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Big Bang: rivista l’origine del bagliore cosmico

L'eco luminoso del Big Bang, la radiazione cosmica di fondo (CMB), è sempre stata la firma inequivocabile dell'inizio dell'universo. Tuttavia, recenti scoperte scientifiche stanno suggerendo che la fonte di questo bagliore primordiale potrebbe non essere così diretta come abbiamo finora creduto

Il consenso scientifico attorno alla teoria del Big Bang come la migliore spiegazione per l’origine dell’Universo è stato a lungo sostenuto dall’esistenza di una sua “reliquia“: la radiazione cosmica di fondo (CMB).

Questa debole radiazione, rilevabile dai nostri telescopi più avanzati, ha viaggiato nello spazio per oltre 13 miliardi di anni, sin dai primi momenti successivi al Big Bang, ed è stata considerata una prova fondamentale a sostegno del modello cosmologico standard.

Big Bang: rivista l'origine del bagliore cosmico
Big Bang: rivista l’origine del bagliore cosmico

Big Bang: nuove prospettive sulla radiazione cosmica di fondo

Un recente studio condotto da ricercatori dell’Università di Nanchino in Cina e dell’Università di Bonn in Germania mette in discussione l’intensità di questa radiazione residua, suggerendo che le nostre stime potrebbero essere state sovrastimate. Le loro analisi indicano addirittura la possibilità che la CMB, così come la conosciamo, potrebbe non esistere affatto come fenomeno primordiale legato esclusivamente al Big Bang.

Questa riconsiderazione è alimentata da nuove evidenze relative alle galassie di tipo precoce (ETG). Dati recenti acquisiti dal telescopio spaziale James Webb suggeriscono che queste ETG potrebbero essere la fonte di parte, o addirittura di tutta, la radiazione cosmica di fondo osservata. A seconda delle simulazioni utilizzate, il contributo di queste galassie potrebbe spiegare interamente il fenomeno.

Come sottolineato dal fisico Pavel Kroupa dell’Università di Bonn, questi risultati rappresentano una sfida significativa per il modello cosmologico standard. La necessità di riconsiderare la fonte della CMB potrebbe portare a una parziale riscrittura della storia dell’Universo, aprendo nuove vie di indagine sull’evoluzione cosmica e sull’origine delle prime strutture galattiche.

Implicazioni sulla cronologia cosmica e la radiazione universale

Gli scienziati hanno già una solida conoscenza delle galassie extrasolari (ETG), caratterizzate tipicamente da una forma ellittica. La novità significativa, derivante da studi recenti e da questa ultima interpretazione, è che queste galassie potrebbero essersi formate molto prima di quanto i modelli precedenti avessero ipotizzato.

Un anticipo nella formazione delle ETG non è un dettaglio da poco: spostare questa linea temporale, infatti, ha un impatto diretto sul modello di radiazione che si è diffuso nell’Universo. In parole semplici, l’Universo potrebbe aver attraversato la sua fase iniziale di formazione di ondate di gas e di galassie a una velocità superiore a quanto si fosse immaginato finora.

Il fisico Pavel Kroupa spiega che “L’Universo è in espansione fin dal Big Bang, come un impasto che lievita: Questo significa che la distanza tra le galassie è in costante aumento“. Kroupa e il suo team hanno misurato la distanza attuale tra le galassie ellittiche. Utilizzando questi dati e considerando le caratteristiche specifiche di questo gruppo di galassie, sono riusciti a determinare il loro momento di formazione iniziale basandosi sulla velocità di espansione dell’Universo.

Questa stima di una formazione più precoce delle ETG implica che la loro luminosità potrebbe emergere “come una fonte non trascurabile di contaminazione in primo piano della radiazione cosmica di fondo“, come scrivono i ricercatori. Questo suggerisce che parte di ciò che abbiamo attribuito alla CMB, la “reliquia” del Big Bang, potrebbe in realtà essere il bagliore di galassie antiche.

Verso una riconsiderazione delle ipotesi fondamentali

Nonostante l’entusiasmo, è fondamentale ricordare che questa ricerca è ancora in una fase iniziale. Non è il momento di stravolgere i testi scientifici, ma queste scoperte sollevano indubbiamente interrogativi cruciali.

Considerando le scale temporali e le distanze quasi inimmaginabili in gioco, per gli astrofisici raggiungere una precisione assoluta è una sfida costante. I ricercatori suggeriscono che i loro nuovi modelli potrebbero spiegare una percentuale della radiazione cosmica di fondo (CMB) che va dall’1,4% al 100%. Questo ampio intervallo sottolinea la necessità di ulteriori indagini e affinamenti.

Ciò che è certo è che, man mano che i nostri telescopi spaziali e i sistemi di analisi diventano più sofisticati, la nostra comprensione dell’Universo circostante cresce esponenzialmente. Questo progresso implica che alcune ipotesi precedenti potrebbero dover essere riconsiderate, comprese quelle che riguardano la formazione stessa dell’Universo.

I ricercatori hanno concluso che: “Alla luce dei risultati qui documentati, potrebbe essere necessario prendere in considerazione altri modelli cosmologici“. Questo apre la porta a nuove ed entusiasmanti direzioni nella ricerca sull’origine e l’evoluzione del Cosmo.

La ricerca è stata pubblicata su Nuclear Physics B.

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