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Nuovo possibile legame tra scale di energia diverse nell’ambito della gravità

Un nuovo lavoro appena pubblicato su Int. J. Geom. Meth. Mod. Phys. prosegue la ricerca degli spazi emergenti in ambito cosmologico

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Un nuovo lavoro appena pubblicato su Int. J. Geom. Meth. Mod. Phys. Vol. 18, No. 14 (dicembre 2021), dal titolo “A topological approach for emerging D-Branes and its implications for gravity“, prosegue la ricerca degli spazi emergenti in ambito cosmologico.

Un team di ricercatori, composto da tre matematici e due fisici teorici, ha introdotto ed applicato un modello che si basa su particolari varietà geometriche, le cosiddette PNDP-manifolds, per approcciare, in un modo del tutto nuovo, la gravità nel contesto del mondo-brana emergente.

Le PNDP-manifolds“, come ci spiega Alexander Pigazzini, membro del team di ricerca e matematico per la società danese Mathematical and Physical Science Foundation, “sono Einstein warped product manifolds molto particolari che abbiamo introdotto, oltre che per gli aspetti legati alla geometria differenziale, anche per dare una interpretazione al concetto di “dimensione virtuale”, ossia “oggetti” che mostrano di possedere una certa dimensione solo se presa in considerazione di una certa algebra definita su esse, da qui appunto il termine “virtuale”, ad indicare che i parametri indipendenti, coinvolti nel definire la complessità visuale o concettuale, non siano necessariamente solo quelli apparentemente in gioco“.

Anni fa” – continua Pigazzini – “l’allora professore di Harvard, Arkani-Hamed, oggi professore all’Institute for Advanced Study di Princeton (IAS), produsse una serie di lavori in cui prese in considerazione che lo spazio non fosse una proprietà fondamentale delle dimensioni, egli sosteneva che lo spazio fosse invece una proprietà secondaria creata da forze più fondamentali ed in questo senso le dimensioni potrebbero anche svanire“.

Il nuovo approccio geometrico/topologico agli spazi emergenti, introdotta dal team, si basa proprio su una interpretazione di questo antefatto, ossia nel considerare che le dimensioni private di spazio svaniscono. Occorre quindi definire particolari oggetti fondamentali pensati come se tra le proprie dimensioni, esistessero speciali interazioni capaci di “cancellare” virtualmente (ossia da un punto di vista percettivo), alcune di queste loro dimensioni.

L’articolo, quindi, parte dal presupposto che, a livello fondamentale, una D-brana possa essere formata da “oggetti” (PNDP-manifolds) che emergono point-like, ossia con dimensione virtuale nulla, e che si “incollino” tra loro.

L’ipotesi di lavoro prosegue considerando le PNDP-manifolds dotate di una orientabilità arbitraria, ossia, come ci riferiscono i membri del team, Saeid Jafari e Cenap Özel (matematici presso la Mathematical and Physical Science Foundation ed il College of Vestsjaelland South, il primo, e la King Abdulaziz University, il secondo), “abbiamo pensato che all’interno di una PNDP-manifold, la superficie sottostante la point-like manifold virtuale, possa essere “configurata” come un “nastro di Mobius” oppure come una “superficie orientabile” e quindi, a livello fondamentale, potessimo ottenere questi “mattoncini” con una di queste due configurazioni in modo del tutto arbitrario“.

Richard Pincak ed Andrew DeBenedictis (fisici teorici, il primo presso l’Institute of Experimental Physics della Slovak Academy of Sciences, ed il secondo presso il Pacific Institute for the Mathematical Sciences ed il Department of Physics della Simon Fraser University in Canada), proseguono sottolineando che “a questo punto, l’ulteriore step è stato quello di proporre che l’interazione gravitazionale possa derivare, come un meccanismo naturale, dalla non-orientabilità e quindi avanzare considerazioni riguardanti la gravità come se fosse una caratteristica topologica (che chiamiamo “difetto”) già intrinseca nel tessuto spaziale della brana (alte energie)“.

Introducendo alcune opportune ipotesi sulle interazioni dimensionali, l’analisi effettuata nell’articolo, continua mostrando un possibile legame (alle basse energie), tra questo “difetto” e la curvatura dello spazio.

In altre parole, dalle ipotesi considerate” – riprende Pigazzini – “identifichiamo questi difetti topologici (non-orientabilita’) con le interazioni gravitazionali. In pratica, tramite un meccanismo innescato dalle ipotesi, otteniamo un effetto noto in matematica come “difetto di parallelismo” a cui associamo la comparsa di una curvatura effettiva su scale di bassa energia (livello macroscopico)“.

L’approccio, interamente geometrico/topologico, in cui tutto nasce da dimensioni spaziali fondamentali, si pone l’obiettivo di proporre un nuovo possibile legame tra scale di energia diverse nell’ambito della gravità.

Ciò che è certo, è che, come per molte altre teorie speculative, siamo ancora lontani dal poter eseguire verifiche sperimentali” – aggiunge DeBenedictis, il quale riferisce che – “un possibile riscontro sperimentale, potrebbe essere correlato al fatto che a un’energia sufficientemente elevata, potremmo essere in grado di rilevare che le inclinazioni in una quantità vettoriale variano in modo discreto anziché continuo. Appaiono continui solo su scala macroscopica, perché ogni PNDP inclina i vettori di una piccola quantità e molte piccole inclinazioni (mentre un vettore viene trasportato), appaiono come un cambiamento continuo anche se non lo è“.

Un osservatore macroscopico, infatti” – riprende Jafari – “può solo “vedere” ad una risoluzione che, negli esperimenti attuali, sta sulla scala Tev, che corrisponde all’incirca a 10^(-19) metri, ma ci aspettiamo che la scala PNDP sia molto più alta di questa, forse nell’ordine della scala di Planck, quindi qualsiasi esperimento fatto con tecnologia attuale comprenderebbe un numero molto elevato di PNDP rendendoci incapaci di osservare il fenomeno discreto“.

Una quantità vettoriale potrebbe essere qualsiasi grandezza fisica che abbia una rappresentazione vettoriale. È ben noto che le particelle di moto con spin in un campo gravitazionale sono leggermente diverse dal moto di una particella senza spin” – riferiscono Özel e Pigazzini – “gli effetti gravitazionali discreti influenzerebbero entrambi questi tipi di movimento, quindi probabilmente se si potessero effettuare misurazioni di spin sufficientemente precise sulle particelle mentre si propagano in un campo gravitazionale, si potrebbe anche rilevare se la natura della gravità è davvero discreta come ipotizziamo“.

Una possibilità“, aggiunge Pincak, “potrebbe riguardare la dispersione dei raggi cosmici o meglio ancora i lampi di raggi gamma: maggiore è l’energia di una particella (più corta è la sua lunghezza d’onda) e maggiore è la probabilità che sia sensibile a questo microscopico spostamento discreto, che avremmo a livello fondamentale da parte di alcuni PNDP“.

Teorie con effetti gravitazionali discreti tendono a prevedere che la propagazione di diverse lunghezze d’onda sia leggermente diversa” – prosegue Pincak – “a causa del fatto che le energie più elevate sono più sensibili alla struttura microscopica sottostante rispetto alle lunghezze d’onda a energia inferiore“.

Poiché le scale energetiche del regno microscopico sono così alte, si ritiene che attualmente l’unica possibilità di misurare un tale effetto discreto potrebbe essere con i lampi di raggi gamma che provengono da galassie molto distanti, cioè, l’effetto è minuscolo, ma viene accumulato (integrato) mentre le particelle ad alta energia viaggiano su vaste distanze, così che alla fine l’effetto cumulativo potrebbe diventare misurabile, anche se probabilmente ancora troppo piccolo“.

Quasi tutti gli esperimenti che siano abbastanza sensibili da distinguere piccoli spostamenti discreti (contro continui) di quantità vettoriali in sistemi di particelle che si propagano liberamente in un campo gravitazionale, sarebbero in linea di principio un potenziale candidato per prove sperimentali. Ma sarebbe comunque difficile perché la quantità di “salto” discreto, sarebbe davvero molto piccola“, conclude DeBenedictis.

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