sabato, Aprile 26, 2025
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Il divieto di essere donna

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di Fabiana Lanzi per Reccom Magazine

“Sabato parenti e amici verranno a casa mia per festeggiare la mia cicatrice”. A scrivere questa frase tremenda che suscita orrore è una bambina di sette anni, in un tema fatto in classe. Insospettita, la maestra di un istituto toscano, ha fatto intervenire la procura presso il tribunale dei minori di Firenze.  C’era infatti più di un sospetto che per la piccola fosse in calendario la terribile pratica dell’infibulazione.

Infibulazione

Per chi non lo sapesse, la MGF ( mutilazione genitale femminile) o infibulazione, è una grave mutilazione della donna. Consiste nell’asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione a cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale.

Il tutto praticato senza anestesia, in condizioni igieniche scarse, con piccoli coltelli, utensili affilati o pezzi di vetro. Con altissimi rischi di infezione.

I paesi in cui si pratica sono più di 40: Egitto, Senegal, parte della penisola Arabica, Asia sud orientale. Si è stimato che in Egitto, nonostante sia legalmente vietata, ancora oggi tra l’ 85% e il 95% delle donne abbia subito tale pratica. Per non parlare della Somalia, definita dall’antropologo Villeneuve “il paese delle donne cucite” dove la pratica è diffusa al 98% .

Due milioni di piccole vittime ( 6-7 anni) ogni anno, costrette a subire questa mutilazione in nome di una tradizione, per preservare l’illibatezza e spesso, per paura della stigma sociale e dell’emarginazione. Chi non è infibulata viene infatti vista e considerata come impura, non adatta al matrimonio.

Descrivere con pochi aggettivi le conseguenze fisiche e psicologiche che essa comporta, non è facile. Il corpo della donna diventa carne da macello, costrette a combattere a vita con dolori atroci, infezioni, problemi durante la gravidanza e il parto. Ogni piacere sessuale viene negato, il suo valore viene esclusivamente legato alla procreazione, l’atto sessuale diviene così, dalla prospettiva femminile, un dovere. L’infibulazione diviene dunque una “strategia vincente” in quanto permette di controllare la sessualità femminile da parte di una egemonia (culturale, tradizionale, religiosa, ecc.) maschile.

Il problema delle mutilazioni genitali femminili  va di certo considerato come un problema sanitario, ma non solo: vi sono di fondo delle convinzioni culturali, inculcate fin dall’infanzia, difficili da eliminare, anche evidenziando il dolore e i problemi futuri: una donna che ha subito una mutilazione genitale sa che fa male, lo sa sulla sua pelle, ma sa anche che quello è ciò che la sua cultura, la sua comunità, la sua famiglia le richiede e richiederà alle donne future.

Per questo credo fortemente che l’unica arma a nostra disposizione, per tentare di limitare il susseguirsi di tali pratiche, sia quello dell’informazione, del confronto, del dialogo e della crescita comune. È fondamentale formare chi ha quotidianamente a che fare con potenziali soggetti a rischio ( medici, volontari). Anche nel nostro paese, dove i dati raggiungono numeri allarmati, più di trentacinque mila bambine sono state sottoposte a mutilazioni e sono oltre tremila quelle a rischio, sopratutto nelle comunità migranti del Corno d’Africa, del Mali o dell’Egitto. Nonostante una legge in vigore dal 2006, punisca severamente tali pratiche, il più delle volte vengono eseguite illegalmente.

Oltre ad avere stabilito pene e sanzioni per  l’inosservanza della legge contro le mutilazioni genitali femminili, il nostro stato ha, però, il dovere di fare prevenzione e per fare ciò sarà fondamentale cercare un confronto anche con i futuri mariti e  padri di queste bambine, poiché nessuna madre rinuncerà ad assicurare un futuro alla propria figlia, finché esisteranno uomini che rifiuteranno la mutilazione genitale. È necessario far capire loro che, nonostante antiche tradizioni dettate da superstizioni e usanze derivanti da un passato oscuro, ogni caratteristica anatomica dell’uomo e della donna ha una precisa funzionalità. La modifica, specialmente nelle parti genitali, è dovuta esclusivamente a visioni culturali repressive e limitative.

Purtroppo, per realizzare tutto questo sarà sicuramente necessario un progetto a lungo termine che andrà condotto  nell’ambito di quelle comunità di migranti il cui substrato culturale è rimasto decisamente arretrato e ancora approva queste pratiche.Sarà anche appoggiare e proteggere quelle donne coraggiose capaci di liberarsi dai lacci delle loro stesse tradizioni cultural-religiose e reclamare il loro diritto ad essere donne complete.

lo scopo dovrà essere quello di insegnare ad ogni singola piccola donna che, esser nata tale, non è una colpa.

Il blog personale della scrittrice Fabiana Lanzi

Videosorveglianza: dimensione applicativa, criticità emergenti e cautele necessarie (parte I)

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Abbiamo analizzato nei precedenti articoli come i sistemi di videosorveglianza rappresentino una tra le misure di sicurezza – pubblica e privata – e controllo tra le più usate; ne è testimonianza, ad esempio, l’accento posto sull’uso di tali sistemi all’interno dei Protocolli e Patti per la sicurezza urbana.

Abbiamo osservato come venti anni fa la visibilità delle forze dell’ordine fosse considerata centrale, da parte dei cittadini, e come oggi i nuovi strumenti elettronici messi a disposizione dalle nuove tecnologie, invece, ci permettano di attuare servizi di sicurezza, osservazione e prevenzione esercitando un controllo di polizia tecnologicamente a distanza, piuttosto che fisicamente in presenza.

L’esponenziale crescita della videosorveglianza permette oggi alle istituzioni preposte alla sicurezza pubblica un monitoraggio puntuale del luogo del disordine, o del reato, tenendo costantemente sotto controllo la situazione, pur non essendo presenti umanamente.

Di contro però, non c’è stato l’effetto deterrente sperato, o il risultato più atteso, motivo per cui erano stati inizialmente pensati tali sistemi; infatti il lavoro di tesi ha messo in risalto, piuttosto, come tali sistemi di raccolta dati si siano rivelati molto più determinanti nelle analisi investigative post evento (riconoscimenti dei responsabili a posteriori, ricostruzione temporale dei fatti delittuosi o di pericolo, etc), anziché come vero e proprio strumento tipicamente preventivo.

Si è analizzato come la sfera della riservatezza individuale, i dati personali trattati di ogni singolo cittadino, possano essere compromessi dall’invasività creata dalle innovative tecnologie video, dagli usi non conformi utilizzati nelle attività di sicurezza, che si sono dimostrati di forte e negativo impatto della sfera privacy.

Analisi condotta partendo dai principi cardini della materia: la privacy by design e by default, il privacy impact assessment, l’accountability, l’analisi dei rischi, tutti assiomi introdotti dal nuovo Regolamento UE 2016/679 a protezione del corretto, e non eccedente, trattamento dei dati personali.

Un Regolamento che prevede specifiche prescrizioni, a differenza della Direttiva 95/46/CE (cd “direttiva madre”), circa le modalità di analisi del rischio ed il ruolo assunto sia dal titolare del trattamento dei dati che dalle autorità di controllo preposte, e a fronte di tale progresso normativo, ci siamo chiesti: ma tutto questo sarà sufficiente?

È davvero soddisfacente una trasformazione prescrittiva per rendere un Regolamento (presente già nel perimetro concettuale delineato all’interno della direttiva, ovvero, centralità dell’interessato, principio di finalità, minimizzazione, etc) conforme a rispondere alle nuove minacce, ai rischi posti in gioco dal nuovo modello di trattamento dati per mezzo di sistemi video basati su performanti algoritmi matematici, sviluppati nei software di analisi video?

Quello che è sembrato mancare, come garanzia, sono gli specifici strumenti per valutare e tenere in debita considerazione le possibili conseguenze etiche, sociali sui modelli di trattamento e sulla tutela dei dati.

L’approccio basato sulla prevenzione del rischio, scelto dal legislatore nel nuovo Regolamento, appare decisamente distante dall’idea di una valutazione molteplice dei rischi correlati nell’uso dei dati video raccolti dai sistemi di videosorveglianza.

Un timido supporto normativo, in tal senso, lo si può ritrovare all’interno del considerando 75, dove tra i tanti, viene riconosciuto che i rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche possono anche consistere in danni fisici… effetti discriminatori… o di danno sociale significativo; linearmente ai principi tipici dell’analisi dei rischi, secondo il considerando 84, l’obbligo di adottare misure atte a mitigare il rischio è sempre valutato alla luce  della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione.

Ma tali parametri, presenti anche nelle disposizioni in materia di sicurezza (art. 32 e considerando 83) e data protection by design (art. 25 e considerandi 75-78), costituiscono un elemento importante per attuare il principio di proporzionalità nell’insieme della gestione del rischio, e sulle misure di protezione da adottare alla luce del nuovo Regolamento, che supererà l’inadeguatezza di un modello di analisi obsoleto alle nuove tecnologie e tipologie di minaccia, contenuto nell’allegato B del Codice.

Nella seconda parte del lavoro è stato approfondito come nel campo della sicurezza, pubblica e privata, nella sfera della protezione privacy, il fenomeno sociale ed etico della videosorveglianza rappresenti due tendenze contrastanti tra loro: la tendenza della sicurezza “ad ogni costo”, contro quella della riservatezza personale “nonostante tutto”, analizzando come si sia passati da tecnologie (hardware e software) tipicamente analogiche, limitate tecnicamente a registrare tutto e comunque, a tecnologie digitali con la capacità di apprendere (hardware) secondo metodi deduttivi (software), e una potenzialità di acquisizione dei dati mediante il principio del solo quelli necessari.

Ora, a latere di un interesse di carattere generale, come viene definita la pubblica sicurezza e la sicurezza urbana, ne resiste uno diverso, contrapposto e fondamentale: la riservatezza delle persone, declinata, come si è analizzato, in diverse forme, che vanno dal diritto alla privacy, alla tutela dei dati personali del privato cittadino.

L’obiettivo perseguito dai sistemi di videosorveglianza (installati da soggetti pubblici o privati) è quello del contenimento dei fenomeni criminali, sia mediante l’azione repressiva (individuazione degli autori dei reati) sia preventiva (effetto deterrenza): la teoria sociologica delle cd opportunità criminali rappresenta proprio la finalità della deterrenza, secondo cui l’azione criminale può essere prevenuta riducendo l’opportunità di delinquere.

È proprio la necessità di equilibrare queste tendenza tipica della videosorveglianza, quella di far convivere le necessità di sicurezza, da una parte, e la tutela dei diritti degli interessati dall’altra, che obbligò il Garante a disciplinare la materia pubblicando, a partire dal 2000, ben tre diversi decaloghi/provvedimenti generali (anni 2000, 2004, 2010) di settore – più tutta una serie documentale prescrittiva, specifica e complementare – che esamineremo, a conclusione di questa panoramica, in un successivo articolo.

Articolo a cura di Giovanni Villarosa.

Articolo originariamente pubblicato su safetysecuritymagazine.com e ripubblicato con il permesso dell’autore.

Settimana del Black Friday: le migliori offerte su Amazon

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Il Black Friday è ormai vicinissimo ma già negozi e siti di e-commerce ci stanno bombardando di offerte e promozioni, inevitabili per evitare che il commercio di fermi completamente in attesa del mitico venerdì nero.

È il caso di Amazon, dove troviamo moltissime offerte a prezzi ottimi che, letteralmente, anticipano quelle di venerdì. La maggior parte di queste offerte sono a tempo o a esaurimento scorte, quindi aspettare che scatti il fatidico 29 novembre potrebbe essere controproducente nel caso di prodotti particolarmente interessanti.

Oggi, proviamo a presentarvi una piccola selezione di offerte a nostro parere particolarmente interessanti.

Il primo prodotto che vi segnaliamo è l’ormai noto Echo Dot (3ª generazione) – Altoparlante intelligente con integrazione Alexa – Tessuto antracite.

Si tratta di un gadget che durante questo 2019 è già entrato in moltissime case proprio per la sua versatilità nello svolgere moltissime funzioni.

Echo dot mini

  • Ti presentiamo Echo Dot – Il nostro altoparlante intelligente più venduto, con un rivestimento in tessuto, che si adatta perfettamente anche agli spazi più piccoli.
  • Controlla la musica con la tua voce – Ascolta brani in streaming da Amazon Music, Apple Music, Spotify, TuneIn e altri servizi musicali. Con Audible puoi anche ascoltare i tuoi audiolibri preferiti.
  • Audio più ricco e potente – Associalo a un altro Echo Dot (3ª generazione) per un audio stereo potente. Per riempire di musica casa tua, puoi usare più dispositivi Echo compatibili in varie stanze.
  • Sempre pronta ad aiutarti – Chiedi ad Alexa di riprodurre musica, rispondere a domande, leggerti le ultime notizie, darti le previsioni del tempo, impostare sveglie, controllare dispositivi per Casa Intelligente compatibili e molto altro.
  • Resta sempre in contatto con gli altri – Chiama e invia messaggi senza dover usare le mani a chiunque possieda un dispositivo Echo, l’App Alexa o Skype. Con la funzione Drop In, puoi anche chiamare immediatamente un dispositivo Echo compatibile che si trova in un’altra stanza.
  • Personalizza Alexa con le Skill – Grazie alle centinaia di Skill disponibili, Alexa diventa sempre più intelligente e nuove funzionalità e Skill vengono aggiunte costantemente. Usale per monitorare i tuoi allenamenti, giocare e molto altro.
  • Controlla i dispositivi per Casa Intelligente con la voce – Usa la tua voce per accendere la luce, regolare un termostato e controllare altri dispositivi compatibili.
  • Progettato per tutelare la tua privacy – Echo è stato progettato con diversi elementi per la protezione e il controllo della privacy, tra cui un apposito pulsante per disattivare i microfoni.

Attualmente è in offerta a 19,99 euro contro i consueti 59,99 e difficilmente verrà proposto ad un prezzo ancora più basso il prossimo venerdì. Un’ottima occasione per iniziare la transizione della propria casa verso una versione smart in cui potrai gestire luci, elettrodomestici, telefonia ed informazione solo con la voce.

Chi acquista un Echo dot non può fare a meno di associare a questo dispositivo prese e lampade con le quali gestire a voce accensione, spegnimento, colore e intensità delle luci, è per questo che vi segnaliamo questa TP-Link Presa Wi-Fi HS100, Smart Plug Compatibile con Alexa e Google Home.

presa smart wi fi

  • Home smart plug permette di accendere e spegnere gli elettrodomestici dovunque ci si trovi tramite l’app kasa per terminali ios e android
  • Modalità away (fuori casa) permette l’accensione e lo spegnimento dei dispositivi collegati ad orari pianificati
  • Controllo remoto degli apparati connessi, pianificazione e timer
  • Evita i consumi elettrici non necessari e risparmia energia ed efficienza
  • Facile installazione e utilizzo; collega lo smart plug alla tua rete wi-fi e inizia a controllare elettrodomestici e luci

In vendita in promozione Black Friday a 19,99 euro contro i normali 25,90.

Per gli appassionati dei videogiochi, invece, c’è un’occasione imperdibile: Xbox One S 1TB All Digital Edition Console + 1 Mese Xbox Live Gold + 3 Digital Games Inclusi (Sea of Thieves, Minecraft, Fortnite Legendary Evolving Skin & 2000 V-Bucks).

X-Box one

  • – console Xbox One S (1TB) all Digital – senza unità dvd-blueray- controller wireless – cavo HDMI- cavo di alimentazione
  • – 1 mese di abbonamento a Xbox Live Gold – 3 Digital Games inclusi (Sea of Thieves, Minecraft, fortnite legendary evolving skin & 2000 V-Bucks)

In vendita a 128,99 euro, contro i normali 229,99.

 

Ancora per gli appassionati di videogiochi, particolarmente interessante è la proposta sul casco per realtà virtuale Oculus Rift S PC-Powered VR.

Oculus rift casco per realtà virtuale

  • La migliore libreria di giochi di realtà virtuale: esplora, taglia e scala la tua libreria di giochi di realtà virtuale.
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  • Design ergonomico: Mantieni la testa nel gioco grazie a una fascia a halo ridisegnata con la massima velocità. Rift S rimane saldamente e comodamente in posizione con una rapida rotazione della ruota in forma, in modo che possa prendere, o raddoppiare, le tue reazioni più veloci
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  • Sistema operativo: Windows 10

 

Concludiamo questa breve rassegna con questi interessanti Auricolari Bluetooth Sport HolyHigh Bluetooth 5.0 Cuffie Senza Fili IPX7 Impermeabili 6+30H Riproduzione Auto-On Auto Pairing Cancellazione di Rumore Siri Stereo con Mic, per iOS Android.

 

Auricolari blue tooth

In offerta Black friday a 29,99 euro contro i normali 39,99.

  • 【L’ultimo Accoppiamento Automatico & Connessione Automatica】Aprire la custodia di ricarica, poi le cuffie sinistra e destra si accenderanno e si accoppieranno automaticamente. Si riconnetteranno automaticamente con l’ultimo dispositivo connesso, in modo da poter ascoltare facilmente la musica estraendoli dalla custodia di ricarica, senza alcuna operazione complicata. Passaggi più semplificati sono pensati per la tua migliore esperienza.
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  • 【6+30H Playtime Prolungato】 Siamo sempre impegnati nell’innovazione tecnologica per soddisfare la tua richiesta di lunga durata della batteria. Un singolo auricolare Bluetooth può funzionare fino a 6 ore con una singola carica, il 50% in più rispetto alla normale durata della batteria 4 ore sul mercato. La custodia di ricarica portatile può caricare gli auricolari 5-6 volte per prolungare la riproduzione di 30 ore.
  • 【Impermeabile IPX7 Rinforzato】 Rispetto a IPX5 (resistere solo a spruzzi d’acqua a bassa pressione prolungati) o IPX6 (resistere solo a spruzzi d’acqua ad alta pressione e pesanti), le nostre cuffie wireless sono appositamente progettate per gli appassionati di sport con funzionalità impermeabile IPX7 aggiornata , il che significa che le cuffie possono essere immerse fino a 1 m in acqua per 30 minuti, senza timore di alcun ambiente sportivo o meteo.
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La denuncia dei terrapiattisti a convegno: “La Terra è piatta ed i poteri forti lo nascondono”

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I Terrapiattisti si sono riuniti a congresso in quel di Milano il 24 novembre scorso per denunciare nuovamente che misteriosi poteri occulti negano che la Terra sia piatta.

Il congresso si è svolto regolarmente, nonostante i poteri forti, con un biglietto di ingresso di 25 euro che ha dato modo ai “fortunati” partecipanti di ascoltare i quattro relatori che si sono alternati a partire dalle 9 del mattino. Tra gli argomenti trattati, per chi non lo sapesse, la distanza del Sole dalla Terra, di appena 5.000 chilometri a detta dei terrapiattisti e le missioni lunari portate a termine dalla NASA 50 anni fa che ovviamente sarebbero false.

Qualcuno ora si rivolgerà ai Terrapiattisti con indignazione sostenendo che si vorrebbe tornare al medioevo. Ma vogliamo sottolineare, ancora una volta, che nemmeno nel medioevo si difendevano teorie così bislacche, perché già ai tempi di Cristoforo Colombo, il grande navigatore genovese, si era a conoscenza della sfericità della Terra, dimostrata sia da Pitagora che da altri matematici greci nel VI secolo a.C.

Basterebbe infatti Erastotene per dare il colpo di grazia agli amici terrapiattisti. Il grande matematico e pensatore greco, oltre 2000 anni fa, calcolò con grande precisione la circonferenza del nostro pianeta che è indiscutibilmente sferoidale.

I terrapiattisti, nonostante oggi si dipenda in tutto e per tutto dalla tecnologia e dalla scienza, continuano a demonizzare quest’ultima indicandola come falsa e asservita ai famosi poteri forti.

Purtroppo, come ben sappiamo, i terrapiattisti non sono i soli a farlo. Sono infatti in buona compagnia nel vasto panorama complottista, in cui non mancano coloro che sostengono la cospirazione delle scie chimiche (che da decenni vedrebbe i soliti poteri forti, in complicità con gli stati, impegnati a ridurre la popolazione mondiale. Con scarso successo, evidentemente) e i sostenitori della cospirazione aliena, che individua negli UFO il segno che gruppi di alieni stiano controllando silenziosamente le nazioni con lo scopo di asservire gli esseri umani. Per non parlare poi di quella pericolosa frangia di persone che vedono nella scienza medica il modo con cui “Big Pharma” lucra sulle malattie, nascondendo cure efficaci e propinandone ai malati altre, che hanno lo scopo di tenerli malati per guadagnare sempre di più.

Non sappiamo cosa porti a diventare complottisti, anche perché si può dubitare di un fatto e ritenerlo un complotto, ma non credere a tutti i presunti complotti a prescindere. Infatti è insito nella nostra natura dubitare di una o più persone, o in generale di ciò che non comprendiamo. Questo infatti, secondo la professoressa Karen Douglas, psicologa sociale all’Università del Kent, può dare dei vantaggi in termini evoluzionistici (ma per molti complottisti, l’evoluzione secondo Darwin è un’altra cospirazione dei poteri forti, atta a nascondere il fatto che siamo stati creati da una divinità o da alieni che anticamente avrebbero modificato geneticamente i nostri antenati).

Si è cercato di capire cosa porta le persone ad abbracciare e credere acriticamente alle teorie cospirazioniste e si sono stabilite alcune parziali evidenze: un basso livello di istruzione, sentirsi speciali, unici e in possesso di una scomoda verità da condividere con pochi eletti, il senso di impotenza che ci fa sembrare schiavi di forze incontrollabili, il bisogno di avere certezze.

Forse non spiegano tutto, ma questi pochi punti possono, in un certo senso, aiutarci a tracciare il profilo di un complottista, ma non ci dicono come affrontare la diffusione del cospirazionismo che sembra un’onda inarrestabile.

Ma torniamo ai terrapiattisti.

Una delle affermazioni più singolari sentite durante il surreale convegno è che la Terra è piatta perché così l’avrebbero costruita presunti alieni. Il Sole sarebbe poco più di una lampadina posta a 5000 chilometri di altezza, così come la Luna, e l’atmosfera sarebbe trattenuta da una cupola che racchiuderebbe la Terra piatta.

I cosiddetti “Poteri Forti” o “Occulti” starebbero cercando di negare la veridicità della Bibbia attraverso la ‘dottrina luciferina’ della scienza.

Albino Galoppini, ideologo del movimento italiano dei terrapiattisti, sostiene che “Il sole compie un’orbita a spirale che determina l’alternarsi delle stagioni. La Terra è stata creata piatta, da Dio o dagli alieni, ma è piatta. Il modello eliocentrico secondo cui la Terra è sferica non funziona, non può essere reale, lo dimostrano le rotte aeree“.

La teoria di Galoppini ha una spiegazione per tutto, persino quando gli chiediamo cosa ci sarebbe ai confini della Terra se fosse davvero piatta: “Sicuramente qualcosa c’è – spiega – ma i poteri occulti ci impediscono di andare ai confini del pianeta per cui non lo possiamo verificare. C’è chi pensa che esista un piano infinito e che oltre i confini della Terra inizino altre dimensioni, altri mondi”.

Sono cristiano” continua Galoppini, sedicente studioso di non si sa quale disciplina, “ma comunque anche la chiesa è un’emanazione dei poteri forti. Credo che la dottrina luciferina che vuole negare le verità contenute nella Bibbia si manifesti anche nel pensiero di gente come la Bonino e Pannella, massoni che attraverso il pensiero progressista di sinistra propagandano cose come l’aborto, la dolce morte e la legalizzazione delle droghe“.

Abbiamo già spiegato in diversi articoli precedenti come e perché la Terra non può essere piatta e descritto cosa accadrebbe se lo fosse ed è inutile tornarci sopra. Chi avesse la curiosità può consultare i vari articoli, a cominciare da questo.

Forse smentire i terrapiattisti è inutile, molti di loro rimarranno arroccati a difesa delle loro certezze e contrastarli potrebbe avere lo stesso effetto di Ercole che scagliava a terra Anteo che essendone il figlio ne traeva forza.

L’unico suggerimento che possiamo dare a Galoppini ed ai suoi seguaci è quello di prenotare uno dei voli turistici suborbitali che presto inizieranno a partire dallo spazioporto italiano di Taranto-Grottaglie, gestito dall’ASI e da Virgin Galactic: a 100 chilometri di altezza il fatto che la Terra sia uno sferoide diventa indubitabile.

Effetti del vento solare

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La velocità del vento di un devastante uragano di categoria 5 può superare i 241 km/ora. Ora immagina un altro tipo di vento con una velocità media di 1,4 milioni di km/ora). È quel vento generato dal nostro Sole che spazza il nostro sistema solare fino a quando non raggiunge il limite dell’eliosfera: il vento solare.

La corona, quell’alone luminoso che possiamo vedere circondare la Luna durante un’eclisse di Sole è l’atmosfera interiore del sole da cui parte il vento solare. In questo momento, la sonda solare Parker, una missione della NASA lanciata nel 2018, sta orbitando intorno al sole e si avvicinerà fino a 6,16 milioni di km dalla superficie del sole.

La sonda Parker sta raccogliendo nuovi dati sulle particelle solari e sui campi magnetici che compongono il vento solare. Più specificamente, due dei suoi obiettivi principali sono esaminare l’energia che riscalda la corona, accelera il vento solare e ne determina la struttura dei campi magnetici.

Molte teorie descrivono la storia del vento solare ma questo è quello che sappiamo: il vento solare che colpisce la magnetosfera terrestre è responsabile dell’innesco delle aurore che si vedono tipicamente in luoghi vicini ai nostri poli nord e sud. In alcuni casi può anche scatenare tempeste meteorologiche spaziali in grado di disturbare e interrompere le comunicazioni, i satelliti e tutte le apparecchiature elettroniche e perfino le reti elettriche di alimentazione.

Nicky Fox è il direttore della divisione di eliofisica presso la sede della NASA. Spiega più in dettaglio in che modo il vento solare sconvolge la nostra magnetosfera: “Mentre il vento fluisce verso la Terra, porta con sé il campo magnetico del sole. Si muove molto velocemente, quindi colpisce direttamente il campo magnetico terrestre. Il colpo provoca uno shock alla nostra protezione magnetica, cosa che può provocare turbolenze più o meno forti“.

La NASA ha anche un’altra ragione per studiare il vento solare e le sue proprietà: il vento solare fa parte di un sistema meteorologico spaziale più ampio che può influenzare gli astronauti e la tecnologia.

Come osserva Fox: “Non dobbiamo solo garantire che i nostri astronauti siano protetti dagli effetti dannosi delle radiazioni. Dobbiamo anche proteggere le nostre attrezzature. Quindi, abbiamo già scoperto che l’alluminio è un buon scudo per proteggere le nostre navi spaziali da molte particelle energeticamente cariche, ma ci sono anche particelle più veloci che viaggiano all’80% della velocità della luce, che superano la protezione e possono danneggiare parti di un veicolo spaziale. Possono urtare e danneggiare i pannelli solari, interrompere l’elettronica o influenzare le correnti elettriche che scorrono lungo le reti elettriche. Attualmente stiamo conducendo test con piccoli pezzi di tecnologia per studiare quanto possono sopravvivere in aree attraversate da radiazioni intense“.

Saperne di più sugli effetti del vento solare non è importante solo per quelli di noi che vivono sulla Terra. Sarà fondamentale sapere come mitigare i suoi effetti una volta che i nostri astronauti torneranno sulla Luna e oltre per lunghi periodi di tempo.

Fox conclude: “La mia sensazione è che se il Sole starnutisce, la Terra prende un raffreddore, perché è proprio il vento solare a farci sentire l’impatto di ciò che accade sul Sole“.

Fonte: Phys.org

Nuovo tipo di sistema stellare? Un misterioso segnale radio confonde gli astronomi

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Di Laura Nicole Driessen – Dottoranda in Radio Astronomia, Università di Manchester

Dopo aver osservato una parte del cielo vicino alla Costellazione del Sud di Ara per circa due mesi usando il MeerKAT, un radiotelescopio con base nel deserto del Karoo in Sudafrica, il nostro team di scienziati ha notato qualcosa di strano. L’emissione radio di un oggetto si è illuminata di un fattore tre in circa tre settimane.

Incuriositi, abbiamo continuato a guardare l’oggetto e lo abbiamo seguito con le osservazioni di altri telescopi. Abbiamo scoperto che il bagliore insolito proveniva da un sistema binario di stelle – due stelle in orbita l’una attorno all’altra – nella nostra galassia. La scoperta, pubblicata nelle comunicazioni mensili della Royal Astronomical Society, si è tuttavia rivelata molto difficile da spiegare.

Questa è la prima scoperta di MeerKAT di una “fonte transitoria” – un oggetto che non è costante, cioè che sta subendo un cambiamento significativo nella luminosità, un aumento o un calo. Dato il nome accattivante “MKT J170456.2-482100“, è stato trovato nel primo campo osservato con il telescopio, il che significa che è probabilmente solo il primo di molti transitori in attesa di essere scoperti.

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Emissione radio rilevata durante la misurazione, con il bagliore cerchiato. Immagine fornita dall’autore.

Per capire meglio cosa abbiamo scoperto, abbiamo iniziato abbinando la nostra fonte con la posizione di una stella, chiamata TYC 8332-2529-1, a circa 1.800 anni luce dalla Terra. Poiché questa stella ha una luminosità relativa, abbiamo immaginato che un certo numero di diversi telescopi ottici – che rilevano la luce visibile anziché le onde radio – dovrebbero aver già osservato questa stella in passato.

Fortunatamente, avevamo ragione e questo ci ha permesso di utilizzare quei dati per scoprire di più sulla stella. È una gigante, grande circa due volte e mezzo la massa del Sole. Alcuni dei telescopi ottici, tra cui ASASKELT e ASAS-SN, ci hanno fornito oltre 18 anni di osservazioni sulla stella. Questi ci hanno aiutato a scoprire che la luminosità della stella cambia con un periodo di 21 giorni.

Pensiamo che ciò sia dovuto al fatto che la stella genera macchie sulla sua superficie, proprio come il Sole, solo più grandi.

Abbiamo usato il telescopio SALT per ottenere gli spettri ottici della stella, un po’ come usare un prisma per dividere la luce bianca nelle sue lunghezze d’onda costituenti.

Questo sistema può essere usato per determinare gli elementi chimici presenti nella stella, nonché la presenza di un campo magnetico. Inoltre, permette agli scienziati di dire se una stella si sta muovendo, poiché il movimento provoca lo spostamento di queste linee spettrali (spostamento Doppler).

Gli spettri hanno rivelato che la stella ha un campo magnetico e che orbita attorno a una stella compagna ogni 21 giorni.

Tuttavia, nelle nostre osservazioni finora abbiamo potuto vedere solo una firma molto debole e possibile della stella compagna. Questo ci dice che il compagno deve essere molto più debole della stella gigante. Abbiamo anche scoperto, tuttavia, che è probabile che il compagno abbia almeno 1,5 volte la massa del Sole.

Quindi, cosa potrebbe essere il compagno?

Una nana bianca (una stella fredda e morta) può sembrare probabile, poiché spesso fanno parte di sistemi binari di stelle come questo. Tuttavia, la maggior parte delle nane bianche ha una massa inferiore rispetto al compagno che abbiamo individuato, con una massa massima di 1,6 volte la massa del Sole. Quindi è improbabile che sia una stella di questo tipo.

A questo punto, il bagliore radio potrebbe essere causato dall’attività magnetica della stella gigante, simile ai flares solari ma molto più luminosi ed energici. Tuttavia, tali eventi sono generalmente osservati su stelle nane piuttosto che su stelle giganti.

Tra i sistemi stellari noti, quelli che coinvolgono una stella gigante e una stella simile al Sole potrebbero spiegare i risultati – con l’attività magnetica della stella gigante che provoca i flares. Tuttavia, ciò non si adatta, in quanto non vi è alcun segno negli spettri che il compagno binario sia in realtà una stella simile al Sole.

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Radiotelescopio MeerKAT. wikipedia , CC BY-SA

Ben Stappers, investigatore principale del MeerTRAP, uno dei team che lavorano al progett, ha affermato che, poiché le proprietà del sistema non si adattano facilmente alla nostra attuale conoscenza delle stelle binarie o flaring, “potrebbe rappresentare una classe sorgente completamente nuova“.

Sospettiamo che questo potrebbe essere una sorta di sistema esotico che non abbiamo mai visto prima che coinvolge una stella gigante che fa da sorgente radio che orbita attorno a una stella di neutroni (il residuo denso di un’esplosione di una stella di una supernova) o un buco nero.

Il MeerKAT continuerà ad osservare questa fonte ogni settimana per i prossimi quattro anni, con il telescopio ottico ASAS-SN che continuerà ad osservare la stella gigante. Ciò significa che saremo in grado di esplorare la fisica e la natura di questa fonte e dei suoi chiarori per molti anni a venire.

Questo ci parlerà delle dinamiche di questo sistema, di come avvengono i flares e, alla fine, ci aiuterà a indagare su come si è formato.

Mentre MeerKAT continua a cercare nel cielo, speriamo che questa sia la prima di molte nuove e insolite fonti in attesa di essere scoperte.

Fonte: The Conversation

Bufale: il gigante australiano

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Su internet sarete certamente incappati più di una volta nelle più straordinarie quanto improbabili notizie di ritrovamenti di scheletri  umani giganteschi, e l’ultimo presunto ritrovamento risale al luglio 2015, quando il sito Web World News Daily Report ha pubblicato un articolo su uno scheletro umano alto oltre 5 metri scoperto in Australia.

Molti appassionati di misteri e miti avranno certamente fatto un salto sulla sedia apprendendo la notizia che, tuttavia, non è comparsa su nessuna testata scientifica.  La notizia infatti è falsa in quanto il sito che la ha proposta ha anche inventato di sana pianta la storia che possiamo definire “acchiappa click”.

Ma vediamo come la storia del ritrovamento è stata confezionata e data in pasto alla rete:

Il gigantesco esemplare ominide dall’incredibile altezza di 5,3 metri è stato scoperto vicino alle antiche rovine dell’unica civiltà megalitica mai scoperta in Australia, il che rende la scoperta ancora più sconcertante, ammette il professor Hans Zimmer dell’Università di Adelaide.

La scoperta del sito archeologico di Uluru lo scorso anno ci ha già sorpreso, ma questa nuova scoperta è semplicemente sbalorditiva” ammette, visibilmente sbalordito.

Teoricamente, un ominide alto cinque metri non può esistere. Come è potuto succedere? Com’è possibile. Sebbene questa scoperta sia affascinante, ci rimangono più domande che risposte” ammette.

La notizia, confezionata da un noto sito Web di intrattenimento – contiene una dichiarazione di non responsabilità che spiega che tutto il suo contenuto è “interamente immaginario” e di natura satirica, il testo e le fotografie, però, hanno continuato a diffondersi online grazie a terzi.

Snopes.com infatti spiega come nel 2017, i contenuti di WNDR sono stati riconfezionati in un video dalla pagina YouTubeUFOmania – La verità è là fuori“. Un anno dopo, il sito web ScienceVibe ha proposto questi contenuti come se fossero una vera notizia. Nel giugno 2019, la storia dello scheletro del gigante è diventata nuovamente virale dopo essere stata condiviso dalla pagina Facebook Historistic.

gigante

Le immagini quindi non mostrano i resti di un gigante alto 5 metri, le foto, scattate in Francia e non in Australia, risalgono al novembre del 2012 e in realtà mostrano un archeologo che scava i resti di un mammut lanoso trovato in un sito nei pressi di Parigi.

La foto principale presente nell’articolo WNDR la trovate su Reuters insieme alla didascalia:

Un archeologo francese dell’Istituto nazionale francese di ricerca archeologica preventiva (INRAP) lavora per completare lo scavo di resti di uno scheletro di mammut lanoso conservato, soprannominato “Helmut” dal team di scavo e stimato tra 125.000 e 200.000 anni fa, a un sito di cava a Changis-sur-Marne, a est di Parigi, 8 novembre 2012. Gli archeologi francesi hanno scoperto uno scheletro raro e quasi completo di un mammut nella campagna vicino a Parigi, insieme a piccoli frammenti di strumenti di selce che suggeriscono che la carcassa potrebbe avere stato tagliato da cacciatori preistorici. Gli archeologi affermano che se questa ipotesi fosse confermata, la loro scoperta sarebbe la prova più chiara in assoluto dell’interazione tra mammut e antichi uomini delle caverne in questa parte d’Europa. REUTERS / Benoit Tessier (FRANCIA – Tag: SOCIETY SCIENCE TECHNOLOGY)

La seconda fotografia mostra lo stesso scheletro di mammut lanoso. Quella foto è stata scattata da Denis Gliksman dell’Institut national de recherches archéologiques préventives (INRAP) ed è disponibile sul sito web francese Sciences et Avenir.

Le immagini non mostrano nessuno scheletro umano alto 5 metri ritrovato in Australia, mostrano in realtà uno scheletro di mammut lanoso di circa 150.000 anni, soprannominato “Helmut“, scoperto in un sito nei pressi di Parigi nel 2012.

Fonte: https://www.snopes.com/fact-check/5-meter-tall-human-skeleton/

Il paradosso di Oumuamua

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Il fisico britannico Stephen Wolfram pensa che la vita intelligente extraterrestre sia inevitabile, ma con un avvertimento.

Sebbene la vita intelligente sia inevitabile, non la troveremo mai, almeno non cercando nella Via Lattea.

Wolfram sottolinea che al fine di comprimere sempre più informazioni nei nostri segnali di comunicazione, siano essi conversazioni di telefonia mobile o trasmissione di dati, rimuoviamo ogni ridondanza o schema dai nostri segnali. Se qualcosa in un segnale si ripete, allora può essere cancellato. Ma questo processo di rimozione di qualsiasi modello da un segnale rende il segnale sempre più casuale, sempre più simile al “rumore” radio casuale che arriva sulla Terra proveniente dallo spazio.

Secondo Wolfram, se qualcuno trasmettesse dallo spazio i nostri segnali di comunicazione del 21° secolo, avremmo molti problemi a determinare se fossero artificiali o naturali. Quindi, che possibilità abbiamo di distinguere una comunicazione ET dallo sfondo radio statico generale del cosmo?

Insomma, Wolfram ci propone una vera e propria risposta al Paradosso di Fermi.

Nella sua opera A New Kind of Science, Wolfram, suggerisce che, per ragioni simili a questa, l’intelligenza extraterrestre sia inevitabilmente difficile da definire e riconoscere Di solito si presume che rilevare segnali extraterrestri trasmessi secondo un sofisticato sistema matematico fornirebbe prove dell’intelligenza extraterrestre“, scrive. “Ma in “A New Kind of Science” dimostriamo che tale calcolo può effettivamente essere prodotto da regole di base molto semplici, del tipo che possono verificarsi in semplici sistemi fisici con nulla di simile a ciò che normalmente consideriamo intelligenza. Il risultato è una nuova visione del carattere dell’intelligenza e una raccolta di idee sulla natura dello scopo e il suo riconoscimento nelle estrapolazioni estreme della tecnologia“.

Il paradosso di Oumuamua

Come ha suggerito Avi Loeb di Harvard su Oumuamua, il primo oggetto interstellare noto ad essere rilevato mentre attraversava il Sistema Solare, nell’ottobre del 2017, gli artefatti Alieni potrebbero assomigliare molto ad un artefatto naturale.

Loeb fece notizia in tutto il mondo nel 2018 quando suggerì che Oumuamua, con la sua forma oblunga estrema fino a 10 volte la sua larghezza, potrebbe in realtà essere un’astronave aliena.

Un’analisi della sua traiettoria suggerisce che l’oggetto è arrivato da un posto molto al di là del sistema solare, da qualche parte nella costellazione della Lira, dirigendosi verso la costellazione di Pegaso.

Gli astronomi di tutto il mondo hanno tentato di analizzare l’oggetto tramite segnali radio per vedere se potevano determinare di cosa si trattasse. Era un frammento di un antico asteroide, una strana cometa? O era qualcos’altro?

Una possibilità, suggerisce Loeb, che non è più speculativa dell’esistenza dell’energia oscura o della materia oscura.

È facile distinguere un artefatto tecnologico come un’auto da un oggetto naturale come un albero. L’albero è molto più complicato.

Ma, afferma Wolfram, “questo succede semplicemente perché i nostri manufatti tecnologici sono ancora primitivi. Man mano che diventeranno più complessi – con processori che consentiranno loro di prendere decisioni momento per momento – inizieranno a sembrare complessi come alberi, persone e stelle”.

Abbiamo scarse possibilità, egli suggerisce, di distinguere un artefatto ET da un oggetto celeste naturale.

Se Wolfram ha ragione e gli ET sono là fuori ma non siamo in grado di riconoscerli – né nelle loro comunicazioni né nei loro artefatti – allora, ovviamente, potrebbero già essere qui nel Sistema Solare e non li riusciremmo a notare.

L’universo computazionale

Secondo Wolfram, tutto nell’Universo è il prodotto di un programma per computer. In effetti, immagina un cyber-universo astratto di tutti i programmi per computer immaginabili, dal più semplice al più complesso. Questo “universo computazionale” contiene di tutto, dal sistema operativo Apple Macintosh a un programma per creare un’astronave più veloce della luce.

Wolfram crede di aver trovato il grande segreto della natura: il modo in cui genera la complessità del mondo, tutto, da un rododendro a un albero a una galassia a spirale sbarrata applicando ripetutamente semplici regole come semplici programmi per computer.

Wolfram giunse a questa straordinaria conclusione nei primi anni ’80 quando scoprì che il tipo più semplice di programma per computer – noto come automa cellulare – può generare infinita complessità se il suo output viene ripetutamente inserito come input.

Il grande segreto della natura

Wolfram ritiene di aver trovato prove del fatto che il tipo di programma per computer che produce una complessità infinita può essere implementato “non solo in sistemi di molecole biologiche ma in tutti i tipi di sistemi fisici – nuvole di gas caotici, sistemi di particelle subatomiche e così via”. Conclude che la vita in tutto l’Universo – sebbene sicuramente non la vita come la conosciamo – nascerà spontaneamente. È una caratteristica fondamentale della materia.

L’esistenza di questo universo computazionale è un fatto cruciale. Ma la realtà è che sarebbe più facile ed efficiente per una civiltà ET rimanere a casa e usare un computer per cercare nell’universo computazionale programmi utili piuttosto che cercare di ottenere le stesse informazioni cercando gli ET con cui parlare tra le centinaia di miliardi di stelle nella Via Lattea. “È un semplice gioco di numeri“, afferma Wolfram.

Tutto è generato dal programma per computer “e questo include te e me“, afferma Wolfram. “Qualcuno a metà della galassia potrebbe aver inventato un programma per simularti e conversare con te proprio in questo momento.”

Fonte: Daily Galaxy

Individuata una fusione galattica con tre buchi neri supermassicci nel nucleo della galassia risultante

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Delle miriadi di galassie che abbiamo individuato, NGC 6240 si è sempre distinta per la sua forma particolare e la sua insolita luminosità agli infrarossi. Fino ad ora si riteneva che fosse il risultato della collisione di due galassie.

Nel 1983, gli astronomi riportarono le prove della presenza di un doppio nucleo attivo – due buchi neri supermassicci attivi al centro di NGC 6240.

Ora, però, i ricercatori hanno individuato un terzo buco nero supermassiccio.

Questa nuova scoperta suggerisce che non due, ma tre galassie si sono fuse, portando ciascuna il proprio buco nero supermassiccio del nucleo galattico.

Attraverso le nostre osservazioni con una risoluzione spaziale estremamente elevata“, ha spiegato l’astrofisico Wolfram Kollatschny dell’Università di Gottinga in Germania, “siamo stati in grado di dimostrare che il sistema di galassie interagenti NGC 6240 ospita non due – come precedentemente ipotizzato – ma tre buchi neri supermassicci nel suo centro“.

Dal 1983 sono stati condotti numerosi studi su questa galassia, confermando la scoperta di due nuclei galattici attivi nel cuore di NGC 6240, che si trova a 300 milioni di anni luce di distanza.

Tuttavia, poiché i buchi neri supermassicci sono così vicini tra loro, nel luminosissimo centro galattico, il terzo è sfuggito all’osservazione per tutti questi anni.

Kollatschny e il suo team hanno utilizzato lo spettrografo MUSE 3D montato sul Very Large Telescope di otto metri dell’Osservatorio europeo meridionale in Cile per effettuare osservazioni spettroscopiche ad alta risoluzione della galassia.

Queste immagini hanno rivelato tre nuclei al centro di NGC 6240: un componente settentrionale e due meridionali.

Tuttavia, la nuova scoperta non significa che la ricerca precedente fosse sbagliata; le nuove prove suggeriscono che solo due dei buchi neri stanno attivamente accumulando materia mentre il terzo è attualmente inattivo.

Ognuno dei buchi neri supermassicci è grande oltre 90 milioni di volte la massa del Sole (il buco nero supermassiccio della Via Lattea, Sagittario A *, è di 4 milioni di masse solari). Tutti e tre sono bloccati in un’orbita limitata ad un’area di meno di 1 kiloparsec (3.260 anni luce), e si muovono lentamente verso l’interno l’uno verso l’altro. Inoltre, i due buchi neri meridionali sono separati da una distanza di soli 198 parsec (645 anni luce).

tre buchi neri(Kollatschny et al., A&A, 2019)

Tre buchi neri supermassicci, concentrati in così poco spazio, finora non era mai stata scoperta nell’Universo“, ha detto l’astrofisico Peter Weilbacher dell’Istituto di astrofisica di Leibniz Potsdam in Germania.

Il presente caso fornisce la prova di un processo di fusione simultanea di tre galassie con i loro buchi neri centrali.”

All’inizio di quest’anno è stata scoperta un’altra tripla fusione, con tre buchi neri supermassicci coinvolti nel processo di fusione al centro di una galassia chiamata SDSS J084905.51 + 111447.2; ma in quel sistema ogni coppia di buchi neri era separata da circa 10 kiloparsecs.

Il fatto che i buchi neri al centro di NGC 6240 siano così vicini l’uno all’altro significa che NGC 6240 è in una fase successiva della sua fusione, un processo che richiede più di un miliardo di anni. Questo stadio più avanzato significa anche che la galassia è più vicina a quello che è noto come il problema finale de parsec.

Secondo la modellazione teorica i buchi neri di due galassie che si fondono finiscon inesorabilmente per trasferire la loro energia orbitale al gas e alle stelle attorno a loro, e quindi iniziando ad orbitare in una spirale sempre più stretta.

Sappiamo che, alla fine, le coppie di buchi neri di massa stellare si uniranno e formeranno un singolo oggetto.

Con i buchi neri supermassicci, però, c’è un problema teorico.

Mentre la loro orbita si restringe, la regione dello spazio in cui possono trasferire energia si curva sempre di più. Quando sono separati da un parsec (circa 3,2 anni luce), teoricamente questa regione di spazio non è più abbastanza grande da supportare un ulteriore decadimento orbitale, quindi rimangono in un’orbita binaria stabile, potenzialmente per miliardi di anni. Questo equilibrio è noto come “problema finale del parsec”.

Le triple fusioni potrebbero essere una soluzione a questo problema, poiché il terzo buco nero potrebbe fornire il calcio in più di cui questi oggetti hanno bisogno per colmare quel vuoto finale.

Ovviamente, i buchi neri al centro di NGC 6240 non si avvicineranno presto a quel parsec finale, potrebbero volerci un altro miliardo di anni o due, e chissà se l’umanità esisterà ancora per vederlo accadere.

Ma i buchi neri dovrebbero produrre onde gravitazionali. Non siamo ancora in grado di rilevarli, ma studiando sistemi come questi, potremmo essere in grado di capire come rilevarli con strumenti futuri e capire cosa succede quando si arriva a quell’ultimo parsec.

La ricerca è stata pubblicata in Astronomy & Astrophysics.

I koala potrebbero essere “funzionalmente estinti” a causa degli incendi divampati in Australia

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L’Australia, sta vivendo un periodo di forte siccità e incendi da record, che causano la distruzione degli habitat naturali, con conseguente drastica riduzione della popolazione dei koala, che si possono dichiarare “funzionalmente estinti”.

Deborah Tabart, presidente della Australian Koala Foundation, stima che “oltre 1.000 koala siano stati uccisi dagli incendi e l’80% del loro habitat naturale è stato distrutto dalle fiamme”.

Gli esperti, ritengono che, a causa dei recenti incendi boschivi, della prolungata siccità e della deforestazione, i koala siano “funzionalmente estinti”

L’estinzione funzionale, avviene quando una specie arriva a contare un numero di esemplari tali da non poter assumere più un ruolo significativo per l’ecosistema, e di conseguenza a non potersi facilmente riprodurre. Il numero ridotto dei koala potrebbe causare un probabile impoverimento genetico con conseguente suscettibilità alle malattie, mettendo cosi a rischio la loro sopravvivenza.

La deforestazione e gli incendi boschivi sono il motivo della distruzione della principale fonte nutritiva dei koala, l’albero di eucalipto. Il koala adulto può arrivare a consumare, nell’arco della giornata, circa 2 chili di foglie di eucalipto, esso infatti è il suo principale ingrediente nutritivo. Le piante di eucalipto ricresceranno dopo gli incendi, ma non cosi velocemente da poter garantire una fonte di cibo, lasciando cosi i koala sopravvissuti ad immense difficoltà nel reperire risorse di cui cibarsi.

Molte associazioni stanno esortando il governo australiano ad adottare il “Koala Protection Act”, scritto nel 2016 ma mai approvato dopo il “Bald Eagle Protection Act” degli Stati Uniti. Il “Koala Protection Act”, sarebbe riuscito a proteggere gli habitat naturali e gli alberi di eucalipto, fondamentali per la vita dei koala, inoltre li avrebbe tutelati dalla caccia.

I recenti video in cui gli australiani sono intenti nel salvataggio dei koala dalle fiamme sono diventati virali e hanno portato ad un aumento delle donazioni per sostenere le cure degli esemplari feriti.

L’ospedale Koala di Port Macquarie, che si sta adoperando a salvare gli esemplari feriti, ha creato la pagina “Go Fund Me in” per raccogliere donazioni da utilizzare per le cure dei koala. Ad oggi, grazie a 30.000 persone è stato possibile raccogliere $ 1,33 milioni, ben oltre il loro obbiettivo di $ 25.000.

Le donazioni, oltre a fronteggiare le spese sanitarie, saranno utilizzate in parte a posizionare stazioni di abbeveraggio per i koala nelle aree devastate dagli incendi, e a creare il “Koala Ark”, un rifugio per accogliere i koala ustionati, dando loro la possibilità di vivere in un habitat naturale sano e sicuro durante la riabilitazione.