A che ora è la fine del mondo?

La lotta al cambiamento climatico sarebbe ormai persa per sempre, e l'umanità in inesorabile ritardo per porvi rimedio. Questo quanto pubblicato recentemente da Jorgen Randers, professore presso la Norwegian Business School in un articolo sulla rivista Scientific Reports

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La lotta al cambiamento climatico sarebbe ormai persa per sempre e l’umanità in inesorabile ritardo per porvi rimedio. Questo quanto pubblicato recentemente da Jorgen Randers, professore presso la Norwegian Business School in un articolo sulla rivista Scientific Reports.

Uno scenario quanto mai inquietante quello profilato dal noto ricercatore, che ha dichiarato: “Secondo i nostri modelli, l’umanità ha ormai oltrepassato il punto di non ritorno se parliamo di rallentare lo scioglimento del permafrost attraverso la riduzione dei gas serra come unica arma. Se vogliamo fermare il processo di scioglimento, dobbiamo fare qualcosa di più, come ad esempio togliere l’anidride carbonica dall’atmosfera e immagazzinarla sottoterra”.

L’argomento cambiamento climatico è saldamente al centro delle discussioni degli scienziati da ben due decenni ormai, ed è anche diventato oggetto di manifestazioni e movimenti nati in tutto il mondo proprio per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi a riguardo, prima che diventi impossibile porre rimedio al problema.

Lo studio condotto da Randers si è posto come obiettivo quello di indicare un punto di non ritorno nel loro modello climatico denominato ESCIMO, e proprio quel punto di non ritorno sarebbe ormai stato superato da un pezzo. Ma cos’è ESCIMO? Si tratterebbe di un modello climatico che in modo ridotto riproduce il sistema Terra, in un periodo compreso tra il 1850 e il 2500.

Stando alle previsioni di questo modello, la temperatura si innalzerà fino al 2500 e anche oltre, a prescindere da quanto velocemente l’uomo taglierà le emissioni di gas serra. La causa? Un sistema ormai ciclico di scioglimento del permafrost per via del rilascio di metano, e una umidità atmosferica più alta, causata da temperature più elevate. Sembra che questo ciclo venga innescato da un riscaldamento globale di appena 0.5 gradi centigradi al di sopra del livello pre-industriale.

Dunque il messaggio è chiaro: l’umanità ha già reso la Terra un posto non più adatto alla vita umana. Semplicemente ancora non ce ne rendiamo del tutto conto. Le temperature più calde a partire dalla Rivoluzione Industriale, hanno innescato una serie di inquietanti conseguenze, e nemmeno le promesse dei leader politici di ridurre le emissioni porteranno qualche giovamento.



Ecowatch riporta che i ricercatori hanno usato il loro modello per capire cosa potrebbe accadere a partire dal 2500 se l’aumento delle emissioni cessasse oggi stesso, arrivando a zero entro il 2100. Entro i prossimi 50 anni la temperatura aumenterebbe di circa 2.3 gradi Celsius sopra i livelli pre-industriali, poi diminuirebbe, e riaumenterebbe di nuovo a partire dal 2150. Dal 2500 il mondo sarebbe di ben 3 gradi Celsius più caldo dei livelli pre-Rivoluzione Industriale, e il livello dei mari aumenterebbe di circa 3 metri.

Al fine di evitare un disastro di tale portata, stando al modello ESCIMO, l’uomo avrebbe dovuto prendere provvedimenti già da tempo, addirittura smettendo di utilizzare combustibili fossili tra il 1960 e il 1970, mentre per porre fine al rialzo delle temperature e del livello dei mari si dovrebbero rimuovere almeno 33 gigatoni di diossido di carbonio dall’atmosfera ogni anno, iniziando praticamente da subito.

Ma non tutto sembra però perduto: infatti gli stessi autori dello studio, Jorgen Randers e Ulrich Goluke, ammettono che il modello climatico che hanno utilizzato è semplicistico e serve principalmente a incoraggiare altri scienziati a iniziare le proprie ricerche in merito. A ribadire il concetto anche il ricercatore Richard Betts, esperto di clima, che definisce lo studio dei colleghi poco verosimile.

Michael Mann, metereologo della Penn State University, concorda con Betts riguardo l’ESCIMO, giudicandolo poco complesso e poco accurato nel riprodurre i sistemi circolatori dell’atmosfera e degli oceani.

Lo scienziato Zeke Hausfather e il suo collega Glenn Peters hanno scritto un articolo su Nature a inizio 2020, pregando i colleghi di smetterla di pubblicare studi che prospettano scenari apocalittici. “Dobbiamo smettere di presentare lo scenario come il peggiore e più probabile possibile, perché possono far sembrare i provvedimenti più difficili di quanto non siano in realtà. Questo potrebbe portare l’opinione pubblica a credere che il problema sia ormai fuori controllo e irrisolvibile”.

Ma discutere su quale modello climatico sia quello più accurato, potrebbe distogliere la nostra attenzione dal problema principale, ovvero che la Terra è davvero surriscaldata e presto potrebbe essere troppo calda per permettere la vita umana. Cosa fare dunque?

Un modello climatico serve come guida, come strumento, ma non sostituisce il cervello umano. C’è un’unica soluzione per la sfida al cambiamento climatico. Smettere di estrarre e bruciare combustibili fossili. Nient’altro. E il momento di iniziare a trovare alternative ai combustibili fossili è ora, oggi e non domani. Siamo in una corsa contro il tempo e stiamo indietro.

Una battaglia e dura, il cui esito dipende solo da quanto l’umanità stessa combatterà unita e rivolta verso un obiettivo comune, con spirito di collaborazione, mettendo da parte l’istinto di demonizzare “l’altro”, che rischia di rendere questa collaborazione meno possibile.

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