Usando l’intelligenza artificiale, un team internazionale ha analizzato la composizione chimica di stelle estremamente povere di metalli, scoprendo che le prime stelle nell’Universo sono probabilmente nate in gruppi piuttosto che individualmente. Questo metodo verrà applicato alle osservazioni future per comprendere meglio l’Universo primordiale.
Un team internazionale di ricercatori ha utilizzato l’intelligenza artificiale per analizzare l’abbondanza chimica di stelle molto antiche e ha trovato indicazioni che le primissime stelle dell’Universo sono nate in gruppi piuttosto che come singole stelle isolate. Ora il team spera di applicare questo metodo a nuovi dati provenienti da indagini di osservazione in corso e pianificate per comprendere meglio i primi giorni dell’Universo.
DSubito dopo il Big Bang, gli unici elementi presenti nell’Universo erano idrogeno, elio e litio. Tutti gli altri elementi che compongono il mondo che vediamo intorno a noi sono stati prodotti dalle reazioni nucleari delle stelle. Alcuni elementi si sono formati dalla fusione nucleare che avviene al centro di una stella mentre altri si formano nelmomento in una stella muore producendo un’esplosione di supernova.
Le supernove svolgono un ruolo fondamentale anche nella dispersione degli elementi creati dalle stelle nell’universo, elementi che potranno essere incorporati nella prossima generazione di stelle e pianeti.
In questo studio, un team composto da membri dell’Università di Tokyo/Kavli IPMU, dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone e dell’Università dell’Hertfordshire ha adottato un nuovo approccio utilizzando l’intelligenza artificiale per interpretare le abbondanze elementari in oltre 450 stelle estremamente povere di metalli.
La conclusione è stata che il 68% delle stelle estremamente povere di metalli osservate ha un’impronta chimica che è coerente con l’arricchimento di più supernove precedenti.
Affinché i materiali espulsi da più supernove precedenti si mescolino in un’unica stella, le supernove devono essersi verificate nelle immediate vicinanze. Ciò significa che in molti casi le stelle di prima generazione devono essersi formate insieme in ammassi piuttosto che come stelle isolate. Questo offre il primo vincolo quantitativo basato sulle osservazioni per la molteplicità delle prime stelle.
Ora il team spera di applicare questo metodo ai Big Data ottenuti dai programmi di osservazione attuali e futuri, come i dati attesi dal Prime Focus Spectrograph sul Subaru Telescope.
Riferimento: “Machine Learning Detects Multiplicity of the First Stars in Stellar Archaeology Data” di Tilman Hartwig, Miho N. Ishigaki, Chiaki Kobayashi, Nozomu Tominaga e Ken’ichi Nomoto, 22 marzo 2023, The Astrophysical Journal .
DOI: 10.3847/1538-4357/acbcc6