di Beatrice Ciminelli
La poligamia, il ripudio quale forma di scioglimento del vincolo matrimoniale, la disuguaglianza sostanziale dei diritti e doveri tra coniugi all’interno della famiglia, la differenza di religione quale impedimento al matrimonio; questi e altri aspetti del diritto islamico contrastano con inderogabili principi fondamentali dell’ordinamento italiano, quali il carattere monogamico del matrimonio, la parità degli sposi nella famiglia da essi costituita così come previsto dall’art. 29 Cost., l’importanza attribuita al libero consenso prestato dalle parti al momento della conclusone del contratto matrimoniale o della celebrazione del matrimonio canonico, l’inesistenza di impedimenti di natura religiosa.
Inoltre, per il diritto islamico, non c’è equiparazione tra filiazione biologica, che nasce dal concepimento in un rapporto legittimo e filiazione adottiva, mentre viene riconosciuto un istituto di garanzia per il minore cui venga a mancare il nucleo familiare.
Un problema che ha notevole rilevanza pratica riguarda la separazione tra maschi e femmine nella società e nello specifico ambito medico. Con la diffusione nel mondo islamico della sanità pubblica, ad esempio, si è determinato il problema di conciliare l’esigenza di assicurare la cura del paziente in armonia con il rispetto delle norme islamiche: in molti paesi islamici, la quasi totalità dei medici sono di sesso maschile, ma il diritto vieta alle donne di avere qualunque forma di intimità con uomini che non abbiano con loro rapporti coniugali o di parentela.
Una donna deve essere curata da un medico donna, o in alternativa il medico deve evitare il contatto e la vista diretti del corpo femminile e comunque non deve restare solo con la paziente. Solo in caso di pericolo di vita, queste prescrizioni possono essere disattese, in quanto il diritto islamico antepone all’esigenza personale delle cure mediche, l’esigenza collettiva del rispetto della moralità e del pudore.
Per ciò che riguarda il diritto penale, il diritto islamico non presenta una distinzione tra reato e peccato. I reati hudud sono i più gravi e il giudice ha nei loro riguardi un potere discrezionale molto limitato. La flagellazione e la pena di morte colpiscono i reati contro Allah, quali l’apostasia, la bestemmia o l’adulterio. Pene corporali severe vengono applicate a reati gravi come il furto o il brigantaggio. Questi reati vengono sempre perseguiti d’ufficio, perché rivolti contro Dio e lo Stato è il vicario di Dio sulla terra.
Alla seconda categoria appartengono i delitti di sangue (reati qisas). Anche qui le pene sono determinate dal Corano e dalla sunna, quindi la discrezionalità del giudice è limitata. Essi sono puniti con la legge del taglione, la quale – a discrezione della vittima o della sua famiglia – può essere sostituita dal prezzo del sangue o del perdono.
La terza categoria di reati – detti tazir – comprende infine quei comportamenti che, di epoca in epoca, sono stati considerati nocivi alla buona convivenza sociale, ma per i quali né il Corano, né la sunna prevedono pene specifiche. La loro punizione ricade quindi nell’ambito della discrezionalità del giudice. Risulta perciò difficile fissarne con precisione le fattispecie, perché variano di luogo in luogo e di epoca in epoca. E’ possibile individuarli soprattutto ex negativo: i reati che non sono né hudud né qisas sono tazir.
I vari tipi di reato si distinguono in base alla fattispecie, alla prova richiesta e alla punizione prevista;
Reati hudud: adulterio, diffamazione, apostasia, brigantaggio, uso di bevande alcoliche, furto, ribellione.
Reati qisas: omicidio volontario con un’arma, omicidio volontario, omicidio per fatto involontario, omicidio indiretto, lesione corporale volontaria, lesione corporale involontaria.
Reati tazir: sodomia; importazione, esportazione, trasporto, produzione o vendita di vino; reati minori (disobbedienza al marito, insulti a terzi); diserzione; appropriazione indebita, falsa testimonianza; evasione fiscale; vari reati minori; reo recidivo per un reato tazir; usura, corruzione, violazione dei doveri derivanti da negozi fiduciari.
Poiché l’integrazione passa attraverso il rispetto delle regole del nostro Stato, la religione islamica non ha ancora stipulato alcuna Intesa ai sensi dell’art. 8 della Costituzione Italiana, a causa di valori incompatibili con la nostra civiltà.