I cambiamenti climatici potrebbero rendere ampie fasce del nostro pianeta invivibili per gli esseri umani entro la fine del secolo. Se riusciamo ad adattarci e sopravvivere, su una linea temporale abbastanza lunga la Terra diventerà comunque inabitabile per altri motivi: eventi casuali come l’impatto di una cometa o l’eruzione di un supervulcano, o, ancora più a lungo termine, il Sole si dilaterà in un gigante rosso in circa cinque miliardi di anni, inghiottendo completamente il nostro pianeta o incenerendolo. Pianificare potenziali vie di fuga dalla Terra è, se non proprio urgente, almeno una risposta da considerare nei confronti di una plausibile minaccia di estinzione per la nostra specie.
A questo scopo, la destinazione più ovvia è il nostro vicino planetario, Marte.
Abbiamo già inviato molte sonde sul pianeta rosso la NASA sta pianificando il ritorno sulla Luna per utilizzare il nostro satellite come trampolino di lancio per una missione umana verso Marte.
Nel frattempo, la compagnia SpaceX di Elon Musk afferma di voler puntare a un viaggio con equipaggio su Marte entro la fine del nuovo decennio. Ma Marte è un pianeta deserto, freddo e sterile, senza atmosfera se non una sottile coltre di CO2. Certo, potremmo sopravvivere lì, in tute protettive e strutture ermeticamente sigillate, ma non è veramente un buon posto dove vivere.
Alcuni scienziati hanno un altro candidato che considerano colonizzabile: Proxima b, un pianeta che orbita attorno a una stella chiamata Proxima Centauri, distante circa 4,24 anni luce dal nostro Sole.
Situato nel sistema solare a tre stelle di Alpha Centauri, Proxima b ha una massa di 1,3 volte quella della Terra e si presume che la temperatura in superficie gli permetta di avere acqua liquida in superficie, aumentando la possibilità che possa sostenere la vita.
La sfida più grande è arrivarci.
Proxima b è quasi inimmaginabilmente lontano.
C’è un programma in corso, Breakthrough Starshot, che intende inviare una sonda fino ad Alpha Centauri con un tempo di viaggio di soli 20 anni, ma l’intero mezzo peserà solo pochi grammi, spinto da un laser da 100 miliardi di watt situato sulla Terra che sparerà la sua luce sulla grande vela che fungerà da propulsore.
Considerata l’attuale tecnologia disponibile, o disponibile a breve, inviare un’astronave in grado di ospitare esseri umani in un viaggio anche di solo un anno luce, richiederà secoli; raggiungere un pianeta posto alla distanza di Proxima b richiederebbe un viaggio di almeno mille anni.
Ciò significa che l’equipaggio che si imbarcherà su questa ipotetica astronave non sarà lo stesso che arriverà a destinazione; Questa astronave sarebbe una nave generazionale.
La fantascienza si è spesso occupata di questa tematica, basta pensare al romanzo di T. H. Heinlein “Universo” in cui, dopo molte generazioni, l’equipaggio si è dimentica l’obbiettivo del viaggio e qualche reminiscenza sopravvive solo in poche antiche leggende, con gli abitanti della grande astronave che la considerano ormai come il loro intero universo.
Eppure, una piccola rete di ricercatori sta affrontando seriamente il problema dei viaggi spaziali generazionali. “Non esiste alcun ostacolo particolare dal punto di vista della fisica“, spiega Andreas Hein, direttore esecutivo dell’Iniziativa no profit per gli studi interstellari – un istituto di istruzione e ricerca incentrato sull’invio di spedizioni verso altre stelle. “Sappiamo che le persone possono vivere in aree isolate, come le isole, per centinaia o migliaia di anni; sappiamo che in linea di principio le persone possono vivere in un ecosistema artificiale come Biosphere2 . Si tratta di ridimensionare le cose. Ci sono molte sfide, ma nessun principio fondamentale della fisica viene violato“.
Come ci si potrebbe aspettare da una simile impresa, le difficoltà sono molte e ampie, che spaziano non solo nella fisica ma nella biologia, nella sociologia, nell’ingegneria e altro ancora.
Si tratta di risolvere problemi come la gravità artificiale, l’ibernazione, i sistemi di supporto vitale, la propulsione, la navigazione e molti altri ancora da considerare. Anche se non arrivassimo mai a Proxima b, nello studiare come possiamo sfuggire alla fine della Terra, alcuni scienziati coinvolti nel lavoro potrebbero imbattersi in soluzioni idonne per sopravvivere sul nostro pianeta, poiché risorse come energia e acqua diventano sempre più scarse.
Quando si tratta di pianificare un viaggio oltre il nostro sistema solare per colonizzare i pianeti di una stella vicina, la domanda fondamentale è se, a livello biologico, un viaggio del genere sia alla portata di tutti.