
Continuando, vediamo che sovrapposto all’esagramma vi è un altro simbolo composto da un circolo sormontato da una croce: è il globo del mondo, emblema dell’imperio sia sul piano della materia sia su quello dello spirito, per chi ha saputo portare a termine l’Opera.
All’interno del circolo troviamo la scritta: “Centrum in trigono centri” (Il centro sta nel triangolo centrale).
Nel centro del globo del mondo vi è l’ultimo dei simboli racchiusi nel medaglione, un piccolo circolo con un punto al centro. È tradizione universale che il punto sia il principio generatore e la circonferenza la cosa generata, in altre parole: Dio e la sua creazione; viene anche definito “simbolo aureo”.
l’Architrave
Su di essa vi sono due epigrafi, la prima in caratteri ebraici: yhla hwr.(Ruach Elohim) [Spirito Santo, Respiro di Dio, Soffio Vitale]
La seconda epigrafe, iscrizione latina, recita: “Horti magici ingressum hesperius custodit draco et sine alcide colchicas delicias non gustasset Jason [Il drago delle Esperidi (o meglio della notte) custodisce l’ingresso del giardino magico e senza Alcide, Giasone non avrebbe gustato le delizie della Colchide”]
Sullo stipite, in alto per chi osserva la porta, troviamo il simbolo di Saturno. Accanto a questo simbolo si trova la scritta: “Quando in tua domo nigri corvi parturiente albas columbas tune vocaberis sapiens” [Quando nella tua casa i neri corvi partoriranno le bianche colombe allora sarai chiamato sapiente.]
Stipite destro, in alto, c’è il simbolo di Giove, stagno, color grigio e più sotto vi è l’epigrafe: “Diameter spherae thav circuli crux orbis non orbis prosunt” [Il diametro della sfera, il tau del circolo,la croce dell’orbita non giovano ai ciechi].
Stipite Sinistro: Scendendo sullo stipite sinistro, nel mezzo, osserviamo il simbolo di Marte. Più in basso, l’epigrafe recita: “Qui scit comburere aqua et lavare igne facit de terra coelum et de coelo terram pretiosam”” [Chi sa bruciare con l’acqua e lavare con il fuoco, fa della terra un cielo e del cielo una terra preziosa].
Stipite Destro centro: Sullo stipite destro, nel mezzo, compare il simbolo di Venere, più in basso l’iscrizione: “Si feceris volare terrant super caput tuum eius pennis aquas torrentium convertes in petram” [Se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa Con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti]
Stipite Sinistro basso: Sullo stipite sinistro, in basso, troviamo il simbolo del Mercurio, Argento Vivo, e l’epigrafe “Azot et ignis dealbando latonam veniet sine veste Diana” [Tramite la purificazione di Latona da parte dell’Azoto e del Fuoco, appare Diana senza veste].
Stipite destro basso, in basso vi è il simbolo del Sole e più sotto l’epigrafe: “Filius noster mortuus vivit rex ab igne redit et coniugio gaudet occulto” [Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto].
Sulla soglia della porta appare il motto: “Si sedes non is” [Il motto può essere letto da sinistra a destra (“Se siedi non procedi”) e da destra a sinistra (“Se non siedi procedi”).
Come si può facilmente intuire, per il popolino ignorante e superstizioso dell’800 una simile porta, con una storia diventata leggenda, non poteva che dare origine a chiacchiere insospettite e preoccupate circa l’uso della magia fatto dal suo costruttore nei locali cui si accedeva. Ancora oggi, quei pochi romani che in quel quartiere ancora non sono stati soppiantati dai cinesi accedono ai giardini di Piazza Vittorio Emanuele raccomandando a figli e nipotini di non avvicinarsi a quella struttura a forma di porta incastonata nel muro, soprattutto di non guardare quegli strani simboli e di non leggere le frasi ivi incise. Ovviamente, oggi tutti sanno che da quella porta non si accede a nulla e che nessuna magia o altra forza misteriosa operano nei suoi pressi ma, come si suol dire: “Non è vero ma ci credo“.