Arriva la pet robot therapy, animali artificiali e intelligenti contro solitudine e patologie

Cani, gatti, e persino un cucciolo di foca. Gli animali robotici possono essere efficaci quanto quelli in carne ed ossa, nell’avere un effetto terapeutico sugli anziani

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Che gli animali domestici siano terapeutici è risaputo, ma che possano esserlo anche dei robot, e possano farlo benissimo, interagendo con il “padrone“, è una novità.
Per gli assistenti umanoidi, già più noti, era stata coniata quindi l’espressione “Socially Assistive Robotics” (SAR), che definisce un tipo di assistenza, in un ambiente sociale interattivo. Un robot umanoide svolge il ruolo di trainer, monitorando al tempo stesso i progressi del trattamento impartito, in modo da poterlo modificare, se necessario, ricorrendo all’intelligenza artificiale.
Sulla stessa scia anche gli animali robotici funzionano allo stesso modo. La SAR include interazioni sociali, che hanno lo scopo di fornire assistenza riguardo non solo al movimento, ma anche alla riabilitazione psicologica. Questi robot sono già stati impiegati in riabilitazione post-traumatica, recupero di pazienti cardiopatici, programmi di allenamento, rieducazione del paziente dopo ictus o altre patologie neurologiche, e anche nel campo della salute mentale.

Come può un pet robot agire come un terapeuta?

Sappiamo tutti che cani e gatti e qualsiasi animale domestico, anche un criceto, un uccellino, e dei semplici pesci rossi, possono alleviare la solitudine, ed avere un effetto terapeutico sulla persona. Infatti la solitudine porta alla depressione e la compagnia di un animale può aiutare a superare momenti difficili, nonché a migliorare l’umore. Insomma, gli amici a quattro zampe sono capaci di farci sentire psicologicamente meglio. Ma questa stessa efficacia si può  trovare in un robot? Secondo gli scienziati sì. Infatti questi Pet sono stati costruiti e progettati proprio per una terapia domiciliare, ma anche ospedaliera. 
In realtà, anche se può sembrare strano, ci sono addirittura dei vantaggi in un animale che non è di carne ed ossa. Innanzitutto questi Pet sono prevedibili, ovvero sono programmati solamente per fare determinate azioni, che servono a far star meglio la persona che deve essere curata. Poi non procurano allergie, Infatti avendo un pelo artificiale non possono creare alcun tipo di problema a chi gli è accanto, a chi lo accarezza o a chi semplicemente gli respira vicino; e non lasciano appunto peli in casa, quindi non sporcano.
Inoltre in persone che hanno dei problemi motori e psicologici non sono di peso. I malati non devono occuparsi dei loro animali robotici, non devono portarli fuori a fare i bisogni o pulire i loro bisogni in casa; non devono dargli da mangiare e da bere. Questi animali non abbaieranno o miagoleranno mai senza motivo, non disturberanno. Non daranno quindi noie e problemi ai loro “padroni” che hanno già da combattere con i propri.
Pensiamo ad esempio a persone che si sentono sole o a coloro che sono affetti da malattie degenerative come l’Alzheimer. Ma anche a più giovani che soffrono di autismo e di altre problematiche, che impediscono loro di fare tante cose. Potranno avere un compagno da cui riceveranno solo vantaggi, senza dover occuparsi attivamente di loro. Potranno accarezzarli, giocarci, starci vicino ed avere su se stessi i medesimi effetti di un animale vero.

Paro, il robot foca

Anche se può sembrare assurdo il primo modello di robot con sembianze animali, non è stato né un cane né un gatto, come si potrebbe immaginare. Ad essere utilizzato per la terapia sugli anziani, affetti da demenza, è stato un robot foca. L’animale robotico, per la prima Pet Therapy, è stato chiamato Paro, ed è stato realizzato da Takanori Shibata, ricercatore dell’azienda giapponese Aist, Institute of Advanced Industrial Science and Technology, ovvero Istituto nazionale di scienza e tecnologia industriale avanzata.
La piccola foca Paro, in circolo ormai da qualche anno, è lunga 55 centimetri e pesa 2 chili e mezzo.  È in grado di muovere gli occhi, la testa, le pinne, e dispone di un gran numero di sensori che la rendono sensibile alla luce e al tatto su tutto il corpo, compresi i baffi. Tra le sue caratteristiche, grazie all’AI (Intelligenza Artificiale), può riconoscere la voce del paziente e apprende informazioni. Infatti può memorizzare il nome del proprietario e imparare i suoi comportamenti e le sue abitudini personali.
Paro è stata usata anche per restituire sicurezza agli anziani traumatizzati dall’incidente della centrale nucleare di FukushimaLa cosa più bella è che la foca robotica è interattiva. Il tenero mammifero artificiale risponde agli abbracci e alle carezze, ed in questo modo aiuta a migliorare lo stato d’animo delle persone. È utilizzata soprattutto con anziani con un deficit cognitivo o soggetti a disturbi depressivi. Paro è stata anche capace di ridurre lo stress e la solitudine degli anziani senza gravi patologie.
Perché proprio un cucciolo di foca? La scelta si deve, naturalmente, al paese di origine, il Giappone, dove le foche sono molto popolari. Soprattutto, si è preferita la foca, al posto di un cane o un gatto, perché è un animale sconosciuto tanto da non generare aspettative nella persona durante l’interazione
Recentemente invece con il Coronavirus, in America, stanno avendo un boom i nuovi “cani robot“, per gli anziani in isolamento. Negli Stati uniti, sempre più persone avanti con l’età, costrette a restare a casa in totale solitudine a causa della pandemia, scelgono la compagnia degli animali automatizzati. Questo Simpatico quadrupede  artificiale è stato chiamato Jennie. La sua nascita si deve alla Tombot, una società di Santa Clarita, in California, che lavora sui robot sociali, progettati per rispondere alle esigenze degli anziani. 
Lo scopo è lo stesso che ispirò l’azienda giapponese a creare Paro. Gli ingegneri si sono ispirati ai problemi che gli anziani, affetti da malattie mentali, incontrano tutti i giorni. Nel 2011 è stato diagnosticato alla madre dell’amministratore delegato di Tombot, Tom Stevens, l’Alzheimer. Per questo motivo le aziende hanno voluto realizzare un robot che potesse sostituire i benefici che regala un animale da compagnia. 
Prendersi cura quindi di un compagno in modo pratico e sicuro, senza doversi preoccupare delle esigenze che possono nascere se quest’ultimo fosse effettivamente vivo. I robot-cuccioli della Tombot costano intorno ai 500 dollari.
Oltre alla giapponese foca e all’americano cane esiste anche il gatto robot. Nel 2015 l’azienda Hasbro ha infatti iniziato a commercializzare questi felini artificiali. Sicuramente la compagnia di un “animale vero” è più bella, ma questi robotici quadrupedi possono aiutare chi non può occuparsi di un cucciolo in carne ed ossa.
Fonte: Ai4business.it