Per moltissime donne italiane che per un motivo o per un altro si trovano a dover ricorrere all’aborto, è arrivata una svolta molto importante. Infatti, dopo ben dieci anni in cui le donne italiane sono state costrette a obblighi e divieti, che troppo spesso hanno messo in discussione il diritto alla loro salute, sono arrivate numerose modifiche sull’aborto.
Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha di recente annunciato le nuove linee guida riguardanti l’interruzione volontaria di gravidanza per via farmacologica. Tutte le linee guida che sono state fatte si basano tutte su un’attenta evidenza scientifica, e soprattutto sono state elaborate su una base dettata dal parere del Consiglio Superiore di Sanità. Le nuove linee guida andranno a sostituire quelle che erano in vigore fino ad oggi e risalenti al 2010.
Una modifica molto importante che va a toccare un argomento molto delicato che è da sempre molto dibattuto.
Legge 194: cosa cambia
Le nuove linee guida danno la possibilità a tutte le regioni di poter eseguire l’aborto farmacologico in day hospital, andando così ad eliminare l’obbligo di dover essere ricoverate. Inoltre, vanno ad estendere il tempo in cui è possibile somministrare il farmaco, che così passa da sette a nove settimane di gravidanza.
Una modifica piuttosto rilevante che va a toccare e a riconoscere alla donna, nei casi previsti, il diritto di poter ricorrere all’interruzione di gravidanza all’interno di una struttura pubblica, ovviamente sempre rispettando la legge 194 entrata in vigore nel 1978.
L’aborto farmacologico in Italia fin’ora è stato molto dibattuto e ha subito moltissime limitazioni. Infatti, si è dovuto attendere fino al 2009 per avere la possibilità di utilizzare il farmaco RU486 in Italia, a differenza degli altri paesi europei che lo hanno introdotto molti anni prima. Dal 2009 pur essendo il farmaco RU486 una pratica possibile è stato sempre poco utilizzato, a causa dell’obbligo di ricovero in ospedale di tre giorni imposto dal CSS. Le uniche regioni che hanno deliberato che il farmaco potesse essere somministrato anche in regime di day hospital sono state solo l’Emilia Romagna e il Lazio.
La somministrazione del RU486 non ha mai previsto alcuna raccomandazione scientifica, che unita insieme all’obbligo di assunzione entro le sette settimane di gravidanza, ne ha fortemente limitato il diritto alla scelta e alla salute di molte donne italiane che volevano intraprendere questa decisione. La maggior parte delle limitazioni che si sono avute intorno all’utilizzo della RU486 sono tutte legate a ragioni prettamente ideologiche, che non hanno mai in alcun modo avuto a che fare con motivazioni mediche.
Adesso sembra che dopo una lotta durata 10 anni, che l’Italia inizia a rispettare il volere, la salute e i diritti delle donne che intendono utilizzare per loro volontà la RU486. Finalmente, l’Italia si sta adeguando non solo alle linee guida del resto dell’Europa, ma anche alla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha ampiamente dimostrato che la somministrazione farmacologica è una pratica del tutto sicura, ma soprattutto rispettosa della salute fisica e psicologica delle donne.