mercoledì, Aprile 2, 2025
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Individuata la prima luna extrasolare?

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di Oliver Melis

Secondo due riceratori della Columbia University, la potenziale esoluna avrebbe le dimensioni di Nettuno o Urano.

Gli astronomi potrebbero aver scoperto il primo satellite naturale di una pianeta al di fuori del nostro sistema solare, un colosso di gas delle dimensioni di Nettuno.

Sono ormai migliaia i pianeti individuati al di fuori del nostro sistema solare ma. finora, non era stata individuata nessuna luna attorno ad uno di quei mondi. Due ricercatori della Columbia University, nei giorni scorsi hanno presentato dell prove in base alle quali avrebbero individuato una luna extrasolare.

La luna sarebbe considerevolmente più grande della Terra, forse delle dimensioni di Nettuno o di Urano. Il pianeta intorno al quale orbiterebbe dovrebbe essere grande all’incirca come Giove. Questo singolare accoppiamento tra una luna gigante ed un pianeta gassoso si troverebbe a 8.000 anni luce di distanza dal sistema solare.

I ricercatori Alex Teachey e David Kipping hanno valutato 284 pianeti al di fuori del nostro sistema solare individuati dal Kepler Space Telescope della NASA. Solo un pianeta prometteva di ospitare una luna, orbitante attorno alla stella conosciuta come Kepler-1625, che è più antica del nostro sole e ne ha all’incirca le dimensioni.

Lo scorso ottobre, la coppia di ricercatori ha diretto l’Hubble Space Telescope sulla stella nel tentativo di verificare, o escludere, la possibilità che una luna orbitasse attorno al pianeta Kepler-1625b. Stavano cercando un secondo oscuramento temporaneo della luce della stella. Il principale passaggio nella luminosità stellare verrebbe effettuato dal pianeta stesso che passa di fronte alla sua stella. Un altro passaggio potrebbe essere causato da una luna.

Il telescopio Hubble, più potente e preciso, ha rilevato un secondo e minore decremento della luce stellare di 3 ore e mezza dopo che il pianeta è passato davanti alla stella: “come un cane che segue al guinzaglio“, ha detto Kipping. Il periodo di osservazione, tuttavia, terminò prima che la luna potesse completare il suo transito. Ecco perché gli astronomi hanno bisogno di altre verifiche con Hubble, si spera che la prossima primavera.

“La prima luna extrasolare è ovviamente una teoria straordinaria e richiede prove straordinarie“, ha detto Teachey. “Inoltre, le dimensioni che abbiamo calcolato per questa luna, quelle di Nettuno, sono state a malapena previste e anche in questo caso è necessario fare attenzione.”

Se davvero fosse una luna, orbiterebbe a circa 3 milioni di chilometri dal suo pianeta e apparirebbe due volte più grande nel suo cielo, della nostra Luna. Gli astronomi sono incerti su come questa potenziale luna potrebbe essersi formata, date le sue dimensioni.

Se confermata, questa scoperta potrebbe scuotere completamente la nostra comprensione di come si formano le lune e di cosa possono essere fatte“, ha detto in una dichiarazione il capo della missione scientifica della NASA, Thomas Zurbuchen.

Secondo i ricercatori, un’altra prova convincente a favore di una luna è che il pianeta è passato davanti alla sua stella più di un’ora prima del previsto. Una luna potrebbe causare quel tipo di passaggio incerto e traballante.

Kipping ha detto che è come la Terra e la Luna apparirebbero da lontano. Questo particolare pianeta si trova all’incirca alla stessa distanza dalla sua stella come la Terra è distante dal sole.

Un altro pianeta potrebbe causare la stessa spinta gravitazionale, hanno osservato i ricercatori, anche se le osservazioni di Keplero si sono rivelate vuote a tale riguardo. Kepler-1625b è l’unico pianeta finora individuato intorno a questa stella.

Per Teachey e Kipping, la spiegazione migliore e più semplice è che Kepler-1625b abbia una luna.

Abbiamo fatto del nostro meglio per escludere altre possibilità“, ha detto Kipping ai giornalisti. “Ma non siamo riusciti a trovare altre ipotesi che possano spiegare tutti i dati che abbiamo.”

Le loro scoperte sono state pubblicate sulla rivista Science Advances. Il vicedirettore della rivista, Kip Hodges, ha elogiato i ricercatori per il loro tono cauto, dato il difficile e complicato processo di identificazione di una luna extrasolare.

Se questa scoperta resiste ad un ulteriore analisi, rappresenta una pietra miliare nel campo dell’astronomia“, ha detto Hodges.

Gli astronomi della Columbia hanno affermato che potrebbero essere in grado di raggiungere questo obiettivo già dal prossimo anno, se riusciranno ad avere a disposizione per più tempo il telescopio Hubble. Nel frattempo, stanno incoraggiando altri scienziati ad aderire alla ricerca.

Confermata o meno, questa ricerca ci offrirà maggiori informazioni circa la rarità, o la tipicità, del nostro stesso sistema solare.

Le lune sono abbondanti nel nostro sistema solare, sono quasi 200. Degli otto pianeti nel nostro sistema solare, solo Mercurio e Venere non ne posseggono.

Dato che sia il pianeta che la sua luna potenziale sono giganti gassosi, ovviamente non possono sostenere la vita come noi la conosciamo.

Ma andando avanti, penso che stiamo aprendo le porte alla ricerca di mondi del genere“, ha concluso Teachey.

Fonte: Snopes.com

Ritorno alla Luna: Lockheed Martin presenta il suo progetto per un lander riutilizabile – video

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Il gigante dell’industria aerospaziale Lockheed Martin ha presentato il suo progetto per una navetta – shuttle spaziale riutilizzabile a un solo stadio, in grado di trasportare quattro astronauti, facendo la spola tra il Lunar Gateway, posto in orbita cislunare, e la superficie dalla Luna.

Per fare un confronto, il lander lunare utilizzato dalla NASA durante il programma Apollo trasportava due persone e pesava 4,7 tonnellate senza propellente. La navetta della Lockheed peserà 22 tonnellate a vuoto e arriverà a 62 tonnellate a pieno carico.

Il lander della Lockheed sarà ancorato al Lunar Orbital Platform-Gateway, la stazione spaziale che la NASA intende iniziare a costruire in orbita lunare nel 2022. Secondo quanto spiegato dalla Lockheed, il lander potrà sganciarsi dal Gateway, portando gli astronauti e una tonnellata di carico sulla superficie lunare. L’imbarcazione e l’equipaggio potrà rimanere sulla superficie della Luna per un massimo di due settimane, quindi potrà tornare al Gateway senza necessità di rifornimento. Il rifornimento del lander tra una missione e l’altra, col tempo, sarà garantito con propellente derivato dal ghiaccio d’acqua estratto dalla luna o dagli asteroidi.

Il design del lander sfrutta molte tecnologie drivate dallo sviluppo della capsula Orion, che Lockheed sta costruendo per la NASA. La navetta Orion, lanciata dallo Space Launch System (SLS), anch’esso in fase di sviluppo, servirà gli astronauti della NASA ad esplorare destinazioni dello spazio profondo, come la luna e Marte, hanno detto i funzionari della NASA.

Orion ha già effettuato un volo di test senza equipaggio nel dicembre 2014, una breve missione all’orbita terrestre. La NASA ha in programma un nuovo volo di prova senza equipaggio nel 2020,  l’Exploration Mission 1, che servirà anche come debutto dell’SLS. (Il volo Orion del 2014 utilizzò un razzo United Launch Alliance Delta IV Heavy). Nel corso dell’Exploration Mission 1, Orion raggiungerà l’orbita lunare e trascorrerà circa tre settimane nello spazio. La prima missione Orion-SLS con equipaggio, l’Exploration Mission 2, è attualmente programmato nel 2023.

Il lander proposto dalla Lockheed potrebbe essere attivo e funzionante entro la fine del 2020, in linea con la tempistica che la NASA ha stabilito per il ritorno alla Luna. Anche il Lander utilizzerà l’SLS per esser lanciato verso il Lunar Gateway.

lander gateway

Il Lander progettato dalla Lockheed è un po’ più grande di quanto indicato nelle specifiche della NASA, la ragione di questo sforamento delle specifiche sta nella voglia del gigante dell’industria aerospaziale di portarsi avanti con il lavoro: il lander lunare è stato progettato come precursore di un lander destinato ad atterrare su Marte nel previsto progetto di esplorazione del pianeta rosso chiamato “Mars Base Camp“, proposto dalla compagnia. Si tratta di una stazione spaziale che verrebbe posizionata nell’orbita di Marte e che, come il Lunar gateway, funzionerebbe da avamposto operativo per misisoni esplorative con equipaggio della superficie marziana e delle due lune di Marte Phobos e Deimos.

https://www.youtube.com/watch?v=lLzIZnOEI6k

Hayabusa 2 ha calato con successo il lander Mascot sull’asteroide Ryugu

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I due piccoli hoppers depositati dalla sonda giapponese Hayabusa 2 sulla superficie dell’asteroide Ryugu, ora hanno compagnia.

Un lander delle dimensioni di una scatola da scarpe chiamato  Mobile Asteroid Surface Scout  (MASCOT) è stato calato sulla superficie di Ryugu dalla sua nave madre, la sonda giapponese Hayabusa 2: Mascot ha toccato la superficie di Ryugu alle 01.57 GMT di oggi.

Non sarebbe potuta andare meglio“, ha dichiarato il project manager di MASCOT Tra-Mi Ho, dell’Istituto dei sistemi spaziali DLR di Brema, in Germania. (DLR è l’acronimo tedesco del Centro aerospaziale tedesco, che ha costruito MASCOT in collaborazione con l’agenzia spaziale francese, il CNES).

MASCOT ha già iniziato a raccogliere dati con i suoi quattro strumenti scientifici di bordo, una macchina fotografica, un radiometro, uno spettrometro e un magnetometro. Il lander, dal peso di dieci chilogrammi, è dotato di una batteria che dovrebbe mantenerlo in fuzione per 16 ore dopo il touchdown.

MASCOT ha scattato 20 foto durante la sua lenta discesa verso Ryugu, e queste immagini sono immagazinatte nella memoria di Hayabusa 2, in attesa di essere trasmesse. Le osservazioni fatte dal magnetometro prima della separazione (avvenuta quando Hayabusa2 era posizionata 51 metri, sopra Ryugu) sono già arrivate sulla Terra.

Le misurazioni mostrano il vento solare relativamente debole ed i forti disturbi magnetici causati dal veicolo spaziale“, ha spiegato il membro del team MASCOT Karl-Heinz Glaßmeier, dell’Università tecnica di Braunschweig in Germania. “Al momento della separazione, ci aspettavamo una chiara diminuzione del campo di interferenza e, in effetti, siamo stati in grado di riconoscerlo chiaramente“.

Come i due robottini saltellanti MINERVA-II1A e il MINERVA-II1B, il MASCOT può  muoversi saltellando, cosa che grazie ad un “braccio oscillante” metallico. Il lander può usare questo braccio per spostarsi sulla superficie di Ryugu, una caratteristica importante, perché MASCOT ha bisogno di essere dalla parte giusta per raccogliere dati e trasmetterli ad Hayabusa2.

La missione Hayabusa 2 dal costo di 150 milioni di dollari,  è stata  lanciata a dicembre 2014 ed è arrivata in orbita attorno a Ryugu alla fine di giugno di quest’anno. La sonda ha al suo interno un altro rover: la tramoggia “opzionale”MINERVA-II2, che potrebbe raggiungere la superficie di Ryugu il prossimo anno.

Sempre nel 2019, l’orbiter stesso scenderà sulla roccia spaziale, appoggiandosi delicatamente alla sua superficie per prelevare dei campioni di terreno dalla sua superficie. Questo materiale rientrerà sulla Terra a bordo di una capsula nel dicembre 2020.

Si ritiene che i dati raccolti surante la missione più gli esami del campione di roccia di Ryugu che verrà riportato sulla Terra dovrebbero aiutare a fare luce sulla storia del sistema solare e sul ruolo che gli asteroidi ricchi di carbonio come Ryugu potrebbero aver giocato nella creazione della vita sulla Terra.

Un “mesone strano” scoperto al CERN insieme a due nuovi “barioni inferiori”

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Il Large Hadron Collider (LHC), ha appena scoperto almeno due particelle precedentemente sconosciute.

L’anello sotterraneo di 27 chilometri vicino a Ginevra ha recentemente scoperto due barioni e segni di un’altra particella, come riporta un comunicato dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN), che gestisce l’LHCI barioni sono particelle subatomiche fondamentali composte ciascuna da tre quark. I quark, a loro volta, sono particelle ancora più piccole che hanno diversi “sapori” : up, down, sopra, sotto, strani e incantati.

Ogni tipo di barione ha un diverso mix di quark. I protoni, per esempio, sono barioni e consistono in due quark up e uno down quark a testa, secondo quanto riportato dal comunicato. Le due particelle appena scoperte sono classificate come barioni inferiori.

Il primo, chiamato Σb (6097) +, è composto da un quark down e due quark up, mentre il secondo, Σb (6097) –, è costituito da un quark down e due quark down.

L’esperimento LHCb (b sta per bellezza) ha individuato queste particelle distruggendo i protoni e osservando il tasso di fondo di alcuni eventi di decadimento delle particelle. L’esperimento ha cercato “urti” o picchi al di sopra di tale velocità, che potrebbero indicare segnali di particelle precedentemente sconosciute, continua il comunicato.

Particelle simili erano state osservate in un precedente esperimento fatto al Fermilab in Illinois, ma quelle particelle differivano in quanto avevano meno massa rispetto ai loro fratelli appena scoperti. I barioni down scoperti al CERN sono circa 6 volte più massicci dei protoni. Il numero “6097” si riferisce alla loro massa in milioni di elettronvolt o MeV. (La massa di un protone è di circa 938 MeV).

Per quanto riguarda la terza potenziale particella, i ricercatori hanno individuato alcuni segnali della sua esistenza, senza averla però individuata. Denominata Z sub c  (4100), questa particella potrebbe essere un mesone strano, un tipo di particella instabile che esiste brevemente durante collisioni ad alta energia e che consiste di due quark e due antiquark.

Le collisioni effettuate durante l’esperimento al CERN hanno mostrato alcune prove dell’esistenza di questo mesone sfuggente, ma l’evidenza era al di sotto della soglia statistica che i fisici usano per rivendicare la “scoperta” di una nuova particella.

Fonte: Live Science

NASA e ROSCOSMOS stanno studiando una missione congiunta su Venere

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Da molto tempo siamo ormai concentrati principalmente su Marte come pianeta dove possiamo immaginare sia, o sia stata possibile, la vita e come possibile destinazione per viaggi di esplorazione e possibili colonie spaziale.

Eppure, esiste un pianeta che è davvero il gemello della Terra, almeno come dimensioni e gravità: Venere.

Le poche missioni che sono riuscite a scendere sulla superficie del pianeta sono durate pochi minuti ma sono riuscite ad inviare alcune immagini di una bellezza struggente che ci dicono che forse all’umanità potrebbe piacere vivere in quel posto, se l’atmosfera non fosse velenosa e le temperature proibitive. Le sue nuvole sono fatte di acido solforico, la sua superficie è così calda che si scioglierebbe persino piombo, ed i suoi venti soffiano costantemente, spazzando la superficie con la forza di un uragano.

Ecco perché sono state poche le sonde che sono riuscite a sopravivere al tuffo nell’armosfera ed a trasmettere informazioni. D’altra parte, i planetologi di tutto il mondo sono alla disperata ricerca di una migliore comprensione di ciò che accade sulla superficie del pianeta e stanno progettando un nuovo lander in grado di resistere alle dure condizioni ambientali di Venere. Questo lander è, per ora, chiamato Venera-D.

In realtà, non c’è ancora nulla di ben definito, siamo ancora allo stadio degli studi di concetto in cui si sta cercando di capire quali sono le domande scientifiche cui si vorrebbe che la missione trovasse risposta e quali componenti possano rispondere meglio a tali domande. Nel frattempo si è accertato che la prima finestra utile per il lancio si presenterà nel 2026.

La missione sarà uno sforzo congiunto compiuto da NASA e ROSCOSMOS. Come sappiamo, se la NASA ha acquisito una esperienza particolare per lùinvio di misisoni su Marte, la russa ROSCOSMOS si trova praticamente nella situazione inversa.

Ora, le due agenzie stanno collaborando per discutere un nuovo tipo di missione di Venere: un lander che potrebbe sopravvivere sulla superficie mortale del pianeta non solo per giorni, ma mesi, trasmettendo conoscenze scientifiche cruciali su quel mondo infernale.

Tale processo si concentra sull’elaborazione di un elenco di varie priorità scientifiche e degli strumenti necessari per affrontarle.

Si stanno stabilendo gli obiettivi specifici della missione, come far atterrare la sonda incolume su Venere e fare in modo che possa lavorare dall’alba al tramonto per mesi. Venere ruota in senso inverso rispetto alla Terra ed un giorno dura più di un anno.

Un’altro aspetto interessante da affrontare per una missione su Venere sarebbe l’osservazione dell’attività vulcanica,  in particolare la composizione della lava. Gli scienziati hanno visto molte prove di attività vulcanica, come un canale lungo 7.700 chilometri, più lungo del corso del fiume Nilo, qui sulla Terra: “Quel canale non può essere stato scavato dall’acqua, quindi deve essere stata la lava. Qui sulla Terra, qualche colata lavica può fare qualcosa del genere ma è raro. “Anche se non sai nulla di geologia, la tua risposta è … ‘Wow è strano.'” Ha spiegato Tracy Gregg, co-presidnete di missione.

Ci sono un sacco di misteri scientifici da provare ad spiegare. “Venere è strana, ha cose che nessuno è stato in grado di spiegare“, ha detto la Gregg.

Arrivare su Venere è molto più facile che andare su Marte, non a caso Venere viene spesso sfruttata dalle sonde destinate verso il sistema solare esterno (ma la sonda solare Parker sta facendo proprio questa operazione per avvicinarsi al sole alla velocità giusta, in questi giorni) per sfruttare l’effetto fionda del suo pozzo gravitazionale e accelerare la propria velocità di crociera senza consumare carburante.

Il rapporto finale sulla fattibilità e sulel specifiche di missione sarà presentato a fine gennaio 2019.

Se tutto andrà bene, nel 2026 l’uomo proverà a tornare su Venere.

La nuova terapia contro il cancro fa vincere il premio Nobel ai suoi ideatori

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Il premio Nobel 2018 per la medicina medicina è stato assegnato a James P. Allison, del MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, e Takusu Honjo, dell’università di Kyoto in Giappone, “per il nuovo approccio da loro ideato alla lotta contro il cancro tramite l’inibizione della regolazione immunitaria negativa.”

Questo tipo di terapia è un nuovo approccio nel trattamento del cancro. Invece di prendere di mira le cellule tumorali stesse, rilascia i freni inbitori delle cellule immunitarie, permettendo loro di attaccare le cellule tumorali. I farmaci che sono stati sviluppati per ottenere questo effetto sono noti come inibitori del checkpoint.

“In pratica, si tratta di provocare un’interferenza sugli effettori che regolano l’azione del sistema immunitario, effettuata per per liberare questa difesa e sfruttarla per attaccare le cellule cancerose”, ha spiegato Klas Karre, un immunologo Karolinska Institute e membro del comitato Nobel, dopo che è stato dato l’annuncio.

Allison, un ricercatore specializzato in immunologia, ha studiato un recettore proteico chiamato CTLA-4 posto sulle embrane cellulari dei linfociti T, che ha un’azione di regolazione della risposta immuitaria. Nel corso dei suoi studi, si è reso conto che inibendo il recettore, si otteneva un effetto di sblocco per cui le cellule immunitarie iniziavano ad attaccare le cellule tumorali, e, su questa base, ha sviluppato un nuovo approccio terapeutico alla cura del cancro. Nel 2011 un farmaco basato sull‘inibizione del CTLA-4, l’ipilimumab, è stato approvato per il trattamento del melanomaPiù del 20% delle persone che usano il farmaco hanno una remissione completa dalla malattia.

Honjo, anche lui immunologo, ha scoperto un secondo recettore chiamato PD-1 che svolge, a sua volta, un’azione di regolazione inibendo la risposta immunitaria, ma con un diverso meccanismo di azione. Anche questa scoperta si è dimostrata efficace nello sviluppo di trattamenti mirati. Due farmaci basati sull’inibizione del PD-1, nivolumab e pembrolizumab, sono stati approvati per il trattamento del melanoma e del cancro ai polmoni.

Gli inibitori del checkpoint si sono rivelati trattamenti straordinariamente efficaci per molti diversi tipi di tumori maligni, in particolare per i melanomi. Alcuni studi recenti sembrano anche dimostrare la loro efficacia nei casi di cancro al polmone, il cancro del rene e alcuni tipi di linfoma. Le combinazioni dei due tipi di farmaco sembrerebbero aumentare l’efficacia del trattamento terapeutico.

Fonte: Inside Science

Postepay evolution: dal primo ottobre cambiato l’IBAN

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L’IBAN DI POSTEPAY EVOLUTION E DELLA POSTEPAY EVOLUTION BUSINESS È CAMBIATO DAL 1° OTTOBRE.

È nata PostePay S.p.A.: la nuova società di Poste Italiane specializzata nei servizi di pagamento, di telefonia mobile e digitali. Questo significa che PostePay S.p.A. sarà la nuova titolare dei contratti relativi alle tue carte prepagate Postepay, ma ciò non cambia le modalità di utilizzo delle carte, né le condizioni contrattuali ed economiche.

COME OTTENERE IL NUOVO IBAN
Per trovare il nuovo IBAN basta entrare nell’area riservata di postepay.it oppure accedere all’App Postepay e selezionare la tua Postepay Evolution. Si può anche richiedere al numero verde 800.00.33.22 o in ufficio postale.

E QUINDI?
La cosa migliore da fare è di comunicare il nuovo IBAN a coloro che abitualmente dispongono bonifici e postagiro in tuo favore (ad esempio il datore di lavoro in caso di accredito di stipendio, i tuoi familiari etc.). Attraverso l’App Postepay è anche possibile condividere la novità utilizzando email, sms e whatsapp.

IL VECCHIO IBAN SARA’ GESTITO IN AUTOMATICO
I servizi già attivi sulle Postepay Evolution, i bonifici SEPA, i postagiro in entrata e gli addebiti diretti (SDD) saranno automaticamente gestiti sulle vecchie coordinate almeno fino al 30 settembre 2019.

CAMBIA QUALCOSA PER GLI ACQUISTI CON LA MIA CARTA?
NO! sarà possibile continuare ad utilizzare la carta Postepay per acquisti online e nei negozi nello stesso modo in cui è stata utilizzata finora.

Ricordiamo che questo cambiamento influirà solo sulle POSTEPAY EVOLUTION E POSTEPAY EVOLUTION BUSINESS.
Per tutte le altre postepay non cambierà nulla e l’operatività resterà immutata.

Sesso con gli extraterrestri

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di oliver Melis

Una delle tante leggende folli accompagnano il fenomeno degli UFO che non è certamente libero da manie di protagonismo: i rapporti sessuali con gli alieni.

Sono moltissime le persone al mondo che hanno dichiarato di aver avuto un rapporto sessuale con esseri extraterrestri. Ricorderete forse il caso occorso in Brasile ad Antonio Villas Boas. I casi di rapporti sessuali presunti tra alieni e terrestri vedono maggiormente protagoniste le donne con una minor presenza di uomini. I presunti incontri vengono suddivisi in due categorie, i rapiti a scopi medici e di studio e coloro che hanno avuto un rapporto sessuale consenziente con un essere alieno per contribuire alla nascita di una razza di nuovo tipo, gli ibridi umano-alieni.

La creazione di una razza intermedia tra gli alieni e gli umani, gli ibridi appunto, è una delle ultime teorie che i cospirazionisti hanno definito. Tempo fa, negli Stati Uniti è nata una comunità chiamata Hybrid Children che raccoglie le donne coinvolte in questi rapporti sessuali, dette anche allevatrici, che avrebbero il difficile compito di crescere una nuova razza umana, aiutandola ad evolvere e a superare la fase attuale di stallo.

Ovviamente, non ci sono prove di queste relazioni clandestine aliene, impensabile produrle; le persone coinvolte in genere si affidano solo ed esclusivamente alle loro dichiarazioni e a un cliché ormai ben sperimentato, ma che certamente non può trarre in inganno i critici, sdoganando ad esempio conigli scuoiati spacciati per feti o porcherie simili. A detta delle donne coinvolte I rapporti avuti con le creature axtraterrestri sono state le migliori della loro vita.

La Hibrid Children è stata fondata da Sharon e Nielsen Mc Cormick, che sostengono la teoria che gli alieni abbiano accumulato sufficiente DNA da poter far nascere generazioni di ibridi. Le due donne affermano inoltre che gli alieni sono simili a lucertole e che le hanno rapite e portate a bordo delle loro navi spaziali.

La comunità che raccoglie queste persone ha una convinzione: i loro figli ibridi crescono su delle astronavi, in quanto le madri non allevano i propri figli, infatti l’organizzazione ritiene che i bambini ibridi arriveranno sulla Terra in un prossimo futuro, una progenie mista che assimilerà la cultura umana aiutandola a elevarsi, in quanto questi esseri ibridi vivrebbero con una frequenza diversa, qualsiasi cosa questo significhi, e la comunicazione avverrebbe attraverso il mondo onirico.

ll sito dell’associazione non lesina informazioni, affermando che sulla Terra ci sarebbero milioni di genitori ibridi, che però non sanno di esserlo. La cosa strana, che sfugge a ogni logica, è che con le attuali conoscenze scientifiche e con gli attuali controlli medici, se questa ipotesi fosse vera, cioé se effettivamente esistessero milioni di ibridi lo avremo saputo. Sappiamo anche che ipotetici alieni non avrebbero nulla da spartire con noi, non avrebbero nessuna affinità genetica e non si potrebbero avere rapporti di nessun tipo: l’uomo ha certamente più affinità biologica a fisiologica con un batterio che con un ipotetico extraterrestre, nato ed evolutosi in un altro pianeta, probabilmente totalmente diverso dal nostro.

Solo teorie, dicerie e forse problemi a livello mentale che chi effettivamente e in buona fede crede a queste cosa ha. Spesso gli ufologi e i cospirazionisti più agguerriti non si fanno scrupoli di indurre una persona a raccontare qualcosa che di reale non ha nulla pur di avere un po di notorietà in più e un po di visibilità.

Una “Cometa Morta” a forma di teschio ci farà visita poco dopo Halloween

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Quest’anno Halloween avrà una replica cosmica l’11 novembre.

Pochi giorni dopo Halloween, l’asteroide Terra 2015 TB145 si avvicinerà alla Terra passandole vicino ma a distanza di ampia sicurezza.

Ma cosa c’entra un asteroide con Halloween? In realtà nulla, giusto il fatto che arriverà in prossimità del nostro pianeta pochi giorni dopo la festività di Halloween. Il riferimento nasce perchè questo asteroide NEO, che in realtà è quanto rimane di una cometa dopo innumerevoli passaggi vicino al Sole, è stato soprannominato dai tecnici della NASA “The Great Pumpkin” (La grande zucca) o “The great Skull” (Il grande teschio), infatti molti osservatori hanno notato che, in certe condizioni di illuminazione, questo grande sasso cosmico manifesta una sorprendente somiglianza con un enorme teschio.

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The great Pumpkin

L’asteroide fu individuato per la prima volta il 10 ottobre 2015, 2015 TB145 passò a soli 1,3 distanze lunare dalla Terra. Questa volta, passerà molto più lontano, a circa 105 distanze lunari.

La traiettoria del 2015 TB145 è ben nota“, dice Paul Chodas, direttore del Center for Near-Earth Object Studies presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Pasadena, in California. Sarà possibile vederlo a patto di utilizzare almeno un piccolo telescopio.

La spettrale 2015 TB145 ed il suo passaggio ravvicinato del 2015 sono stati oggetto di uno studio pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics l’anno scorso: L’asteroide ha un diametro stimato di 700 metri. Potrebbe sembrare abbastanza grande, ma le sue dimensioni non sono sufficienti per avere una qualsiasi influenza gravitazionale sulla Luna o sulla Terra.

2015 TB145 potrebbe essere quella che viene definita una “cometa morta“.

Abbiamo scoperto che l’oggetto riflette circa il 6% della luce che riceve dal Sole“, ha detto Vishnu Reddy, del Planetary Science Institute di Tucson, in Arizona, “È simile all’asfalto fresco, e anche se a noi sembra piuttosto scuro, è più luminoso di una tipica cometa che riflette solo il 3-5% della luce.

Pensiamo quindi che sia un oggetto di origine cometaria ma, poiché non ha una coda evidente, la nostra conclusione è che si tratti di una cometa morta“.

Gli appassionati che cercheranno di vederlo, faranno bene a sfruttare al massimo quest’occasione, perché la prossima volta che l’asteroide compirà un volo ravvicinato verso Terra sarà nell’agosto del 2027, quando passerà a una sola distanza lunare (383.000 chilometri) dalla Terra.

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Grafica raffigurante l’orbita dell’asteroide 2015 TB145 nel 2015. NASA / JPL-Caltech

Optical SETI: in corso uno studio per tentare di capire se nella galassia di Andromeda qualcuno ha trasmesso segnali luminosi

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Un gruppo di astronomi sta tentando di individuare eventuali segnali di vita aliena nella galassia di Andromeda.

Il progetto si chiama Trillion Planet Survey ed è gestito dall’Università di Santa Barbara, in California. L’idea, ovviamente, è quella che, se qualcuno in quella galassia ha inviato volutamente dei segnali, potrebbe essere possibile individuarli.

La galassia di Andromeda appartiene al cosiddetto “gruppo locale” e dista dalla Terra 2538 milioni di anni luce. Questo significa che, se anche ricevessimo un qualche genere di segnale da quella galassia, questo sarebbe stato inviato oltre due miliardi e mezzo di anni fa e l’eventuale civiltà che lo avesse inviato sarebbe quasi ceratmente oggi estinta.

Il team sta cercando di indivduare trasmissioni inviate da una civiltà “simile o di classe superiore alla nostra che abbia cercato di comunicare la propria presenza utilizzando un raggio ottico“, come ha spiegato Andrew Stewart della Emory University. Questo tipo di osservazione è noto come Optical SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence).

Prendendo spunto da un articolo del 2016 di Philip Lubin, che guida il progetto, il team sta cercando di verificare l’idea che un’altra civiltà possa tentare di stabilire un contatto sfruttando segnali ottici invece che radio.

Il gruppo di lavoro pensa che sfruttando la fotonica dovrebbe essere possibile creare una luce brillante visibile attraverso l’universo. Il team sta ora esaminando Andromeda (chiamata anche M31) per ottenere quello che chiamano “il gasdotto” attivo e funzionante per cercare una tale luce.

Usando una serie di immagini della galassia di Andromeda riprese da diversi telescopi, creeranno una singola immagine della galassia. Successivamente, confronteranno quell’immagine con un’altra immagine di controllo della stessa galassia, che non mostri “segnali transitori“, cioè eventi che operano su intervalli di tempo relativamente brevi misurati in anni o meno.

Eventuali differenze tra le due foto, potrebbero indicare se è presente qualcosa che possa somigliare ad un segnale luminoso. Il software utilizzato è in grado di rimuovere eventuali interferenze provocate da satelliti o altre fonti vicine.

Secondo il team che gestisce il progetto, si tratta di un tentativo che vale la pena fare: ” In fondo, cerchiamo reperti archeologici e fossili, che ci raccontano la storia della Terra“, ha detto il membro del team Jatila van der Veen “Trovare segnali antichi ci fornirebbe sicuramente informazioni sulla storia dell’evoluzione della vita nel cosmo, e sarebbe fantastico. ”

Il team ha presentato la propria ricerca al workshop della NASA Technosignatures tenutosi a Houston nei giorni scorsi. in questo workshop la NASA ha dibattuto sul fatto se sia il caso di riprendere la ricerca di alieni intelligenti, qualcosa non più fatto dal 1993.

Potrebbe essere tutto tempo perso e risorse spese, potremmo essere soli, oppure qualsiasi segnale alieno potrebbe non essere rilevabile con i nostri strumenti.

Ma come spesso si dice, se non proviamo, non lo sapremo mai.