mercoledì, Aprile 2, 2025
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I mondi “snowball” e la vita

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I ricercatori ipotizzavano già che la vita può presentarsi su freddi pianeti a “palla di neve“, anche se sono ricoperti di ghiaccio fino ai loro equatori. Dopotutto, anche la Terra ha attraversato diverse fasi “snowball” durante la sua lunga esistenza.
Ma tutta la vita era nei nostri oceani in quel momento“, ha detto in una nota l’autore principale dello studio Adiv Paradise, astronomo e fisico dell’Università di Toronto . “Non c’era vita sulla terra ferma“.

Il nuovo studio cerca di colmare questo gap di conoscenza. Paradise e i suoi colleghi hanno eseguito migliaia di simulazioni al computer in 3D, modellando il clima di pianeti teorici “snowball” con un’ampia varietà di configurazione dei continenti, input di energia stellare e livelli di anidride carbonica.

La CO2 è una variabile molto importante per chi crea i modelli, poiché la concentrazione di questo gas che intrappola il calore è uno dei principali fattori climatici su un pianeta. Oggi lo vediamo sulla Terra, dove le temperature stanno aumentando a un ritmo allarmante perché stiamo immettendo enormi quantità di CO2 nell’atmosfera.

Quando la CO2 in atmosfera non è abbastanza, un pianeta può diventare una vera e propria “palla di neve”. Secondo i geologi, le piogge e l’erosione possono far sì che ciò accada, come? l’acqua reagisce con la CO2, generando acido carbonico, che reagisce con le rocce e viene legato ai minerali. Questi minerali alla fine si dirigono verso l’oceano, dove vengono intrappolati sul fondo del mare.

Ma alcuni ricercatori hanno scoperto che questo processo non esclude necessariamente la possibilità che esista vita di tipo terrestre (nel senso di vita sulla terraferma). Alcuni dei loro modelli di mondi “palla di neve” presentavano macchie di terra potenzialmente abitabile – in particolare, le aree interne vicino all’equatore, che in alcuni casi indicavano temperature superiori ai 50 gradi Fahrenheit o 10 gradi Celsius.

Hai questi pianeti che tradizionalmente potresti considerare non abitabili, e questo suggerisce che forse possono esserlo“, ha detto Paradise.

Il lavoro del team offre anche altre informazioni sui mondi “palla di neve” e sull’abitabilità planetaria.

Ad esempio, le eruzioni vulcaniche possono scuotere un pianeta dallo stato di una palla di neve, immettendo nell’atmosfera grandi quantità di CO2 e altri gas serra. Ma questo, suggerirebbe il nuovo studio, non succede sempre; le simulazioni dei ricercatori hanno scoperto che l’erosione può bilanciare la produzione di CO2 dei vulcani.

Quindi la distinzione tra mondi che possono e non possono sostenere la vita come la conosciamo probabilmente non è così chiara come pesavano finora i ricercatori, hanno concluso i membri del team di studio.
Quello che troviamo è, in realtà, che la linea è un po ‘sfocata“, ha detto Paradise.
Il nuovo studio è stato pubblicato il 18 luglio sul Journal of Geophysical Research: Planets.

Tradotto e adattato dal sito “Space.com”

Scoperto un antico tempio sommerso e altri tesori nell’Atlantide egizia

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L’antica città egizia di Heracleion, nota anche come Thonis, era un tempo un vivace porto commerciale. Ora, si trova a 45 metri sotto il Mar Mediterraneo. Di recente, i subacquei hanno rivelato forse la migliore scoperta da quando la città sommersa è stata riscoperta due decenni fa.

Nella loro più recente spedizione subacquea, esperti egiziani ed europei hanno trovato resti significativi di un grande tempio sotto il mare, nonché diverse navi cariche di tesori come monete e gioielli.

Gli archeologi guidati da Franck Goddio, che era già stato responsabile della prima esplorazione subacquea di Heracleion, pensano di aver trovato le colonne di pietra del tempio principale della città (chiamato Amun Garp), così come i resti di un tempio greco più piccolo.

I notevoli tesori mostrano come l’incantevole sito sveli ancora i suoi segreti molti anni dopo che è stato esplorato per la prima volta, mentre migliaia di anni di sedimenti e fango vengono setacciati.

Queste scoperte sono state rese possibili grazie a una gamma di sofisticati strumenti di scansione in grado di discernere gli oggetti sul fondo del mare e persino al di sotto di esso, nonostante i sedimenti accumulati.

Unendo i dati geofisici di posizionamento satellitare, ecoscandagli, magnetometri a risonanza magnetica nucleare e  sonar a scansione laterale, i ricercatori hanno acquisito scansioni così complete che il team ha scoperto un gruppo di porte vicine a Heracleion che non erano ancora state individuate.

Armati di queste informazioni, gli archeologi sommozzatori si sono immersi nei resti dell’antica città per un esame più approfondito. Per quanto riguarda gli altri reperti oltre ai templi, i sommozzatori hanno riferito di avere trovato monete di bronzo del regno di Tolomeo II (dal 283 al 246 a.C.), oltre a ceramiche, gioielli e utensili per la conservazione trovati nei resti di diverse navi.

Gli archeologi hanno anche estratto monete dell’era bizantina, il che significa che è probabile che la città sia stata abitata almeno fino al IV secolo. Un’altra scoperta effettuata è stata il ritrovamento della parte mancante di una barca cerimoniale che era stata trovata in uno scavo precedente.

Ulteriori scoperte sono state fatte a Canopo, un’altra città sommersa nelle vicinanze. Tra i ritrovamenti effettuati in quest’ultimo sito, monete dell’era tolemaica e bizantina, oltre ad anelli e orecchini di epoca tolemaica.

acqua 2Monete e gioielli recuperati. (Christoph Gerigk / Franck Goddio / Fondazione Hilti)

Si ritiene che Heracleion sia stata costruita nell’VIII secolo a.C. nei pressi del delta del fiume Nilo, ed è così chiamata perché una leggenda vuole che l’eroe Ercole una volta la visitò. Ora è anche informalmente nota come l’Atlantide egiziana.

Gli oggetti recuperati dagli scavi illustrano la bellezza e la gloria delle città, la magnificenza dei suoi grandi templi e l’abbondanza di prove storiche“, afferma una descrizione del progetto sul sito web di Goddio.

Statue colossali, iscrizioni ed elementi architettonici, gioielli e monete, oggetti rituali e ceramiche – una civiltà congelata nel tempo“.

Perché sia finita sott’acqua rimane un mistero per gli storici, ma la migliore ipotesi è che l’innalzamento del livello del mare, l’attività sismica e le fondamenta fatiscenti abbiano fatto scivolare l’intera città sul fondo del Mediterraneo, almeno 1.000 anni fa.

Ora il team di archeologi si sta apprestando ad illustrare le scoperte effettuate in una pubblicazione su una rivista scientifica. Resta, però, moltissimo lavoro da fare, secondo una stima effettuata da Goddio solo il 5 percento della città è stato rivelato.

Molte altre scoperte importanti potrebbero ancora giacere sul fondo del Mediterraneo in attesa di essere riscoperte.

Orion, missione Luna

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Presto la NASA tornerà sulla Luna con missioni umane e tutto questo si avvicina sempre di più perché, finalmente, la compagnia aerospaziale Lockheed Martin ha terminato la costruzione della capsula Orion che volerà sulla missione di prova Artemis 1 la prossima estate.

La notizia è stata annunciata sabato 20 luglio dal vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence per il 50° anniversario dello storico sbarco sulla luna dell’Apollo 11. I rappresentanti della Lockheed Martin hanno aggiunto che la capsula è stata trasferita al Kennedy Space Center della NASA, in Florida, e montata in cima al suo modulo di servizio costruito in Europa.

Durante tutto il montaggio, il team ha testato e convalidato i numerosi sistemi in centinaia di modi diversi per garantire che funzionassero come previsto nella rigidità dello spazio profondo” ha dichiarato Mike Hawes, responsabile del programma Orion per Lockheed Martin.

L’Orion, o Multi-Purpose Crew Vehicle (MPCV), è un veicolo spaziale in grado di trasportare un equipaggio e secondo i piani attuali della NASA, sarà destinato all’esplorazione umana degli asteroidi e degli spazi cislunari, in vista di un futuro sbarco su Marte.

Negli anni della presidenza Obama, l’Orion ha rischiato di diventare una “semplice navetta di salvataggio” per la Stazione Spaziale Internazionale. Fortunatamente, nel settembre 2010, il Senato degli Stati Uniti votò per ripristinare i finanziamenti per missioni oltre l’orbita bassa terrestre, a favore della Orion, che si trovava già in fase avanzata di sviluppo, e dello Space Launch System, un razzo vettore concettualmente simile all’Ares V.

La navetta spaziale Orion, come sapete, ha volato in precedenza, per la prima volta durante la missione di prova senza equipaggio in orbita terrestre, decollata nel dicembre 2014 in cima a un missile Delta Launch Alliance Delta IV Heavy, ha compiuto due orbite terrestri raggiungendo una quota di 5700 km prima di ammarare nell’Oceano Pacifico, al largo della California.

Le prossime missioni, una volta a regime, prevederanno un vero e proprio equipaggio, e il nuovo razzo SLS.  “Il volo Artemis 1 metterà alla prova il design e la lavorazione della capsula e del suo modulo di servizio durante la missione di tre settimane intorno alla luna e ritorno“, ha detto Hawes. “Siamo entusiasti di questa missione perché apre la strada alla prima missione con equipaggio del 2022, Artemis 2“.

Artemis è il nome dato all’ambizioso programma di esplorazione lunare della NASA, che è intenzionata a far allunare due astronauti vicino al polo sud della luna nel 2024. Il programma mira inoltre a costruire una presenza sostenibile a lungo termine su e intorno alla luna.

Orion è la chiave di volta del piano di ri-conquista della Luna, così come lo è l’enorme razzo chiamato Space Launch System o SLS, ancora in fase di sviluppo. La missione Artemis 1 segnerà il primo volo dello SLS.

I piani per il programma Artemis sono molto ambiziosi e includono anche la realizzazione di una piccola stazione spaziale in orbita lunare chiamata Gateway. Questo servirà come punto di sosta per i viaggi, sia con equipaggio che senza equipaggio, sulla superficie lunare.

La NASA, però, non vuole fermarsi sulla Luna ma andare oltre, con l’obiettivo principale, grazie alla missione Artemis, di imparare a vivere e lavorare nello spazio profondo, per apprendere capacità e testare le tecnologie per preparare viaggi umani verso la destinazione principale del volo spaziale umano di questo secolo: Marte.

La NASA spera di portare esseri umani sul Pianeta Rosso prima della fine degli anni ’30.

Fonti: Space.com; aerospacecue.it

Gli scienziati riuniti per discutere il problema costituito dal valore della Costante di Hubble

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Astronomi, astrofisici e fisici delle particelle si sono riuniti di recente presso il Kavli Institute for Theoretical Physics dell’Università della California per discutere della gravità delle diverse misurazioni della costante di Hubble. Si sono incontrati per parlare di un problema che è diventato una delle maggiori preoccupazioni in astrofisica: capire quanto velocemente l’universo si stia effettivamente espandendo.

Le stime del suo valore basate sullo studio della luce emessa dal Big Bang differiscono da quelle calcolate utilizzando i dati ricavati dalle supernova. In parole povere, i ricercatori che utilizzano i dati degli studi che riguardano la storia più antica dell’universo hanno calcolato un valore diverso per la costante di Hubble rispetto a quelli coinvolti nello studio di attività più recenti. E la ragione per cui è diventato un argomento così caldo è perché se non si riesce a trovare una buona ragione per le differenze nei risultati, gli scienziati del settore potrebbero dover ripensare completamente il modo in cui l’universo funziona.

Si tratta di un dibattito iniziato negli anni ’20, quando Edwin Hubble notò che gli oggetti più lontani nell’universo sembrano allontanarsi l’uno dall’altro più velocemente. I teorici suggerirono che un numero fisso potesse essere usato per esprimere la velocità con cui l’universo si stava espandendo, così nacque la Costante di Hubble. È definito come il tasso di espansione dell’universo. Come suggerisce il nome, la teoria suggerisce che si tratta di un singolo numero invariato. Ma gli esperimenti per trovare il vero valore della costante di Hubble hanno prodotto risultati contrastanti.

Una tecnica prevede l’utilizzo di dati provenienti da dispositivi che misurano lo sfondo cosmico a microonde. Tali studi hanno dimostrato che la costante di Hubble è 67,4 km/s/Mpc, con un tasso di errore di soli 0,5 km/s/Mpc. Nel frattempo, altri studi che hanno coinvolto l’uso di dati provenienti dalle supernova hanno riscontrato che la costante corrisponde a 74,0 km/s/Mpc, un risultato molto diverso dal primo tasso di errore. Chiaramente, non possono essere corretti entrambi, a meno che non sia stato qualcosa di strano durante la prima espansione dell’universo. Alcuni fisici ritengono possibile che, all’epoca, esistesse un diverso tipo di energia oscura che spingeva l’universo, e questo spiegherebbe la differenza.

In ogni caso, i ricercatori del recente incontro sembrano aver concluso che ci sia un errore da qualche parte da individuare, tanto più che che sono pochi i ricercatori sul campo pronti a lanciare nuove teorie alternative per spiegare come funziona l’universo, almeno non in questo momento.

Momento storico per il volo spaziale: LightSail 2 sta volando spinta dalla luce

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Anni di simulazioni al computer. Innumerevoli prove a terra. Hanno condotto tutti fino ad ora. La navicella spaziale LightSail 2, costruita in crowdfunding, della Planetary Society sta sollevando con successo la sua orbita esclusivamente grazie alla potenza della luce solare.

Da quando, la scorsa settimana, si è dispiegata la vela solare d’argento del veicolo spaziale, i responsabili della missione hanno ottimizzato il modo in cui il veicolo spaziale si orienta durante la navigazione solare. Dopo alcune modifiche, LightSail 2 ha iniziato a sollevare la sua orbita attorno alla Terra. Negli ultimi 4 giorni, l’astronave ha sollevato il suo punto più alto orbitale, o apogeo, di circa 2 chilometri. Il perigeo, o punto più basso della sua orbita, è diminuito di una quantità simile, il che è coerente con le aspettative pre-volo per gli effetti della resistenza atmosferica sul veicolo spaziale. Il team della missione ha confermato che l’aumento dell’apogeo può essere attribuito solo alla navigazione solare, il che significa che LightSail 2 ha completato con successo il suo obiettivo primario di dimostrare il volo con la luce di un CubeSats.

Siamo entusiasti di annunciare il successo della missione per LightSail 2“, ha dichiarato il responsabile del programma LightSail e scienziato capo della Planetary Society, Bruce Betts. “Il nostro obbiettivo era dimostrare che è possibile la navigazione solare controllata di un CubeSat modificando l’orbita del veicolo spaziale usando solo la leggera pressione del Sole, qualcosa che non era mai stato fatto prima. Sono enormemente orgoglioso di questa squadra. È stata una lunga strada e ce l’abbiamo fatta“.

Il team della missione continuerà a sollevare l’orbita di LightSail 2 per circa un mese, fino a quando il perigeo non diminuirà al punto in cui la resistenza atmosferica supera la spinta della vela solare. Durante il periodo di sollevamento dell’orbita, il team continuerà a ottimizzare le prestazioni della vela solare.

Lavoriamo alla distribuzione della vela per perfezionare il modo in cui la navicella spaziale segue il Sole“, ha dichiarato il responsabile del progetto LightSail 2 Dave Spencer. “Il team ha fatto un ottimo lavoro portandoci al punto in cui possiamo dichiarare il successo della missione. Andando avanti, continueremo a lavorare per ottimizzare le prestazioni del controllo della vela e vedere quanto possiamo aumentare l’apogeo nel tempo“.

Uno di questi perfezionamenti riguarda la ruota a slancio singolo di LightSail 2, che ruota la fiancata del veicolo spaziale e quindi si inclina verso il Sole ogni orbita per attivare e disattivare la spinta dalla vela solare. Le ruote del momento possono “saturare“, raggiungendo limiti di velocità predefiniti, dopo di che non sono più efficaci nella rotazione del veicolo spaziale. La maggior parte dei veicoli spaziali utilizza propulsori chimici per desaturare le ruote del momento; LightSail 2 si basa su barre di torsione elettromagnetiche, che orientano il veicolo spaziale spingendo contro il campo magnetico terrestre.

La ruota del momento di LightSail 2 raggiunge attualmente il suo limite di saturazione un paio di volte al giorno e la desaturazione della ruota temporaneamente toglie l’astronave dal suo corretto orientamento per la navigazione solare. Il team della missione ha già applicato un aggiornamento software che ha aumentato il tempo tra gli eventi di saturazione e sta anche lavorando per automatizzare il processo di desaturazione. Entrambi i perfezionamenti dovrebbero comportare un miglioramento delle prestazioni di navigazione solare.

LightSail 2 Orbit Apogee e Perigee dal lancio

LIGHTSAIL 2 ORBIT APOGEE E PERIGEE DAL LANCIO

Questo grafico mostra l’apogeo e il perigeo dell’orbita di LightSail 2 dal lancio. Dal 26 luglio al 30 luglio, l’astronave ha sollevato il suo punto orbitale più alto orbitale, o apogeo, di circa 2 chilometri. È disponibile una versione PDF di questo grafico.

Dopo la fase di innalzamento dell’orbita di LightSail 2, il veicolo spaziale inizierà a deorbitarsi, rientrando infine nell’atmosfera in circa un anno. La vela in Mylar alluminizzata, delle dimensioni di un ring di pugilato, potrebbe essere attualmente visibile per alcuni osservatori al crepuscolo e all’alba. Il pannello di controllo della missione della Planetary Society  mostra i prossimi passaggi in base alla posizione dell’utente e include un collegamento a una pagina che evidenzia i passaggi indicando quando è più probabile che la vela sia visibile.

LightSail 2 è uno dei numerosi progetti scientifici e tecnologici della  Planetary Society che mirano a far progredire la scienza e l’esplorazione dello spazio. All’inizio di questo mese, la NASA ha scelto PlanetVac, una tecnologia finanziata dalla società costruita da Honeybee Robotics che semplifica il processo di raccolta di campioni da altri mondi, per volare sulla Luna come parte del programma CLPS (Commercial Lunar Payload Services) dell’agenzia.

Il programma LightSail è iniziato nel 2009 sotto la direzione del co-fondatore della Planetary Society, Louis Friedman, in seguito al  lancio di Cosmos 1, la prima vela solare al mondo che, però, non raggiunse l’orbita.

Fonte: Planetary Society

La NASA svilupperà con SpaceX il sistema di rifornimento nello spazio della Starship

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La NASA ha annunciato 19 nuove partnership con 10 aziende statunitensi per adattare le tecnologie più all’avanguardia all’uso nei voli spaziali. Dai sistemi di atterraggio di precisione alle fattorie robotiche, fino al progetto forse più intrigante che coinvolgerà SpaceX e due dei centri operativi della NASA: il Glenn Research Center in Ohio e il Marshall Space Flight Center in Alabama.

SpaceX lavorerà con il Glenn ed il Marshall per far avanzare la tecnologia necessaria per trasferire propellente in orbita da astronave ad astronave, un passo importante nello sviluppo del veicolo spaziale Starship“, afferma il comunicato stampa della NASA. Si tratta di  un annuncio particolarmente significativo per ragioni sia tecniche che politiche.

Aspetto Tecnico

Uno dei principali ingegneri di SpaceX impegnato nel progetto Starship, Paul Wooster, ha identificato il rifornimento di carburante in orbita come una delle sfide tecnologiche più difficili che l’azienda dovrà superare per realizzare le sue ambizioni di inviare una nave spaziale su Marte.

Nel progetto della compagnia di Elon Musk di inviare un equipaggio umano su Marte, un razzo SuperHeavy lancerebbe la grande astronave Starship in orbita terrestre bassa. A quel punto, la nave spaziale avrebbe bisogno di ricaricare i suoi serbatoi di carburante per portare il carico utile sul Pianeta Rosso. Si stima che per il rifornimento di carburante di una sola nave spaziale sarebbero necessarie cinque navi stellari tanker cariche di carburante da trasferire poste in orbita bassa.

In precedenza, la NASA aveva già svolto un lavoro considerevole studiando la gestione, il trasferimento e lo stoccaggio di combustibili per missili come ossigeno liquido, idrogeno e metano nello spazio: sono difficili da lavorare e suscettibili di bollire nell’ambiente spaziale (gli atomi di idrogeno possono persino migrare direttamente attraverso i serbatoi di metallo).

Secondo il nuovo Space Act Agreement, il programma di Space Technology della NASA finanzierà il tempo che le persone dell’agenzia impiegheranno a lavorare su questi problemi e tutte le strutture di test dell’agenzia che verranno utilizzate. In effetti, i team dell’azienda e dell’agenzia lavoreranno insieme per risolvere il problema, ognuno pagando la propria parte di attività.

I dipendenti pubblici del Marshall e del Glenn hanno molto talento in questo settore“, ha affermato Braun. “il personale di SpaceX conosce molto bene il proprio sistema, sia le capacità che i bisogni dell’architettura della nave stellare. Il fatto che si riuniranno tutti nella stessa stanza e lavoreranno sullo stesso problema, è straordinario“.

Aspetto Politico

Braun è stato capo tecnologo nel 2010, quando l’amministrazione Obama creò il programma NASA di Space Technology per promuovere proprio questo tipo di innovazione tecnologica nel settore spaziale privato americano. Era un periodo controverso nella politica spaziale, poiché la Casa Bianca stava spingendo per maggiori finanziamenti per le nuove compagnie spaziali – e nuove idee spaziali come i depositi di stoccaggio del carburante – mentre il Congresso voleva mantenere la NASA nel settore della costruzione di missili.

Alla fine, il Congresso ha avuto il sopravvento, mettendo la NASA sulla strada per costruire il grande razzo SLS ad un costo di sviluppo di oltre $ 2 miliardi all’anno. Il programma missilistico ha beneficiato principalmente del centro spaziale dell’Alabama ed è stato sostenuto dal senatore dello stato dell’Alabama Richard Shelby.

Lo sviluppo di un sistema di stoccaggio e trasferimento di carburante nello spazio è chiaramente una minaccia il razzo SLS perché consentirebbe alla NASA di svolgere alcune missioni esplorative con missili più piccoli ed economici. Come spiegò una fonte all’epoca, “il senatore Shelby chiamò la NASA e disse che se avesse sentito un’altra parola sui depositi di propellenti avrebbe annullato il programma di tecnologia spaziale“.

Secondo altri funzionari della NASA, all’epoca la tecnologia del trasferimento di propellente non era pronta. Nel 2011, l’ex amministratore della NASA Mike Griffin e l’attuale segretario esecutivo del Consiglio spaziale nazionale Scott Pace – entrambi sostenitori del sistema SLS – scrissero una critica appassionata della tecnologia di trasferimento di propellente.

I depositi di carburante come elemento di  un’architettura spaziale a breve termine sono un esempio del pensiero magico al suo meglio, una distrazione dispendiosa supportata dai tipi di ipotesi scarsamente verificate che possono far apparire un concetto ingannevolmente attraente“, Scrissero Griffin e Pace. Ironia della sorte, il razzo heavy-lift scelto per l’uso nell’architettura “a breve termine“, il razzo SLS, è rimasto notevolmente indietro riaspetto ai programmi di sviluppo e ben oltre il budget previsto. È improbabile che svolga missioni esplorative significative per almeno altri tre o quattro anni e sta ostacolando il piano Artemis dell’amministrazione Trump.

La Planetary Society sta per annunciare qualcosa di “importante” su Lightsail 2

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La Planetary Society questa sera alle 21.00 farà un importante annuncio. Dopo il lancio del satellite sperimentale LightSail 2, avvenuto il 35 giugno scorso a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX, lo scorso 24 luglio la sonda ha spiegato con successo le sue vele ed è iniziata la fase dimostrativa della capacità del satellite di manovrare con solo i fotoni che colpiscono la vela come strumento di propulsione.

Planetary Society

@exploreplanets

MEDIA ADVISORY: The Planetary Society to Announce Major Solar Sailing Milestone

Media Invited to Press Teleconference with CEO Bill Nye and LightSail 2 Mission Team: http://www.planetary.org/press-room/releases/2019/solar-sailing-milestone.html 

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Al momento LightSail 2 sta andando alla deriva a 720 km sopra la superficie terrestre, e nel prossimo mese il satellite tenterà di alzare la sua orbita ellittica usando la vela solare.

Questo è già eccitante, ma stasera sarà Bill Nye, CEO di The Planetary Society, coadiuvato da tre scienziati che lavorano per la fondazione ad effettuare l’atteso annuncio.

vela solare schierata La vela solare di LightSail 2. (The Planetary Society)

Questa sera forniremo aggiornamenti in tempo reale sull’annuncio.

La collaborazione LIGO-VIRGO ha appena rilevato il segnale “Trifecta” che tutti gli astronomi stanno aspettando?

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Di Ethan Siegel

Quando si tratta di eventi cataclismici nell’Universo, cioè ovunque interazioni astrofisiche di grande portata causino un’enorme liberazione di energia, la nostra comprensione delle leggi della fisica ci dice che ci sono tre modi possibili per rilevarli e misurarli. Il primo è il più familiare: attraverso la luce o le onde elettromagnetiche. Il secondo è attraverso l’arrivo di particelle: come raggi cosmici o neutrini energetici. E il terzo, che si è realizzato per la prima volta poco meno di quattro anni fa, proviene dal rilevamento delle onde gravitazionali.

Dalla prima rilevazione delle onde gravitazionali, gli astronomi hanno sperato nell’evento finale: un segnale che fosse identificabile e rilevabile con tutti e tre i metodi contemporaneamente. Non è mai stato osservato prima, ma da quando LIGO ha iniziato la sua ultima raccolta di dati ad aprile, si è accesa la speranza non così segreta degli astronomi di tutti i tipi. Con un nuovo evento candidato osservato domenica 28 luglio 2019, potremmo aver appena fatto il jackpot.

LIGO e Virgo hanno scoperto una nuova popolazione di buchi neri con masse che sono più grandi di quanto era stato visto prima con i soli studi a raggi X (viola). Questo diagramma mostra le masse di tutte e dieci le fusioni binarie di buco nero sicure rilevate da LIGO / Virgo (blu), insieme alla fusione di una stella di neutroni-stella di neutroni vista (arancione). LIGO / Virgo, con l'aggiornamento della sensibilità, avrebbe dovuto rilevare una fusione verso l'alto ogni settimana a partire da aprile.

LIGO e Virgo hanno scoperto una nuova popolazione di buchi neri con masse maggiori di quanto si era ritenuto in precedenza con l’utilizzo dei soli studi a raggi X (viola). Questo diagramma mostra le masse di tutte e dieci le fusioni binarie di buco nero sicure rilevate da LIGO / Virgo (blu), insieme alla fusione di una stella di neutroni (arancione). LIGO / Virgo, con l’aggiornamento della sensibilità, avrebbe dovuto rilevare una fusione verso l’alto ogni settimana a partire da aprile. –  LIGO / VIRGO / NORTHWESTERN UNIV./FRANK ELAVSKY

LIGO è stato operativo e ha raccolto i dati in due periodi diversi dal 2015 al 2017, con una durata di 4 e 9 mesi, rispettivamente. Quest’ultimo periodo ha avuto anche una sovrapposizione, durante l’estate del 2017, con l’attività del rilevatore VIRGO. In quel lasso di tempo, i due rivelatori di onde gravitazionali hanno visto un totale di 11 eventi che ora sono stati classificati come rilevamenti certi di onde gravitazionali.

10 di loro provenivano da fusioni tra buchi neri, dove le masse di quei buchi neri che si fondevano variavano da un minimo di 8 masse solari a un massimo di 50 masse solari, sebbene con grandi incertezze. Quando i buchi neri si fondono, non si prevede che abbiano una controparte elettromagnetica. Solo uno di quegli eventi – il primo – ha rilevato un segnale basato sulla luce che potrebbe essere associato ad esso, ma, in quel caso, fu solo il rivelatore (Fermi della NASA) a vederlo e con un significato modesto (2.9-sigma).

Illustrazione dell'artista di due stelle di neutroni che si fondono. La griglia increspata dello spaziotempo rappresenta le onde gravitazionali emesse dalla collisione, mentre i raggi stretti sono i getti dei raggi gamma che fuoriescono pochi secondi dopo le onde gravitazionali (rilevati come un raggio gamma scoppiato dagli astronomi). Le conseguenze della fusione delle stelle di neutroni osservate nel 2017 indicano la creazione di un buco nero.

Concetto artistico che mostra due stelle di neutroni che si fondono. La griglia increspata dello spaziotempo rappresenta le onde gravitazionali emesse dalla collisione, mentre i raggi stretti sono i getti dei raggi gamma che fuoriescono pochi secondi dopo le onde gravitazionali (rilevati come l’esplosione di un raggio gamma dagli astronomi). Le conseguenze della fusione delle stelle di neutroni osservate nel 2017 indicano la creazione di un buco nero. –  NSF / LIGO / SONOMA STATE UNIVERSITY / A. SIMONNET

Ma un segnale era sostanzialmente diverso. Invece di una fusione buco nero-buco nero, aveva le giuste proprietà di frequenza e ampiezza per indicare un diverso tipo di evento: una fusione stella di neutroni-stella di neutroni. I buchi neri hanno orizzonti di eventi intorno alla stragrande maggioranza delle loro masse, proteggendo l’Universo esterno da qualsiasi particella o radiazione elettromagnetica che potrebbe essere creata dall’evento cataclismico, le stelle di neutroni no.

Di conseguenza, un segnale di raggi gamma è arrivato quasi nello stesso momento esatto delle onde gravitazionali, con una differenza di meno di 2 secondi nel tempo di arrivoAttraverso un viaggio di oltre 100 milioni di anni luce, quella misurazione ha confermato che le onde gravitazionali e le onde elettromagnetiche viaggiano alla stessa velocità entro 15 cifre significative, e ha anche annunciato il primo segnale multi-messenger che ha coinvolto onde gravitazionali.

La galassia NGC 4993, situata a 130 milioni di anni luce di distanza, era stata fotografata molte volte in precedenza. Ma subito dopo il rilevamento delle onde gravitazionali del 17 agosto 2017, è stata vista una nuova fonte di luce transitoria: la controparte ottica di una fusione di stelle stella-neutrone neutrone.

La galassia NGC 4993, situata a 130 milioni di anni luce di distanza, era stata fotografata molte volte in precedenza. Ma subito dopo il rilevamento delle onde gravitazionali del 17 agosto 2017, è stata vista una nuova fonte di luce transitoria: la controparte ottica di una fusione di stelle stella-neutrone neutrone. – PK BLANCHARD / E. BERGER / PAN-STARRS / DECAM

Nelle successive settimane, decine di altri osservatori sono entrati in azione. Raggi X, segnali ottici, infrarossi e osservazioni radio hanno permesso agli astronomi di studiare meglio questo evento di kilonova e hanno aiutato gli astronomi di tutti i campi a capire come i loro dati e informazioni sarebbero complementari tra loro in caso di tale evento.

Possiamo imparare un’enorme quantità di informazioni astrofisiche su questi oggetti ed eventi da ciascuna lunghezza d’onda elettromagnetica, ma le informazioni che apprendiamo dalle onde gravitazionali sono diverse. Anche solo con questo evento multi-messenger, le onde gravitazionali ci hanno insegnato:

  • la posizione approssimativa di questo evento,
  • le masse delle stelle di neutroni prima della fusione,
  • la massa finale dell’oggetto creato,
  • e che l’oggetto post-fusione era una stella di neutroni a rotazione rapida per una frazione sostanziale di secondo prima di collassare infine in un buco nero.
Il residuo della supernova 1987a, situato nella Grande Nube di Magellano a circa 165.000 anni luce di distanza. Il fatto che i neutrini arrivassero ore prima che il primo segnale luminoso ci insegnasse di più sulla durata che la luce impiega a propagarsi attraverso gli strati della stella di una supernova di quanto non facesse sulla velocità a cui viaggiano i neutrini, che era indistinguibile dalla velocità della luce. I neutrini, la luce e la gravità sembrano viaggiare tutti alla stessa velocità adesso.

Il residuo della supernova 1987a, situato nella Grande Nube di Magellano a circa 165.000 anni luce di distanza. Il fatto che i neutrini arrivassero ore prima che il primo segnale luminoso ci insegnasse di più sul tempo che la luce impiega a propagarsi attraverso gli strati della stella di una supernova di quanto non facesse sulla velocità a cui viaggiano i neutrini, che era indistinguibile dalla velocità della luce. I neutrini, la luce e la gravità sembrano viaggiare tutti alla stessa velocità adesso. – NOEL CARBONI E IL LIBERATOR ESA / ESO / NASA PHOTOSHOP FITS

Ciò ha segnato la prima volta che le onde gravitazionali sono state utilizzate come componente dell’astronomia multi-messenger, ma non è stato l’unico evento multi-messenger mai osservato. Nel 1987, una supernova esplose nella Grande nuvola di Magellano, che è cosmicamente nel nostro cortile a soli 165.000 anni luce di distanza. Fu l’evento di supernova più vicino a noi mai osservato nell’era moderna della fisica e dell’astronomia.

La luce di questo evento fu registrata da telescopi e rivelatori e fu un notevole vantaggio per l’astronomia, poiché ciò ci consentì di studiare da vicino una supernova in un modo che non era stato possibile dall’invenzione del telescopio. Ma le supernovae sono accompagnate da reazioni di fusione nucleare in fuga, e quelle generano un numero enorme di neutrini. Grazie a grandi serbatoi pieni di liquido rivestiti con tubi fotomoltiplicatori, siamo stati in grado di rilevare nello stesso tempo una serie di neutrini provenienti dall’evento.

Un evento di neutrino, identificabile dagli anelli della radiazione di Cerenkov che si presentano lungo i tubi fotomoltiplicatori che rivestono le pareti del rivelatore, mostrano la metodologia di successo dell'astronomia dei neutrini e sfruttando l'uso della radiazione Cherenkov. Questa immagine mostra più eventi e fa parte della suite di esperimenti che ci apre la strada a una maggiore comprensione dei neutrini. I neutrini rilevati nel 1987 segnarono sia l'astronomia dei neutrini sia l'astronomia multi-messaggera.

Un evento di neutrino, identificabile dagli anelli della radiazione Cerenkov che si presentano lungo i tubi fotomoltiplicatori che rivestono le pareti del rivelatore, mostrano la metodologia di successo dell’astronomia dei neutrini sfruttando l’uso della radiazione Cherenkov. Questa immagine mostra più eventi e fa parte della suite di esperimenti che ci apre la strada a una maggiore comprensione dei neutrini. I neutrini rilevati nel 1987 segnarono sia l’astronomia dei neutrini sia l’astronomia multi-messaggera. – COLLABORAZIONE SUPER KAMIOKANDE

Questo ha segnato la vera alba dell’astronomia multi-messenger, e con essa abbiamo appreso un’enorme quantità di informazioni sul fenomeno che stavamo osservando. Tutti i neutrini trasportavano quantità specifiche di energia e arrivavano in un arco temporale di più secondi. Questo ci ha permesso di comprendere i meccanismi interni delle reazioni nucleari che si verificano in una supernova generata dal collasso del nucleo: informazioni che non avremmo mai potuto ricevere dai soli segnali elettromagnetici.

Molti scienziati sperano che oggi si verifichi una supernova di quel tipo, i nostri strumenti scientifici ci permetterebbero di rilevare decine di migliaia di neutrini – e, se la natura è gentile, anche onde gravitazionali – oltre ai segnali luminosi. Ciò realizzerebbe il sogno finale del campo relativamente nuovo dell’astronomia multi-messenger: misurare tre tipi diversi di segnali fondamentali associati allo stesso evento.

Anche se i buchi neri dovrebbero avere dischi di accrescimento, il segnale elettromagnetico che dovrebbe essere generato da una fusione buco nero-buco nero dovrebbe essere non rilevabile. Se c'è una controparte elettromagnetica generata insieme alle onde gravitazionali da fusioni binarie di buco nero, sarebbe una sorpresa. Ma, ancora una volta, rilevare le particelle dalla fusione dei buchi neri sarebbe anche una sorpresa, e gli scienziati di tutti i tipi vivono esattamente per questi tipi di sorpresa inaspettata.

Anche se i buchi neri dovrebbero avere dischi di accrescimento, il segnale elettromagnetico generato da una fusione buco nero-buco nero dovrebbe essere non rilevabile. Se si rilevasse una controparte elettromagnetica generata insieme alle onde gravitazionali da fusioni binarie di buco nero, sarebbe una sorpresa. Ma, ancora una volta, anche rilevare le particelle dalla fusione dei buchi neri sarebbe una sorpresa, e gli scienziati di tutti i tipi vivono esattamente per questi tipi di sorpresa inaspettata. – NASA / DANA BERRY (SKYWORKS DIGITAL)

Bene, è ancora estremamente presto, ma questo sogno potrebbe essersi realizzato con un evento che si è verificato il 28 luglio 2019. LIGO è stato riacceso, dopo un sostanziale aggiornamento che ha aumentato la sua sensibilità e il raggio di rilevamento, lo scorso aprile. Funziona da quasi quattro mesi, prendendo dati praticamente su ogni cosa.

La collaborazione LIGO-VIRGO dispne di un database pubblicamente disponibile di tutto ciò che considerano eventi candidati. Al momento in cui questo pezzo è stato scritto, ne erano stati registrati 24: più del doppio del numero totale di eventi visti durante le due precedenti serie combinate. L’ultimo, attualmente etichettato  S190728q, potrebbe rivelarsi il primo triplice evento di astronomia multi-messenger di sempre.

La stima della probabilità, generata circa un'ora dopo l'osservazione del primo segnale, di dove potrebbe essersi verificato l'evento gravitazionale candidato S190728q nel cielo. I rapporti iniziali erano meno restrittivi e i rapporti successivi (con analisi migliorata) sono più restrittivi, ma questa è una delle due dozzine di potenziali eventi di onde gravitazionali avvincenti visti da quando LIGO è ripartito ad aprile.

La stima della probabilità, generata circa un’ora dopo l’osservazione del primo segnale, di dove potrebbe essersi verificato l’evento gravitazionale candidato S190728q nel cielo. I rapporti iniziali erano meno restrittivi e i rapporti successivi (con analisi migliorata) sono più restrittivi, ma questa è uno dei 24 potenziali eventi di onde gravitazionali visti da quando LIGO è ripartito ad aprile. – COLLABORAZIONE LIGO

Solo dalle onde gravitazionali, gli scienziati sono stati in grado di eseguire un’analisi rapida e limitare il luogo in cui l’evento originario potrebbe essersi verificato a soli 55 gradi quadrati (su ~ 40.000 in tutto il cielo) come il posto migliore dove cercare altri tipi di segnali di messaggistica.

In modo completamente indipendente, il rivelatore di neutrini IceCube al Polo Sud ha rilevato un evento di neutrini simile a una pista che corrisponde quasi allo stesso orario di origine. A causa della rarità dei neutrini, ogni evento su IceCube è di potenziale interesse come segnale dall’Universo distante. Questo, in particolare, sta facendo trattenere il respiro agli astronomi di tutto il mondo.

Possiamo ricostruire la sua posizione nel cielo e scoprire che, notevolmente, l’onda di neutrini si sovrappone nello spazio e nel tempo con il segnale preliminare dell’onda gravitazionale visto da LIGO e Virgo!

Le "tessere" sul cielo che sono attualmente sottoposte a scansione dal satellite Swift della NASA per cercare eventuali controparti elettromagnetiche ai segnali visti sia da LIGO / Virgo (contorni) sia da IceCube (neutrini / particelle). Anche senza un segnale elettromagnetico, questo potrebbe segnare il primo evento di astronomia multi-messaggero che coinvolge sia onde gravitazionali che particelle.

Le “tessere” sul cielo che sono attualmente sottoposte a scansione dal satellite Swift della NASA per cercare eventuali controparti elettromagnetiche ai segnali visti sia da LIGO / Virgo (contorni) sia da IceCube (neutrini/particelle). Anche senza un segnale elettromagnetico, questo potrebbe segnare il primo evento di astronomia multi-messaggero che coinvolge sia onde gravitazionali che particelle. – LIGO / COLLABORAZIONE VIRGO / DATI ICECUBE / NASA SWIFT / A. TOHUVAVOHU (TWITTER)

In questo momento, LIGO sta affermando, con il 95% di fiducia, che si è trattato probabilmente di una fusione binaria di buchi neri avvenuta a circa 2,87 miliardi di anni luce di distanza. Se si rilevasse una controparte elettromagnetica, sarebbe un fatto rivoluzionario. Tutto in una volta, vorremmo:

  • tenere il nostro primo evento di astronomia a tre messaggeri,
  • apprendere che questo oggetto non era un buco nero binario o che i buchi neri binari possono produrre controparti elettromagnetiche, e
  • avere un’idea di quali tipi di eventi potrebbero produrre onde gravitazionali rilevabili, segnali luminosi e neutrini da una distanza così ampia.

Anche se non dovesse emergere alcun segnale elettromagnetico, ma i segnali IceCube e LIGO/Virgo si rivelassero reali, robusti e allineati, sarebbe un risultato straordinario. Sarebbe il primo evento multi-messaggero che coinvolge sia onde che particelle gravitazionali.

Un esempio di un evento di neutrino ad alta energia rilevato da IceCube: un neutrino da 4,45 PeV che colpisce il rivelatore nel 2014. Il neutrino osservato il 28 luglio 2019 potrebbe non possedere questa energia estrema, ma offre la possibilità di un premio ancora più grande: un segnale multi-messenger tra particelle e onde gravitazionali.

Un esempio di un evento di neutrini ad alta energia rilevato da IceCube: un neutrino da 4,45 PeV che ha colpito il rivelatore nel 2014. L’evento osservato il 28 luglio 2019 potrebbe non possedere questa energia estrema, ma offre la possibilità di un premio ancora più grande: un segnale multi-messenger tra particelle e onde gravitazionali. –  ICECUBE SOUTH POLE NEUTRINO OBSERVATORY / NSF / UNIVERSITY OF WISCONSIN-MADISON

Naturalmente, siamo solo alle fasi preliminari. La collaborazione di LIGO/VIRGO deve ancora annunciare un rilevamento definitivo di qualsiasi tipo e l’evento IceCube potrebbe rivelarsi principalmente un evento di neutrini, non correlato o un evento spurio. Nessun segnale elettromagnetico è stato annunciato e potrebbe non essercene affatto uno. La scienza si muove lentamente e con attenzione, come dovrebbe, e tutto ciò che è stato scritto in questo articolo rappresenta il miglior scenario auspicabile per le speranze più ottimistiche.

Ma se continueremo ad osservare il cielo in questi tre modi fondamentalmente diversi, e continueremo ad aumentare e migliorare la precisione con cui lo facciamo, è solo una questione di tempo prima che il giusto evento naturale ci dia il segnale che ogni astronomo sta aspettando. Solo una generazione fa, l’astronomia multi-messenger non era altro che un sogno. Oggi, non è solo il futuro dell’astronomia, ma anche il presente. Non c’è momento nella scienza tanto eccitante quanto essere sulla cuspide di una svolta senza precedenti.

Fonte: Forbes

La Stazione Spaziale Internazionale smaltisce i suoi rifiuti in atmosfera, ma non è un problema

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Sono stati alcuni giorni impegnativi alla Stazione Spaziale Internazionale. Il laboratorio orbitale ha appena ricevuto un nuovo carico di rifornimenti dalla Terra (lanciato la scorsa settimana tramite la capsula Dragon della SpaceX spedita in orbita da un Falcon 9), e l’equipaggio ha trascorso parecchio tempo a disimballare tutti i nuovi strumenti, rifornimenti e materiali appena ricevuti. Hanno anche caricato un cargo russo che, però, non farà ritorno sulla Terra.

Stamattina presto, il compartimento di attracco della sezione russa della ISS ha rilasciato la capsula cargo Progress 72 che era rimasta aggaciata alla stazione spaziale per circa quattro mesi. Al suo arrivo alla ISS la Progress 72 era piena di rifornimenti di vario genere per l’equipaggio ma ora che è stata sganciata e reinviata verso l’atmosfera terrestre è stata letteralmente stipata di spazzatura.

Come ogni casa o ufficio, la Stazione Spaziale Internazionale accumula molta spazzatura, composta principalmente di prodotti di scarto non più utilizzabili nella ISS. Il problema è che nello spazio non c’è raccolta porta a porta e quindi, man mano che viene prodotta, la spazzatura viene raccolta a bordo di queste navette cargo come la Progress 72. 

Qui sulla Terra esistono molti modi per smaltire i rifiuti, si possono riciclare, si possono depositare in una discarica o mandarli in un inceneritore ma in orbita non è possibile. La ISS ha però un vantaggio: ha accesso a uno dei più grandi inceneritori che si possano immaginare, sotto la forma dell’atmosfera terrestre.

Quando la navetta cargo (o le rocce, i satelliti o qualsiasi altra cosa) rientrano in atmosfera, l’attrito con essa genera intense scintille, riscaldando e incenerendo qualunque cosa la attraversi. La Progress 72, non essendo riutilizzabile, non sfugge a questo destino e viene quindi usata da contenitore di rifiuti.

Oggi, alle 06,44 EDT, il Pirs Docking Compartment ha sganciato la Progress 72 piena di rifiuti e attrezzatura non più utilizzabile e l’ha inviato su una rotta di rientro in atmosfera terrestre, destinando la navetta ed il suo contenuto ad essere inceneriti in un infuocato, ma sicuro, rientro che si concluderà con una pioggia di cenere da qualche parte sull’Oceano Indiano.

Autorizzato in Giappone un tentativo di creare ibridi uomo – animale

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Le intenzioni sono buone ma le possibili implicazioni rendono il tutto molto controverso. Il biologo giapponese Hiromitsu Nakauchi ha ottenuto l’autorizzazione per tentare un esperimento nel quale tenterà di far sviluppare organi umani al’interno di organismi animali.

In molti paesi del mondo le ricerche in questa direzione sono state bandite da tempo perché considerate pratiche eticamente pericolose ma il Giappone ha ora ufficialmente sollevato il coperchio su questo vaso di Pandora, aprendo la strada a implicazioni preoccupanti. All’inizio di quest’anno, il Paese ha reso legale non solo il trapianto di embrioni ibridi in animali surrogati, ma ha anche autorizzato il portarli a termine, arrivare a farli nascere, insomma.

Nakauchi ha una grande esperienza nel settore, maturata con le sue ricerche all’università di Tokyo e di Stanford, dove ha inseguito il suo sogno di coltivare organi umani personalizzati in animali come pecore o maiali.

Con oltre 116.000 pazienti in lista di attesa per i trapianti nei soli Stati Uniti, Nakauchi spera che il suo lavoro possa un giorno salvare delle vite.

Chiaramente si tratta di un obbiettivo ancora molto lontano. “Non ci aspettiamo di creare immediatamente organi umani, ma questo ci consente di avanzare nella nostra ricerca sulla base del know-how che abbiamo acquisito fino a questo punto“, ha spiegato  Nakauchi  in un’intervista rilasciata al giornale The Asahi Shimbun.

L’obiettivo che si vuole raggiungere è quello di indurre l’embrione ad utilizzare le cellule staminali umane per produrre un pancreas e per i prossimi due anni il team prevede di osservare lo sviluppo e la crescita di questi roditori, monitorando attentamente i loro organi e cervelli nel processo. Solo allora i ricercatori chiederanno l’approvazione per fare lo stesso con i maiali.

Quello di creare embrioni ibridi umano-animale è un tentativo già effettuato in passato. Embrioni maiale-umano ed embrioni pecora-umano sono già stati realizzati ma non è mai stato loro permesso di svilupparsi.

Una delle più grandi paure con questo tipo di ricerca si concentra su dove queste cellule staminali umane vadano effettivamente in un animale e su quale tipo di cellule potrebbero svilupparsi, una volta iniettate.

Nakauchi e il suo team pensano di riuscire ad indirizzare le cellule staminali umane impiantate a produrre solo il pancreas negli animali coinvolti nel trattamento e, stando al protocollo sperimentale, se verranno rilevate nell’animale più del 30 percento di cellule umane nel cervello dei roditori, l’esperimento verrà sospeso. Questa è una delle condizioni poste dal governo giapponese per evitare che venga mai alla luce un animale “umanizzato”.

Nakauchi, tuttavia, non pensa che ciò accadrà. L’anno scorso, lui e i suoi colleghi di Stanford hanno realizzato con successo un embrione umano-pecora e, sebbene sia stato distrutto dopo soli 28 giorni, l’ibrido non conteneva organi e pochissime cellule umane, solo una su 10.000 o meno.

Stiamo cercando di garantire che le cellule umane contribuiscano solo alla generazione di determinati organi“, ha spiegato Nakauchi all’edizione invernale di Stanford Medicine’s Out There. “Con la generazione mirata di organi, non dobbiamo preoccuparci che le cellule umane si integrino dove non le vogliamo, quindi dovrebbero esserci molte meno preoccupazioni etiche“.

Lo scienziato giapponese sembra molto sicuro di sé ma è indubbio che il via libera a questo tipo di esperimenti sia molto controverso e destinato a scatenare forti discussioni sia in ambito scientifico che etico. L’unica certezza è che, come l’esperienza insegna, quando la scienza mette a punto una tecnologia diventa poi difficile porre dei limiti alle sue applicazioni, con conseguenze spesso imprevedibili.

Fonte: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28696005