Si è scoperto che, per ora, non abbiamo ancora trovato lune aliene. Una nuova ricerca mostra che le prove dell’esistenza di due lune distanti in orbita attorno a mondi al di fuori del Sistema Solare si adattano meglio ad altre spiegazioni.
Non tutto, però, è perduto. Le tecniche usate per escludere la presenza di esolune attorno agli esopianeti Kepler-1625b e Kepler-1708b potranno essere usate per individuarne nelle osservazioni future. “Ci sarebbe piaciuto confermare la scoperta di esolune attorno a Kepler-1625b e Kepler-1708b”, afferma l’astrofisico René Heller dell’Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare. “Ma sfortunatamente, le nostre analisi mostrano il contrario”.
La difficile ricerca delle esolune
Lo spazio dovrebbe essere assolutamente brulicante di lune. Solo nel Sistema Solare, finora ne abbiamo contate quasi 300, e ne compaiono sempre di più; questo è almeno 37 volte il numero dei pianeti. Ad oggi sono stati confermati oltre 5.550 esopianeti. Facendo i conti, ciò dovrebbe significare un numero iperbolico di esolune. Ma, beh, trovarle è tutta un’altra questione. Trovare esopianeti è già piuttosto difficile; sono molto piccoli, molto deboli e molto lontani. Le esolune, se esistono, dovrebbero essere ancora più piccole e fioche – e spesso così vicine ai loro esopianeti ospiti che separarne il segnale diventa estremamente difficile.
Come si rilevano gli esopianeti?
Di solito troviamo gli esopianeti con il metodo del transito che si basa sui passaggi di un pianeta davanti alla stella madre. Questo avviene quando un mondo in orbita attorno a una stella distante passa tra noi e la sua stella, facendo sì che la luce della stella si affievolisca. Se alcuni di questi cali di luminosità si verificano a intervalli regolari, allora probabilmente si tratta di un pianeta extrasolare.
Osservazioni non replicate
In un articolo del 2018, un team di astronomi aveva rivelato di aver effettuato un rilevamento provvisorio di un segnale simile a quello di una esoluna che accompagnava i transiti dell’esopianeta Kepler-1625b. Un anno dopo, due analisi indipendenti e separate non sono state in grado di replicare quelle osservazioni , suggerendo che, qualunque fosse il segnale indicato nell’articolo del 2018, probabilmente non si trattava di un’esoluna.
All’inizio del 2022 è stato pubblicato un articolo su una seconda presunta esoluna, in orbita attorno all’esopianeta Kepler-1708b. Anche in questo caso i ricercatori sono rimasti con un pugno di moche in mano. A questo punto, Heller e il suo collega, l’astrofisico Michael Hippke dell’Osservatorio Sonneberg, hanno progettato un algoritmo per rilevare e caratterizzare i transiti degli esopianeti con esolune, chiamato Pandora.
L’algoritmo Pandora
I ricercatori hanno addestrato Pandora calcolando i transiti per tutte le possibili dimensioni, distanze e configurazioni orbitali degli esopianeti e delle loro esolune e inserendo tali informazioni nell’algoritmo. Quindi, hanno usato Pandora per dare un’occhiata più da vicino ai dati su Kepler-1708b e hanno scoperto che le osservazioni utilizzate per dedurre la presenza di un’esoluna possono essere spiegate altrettanto facilmente con un esopianeta in orbita da solo. “La probabilità che una luna orbiti attorno a Kepler-1708b è chiaramente inferiore a quanto riportato in precedenza”, afferma Hippke. “I dati non suggeriscono l’esistenza di una esoluna attorno a Kepler-1708b”.
Ovviamente è stata data un’occhiata anche a Kepler-1625b ed è stato scoperto che le osservazioni dell’effetto attribuito a un’esoluna possono essere spiegate da una differenza tra le lunghezze d’onda in cui i due diversi telescopi – Kepler e Hubble – hanno osservato la stella. Ciò significa che il rilevamento è stato un falso positivo, il che, secondo i ricercatori, non sorprende. Questo significa che dobbiamo ancora trovare un’esoluna nella Via Lattea. Ma Pandora suggerisce che c’è speranza.
Cosa possiamo trovare con la nostra attuale tecnologia?
Il team ha utilizzato il proprio algoritmo per prevedere che tipo di esoluna potremmo aspettarci di trovare utilizzando la nostra attuale tecnologia; dovrebbe essere grande, almeno quasi delle dimensioni della Terra, con una separazione orbitale relativamente ampia dal suo ospite, quasi come una binaria planetaria.