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Segnalato dal NOAA un improvviso aumento delle emissioni di CFC-11 che danneggiano l’ozono

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Era il 9 gennaio di quest’anno quando riportammo un rapporto della NASA in base al quale il buco nell’ozono risultava essersi ridotto e in cui ne veniva attribuito il merito alla corretta applicazione del protocollo di Montreal che, nel 1987, aveva sancito l‘obbligo per tutte le nazioni del mondo di eliminare gradualmente l’uso dei CFC, fino ad allora utilizzati in cose come gli aerosol e i refrigeranti.

Oggi un nuovo rapporto del NOAA, l’organizzazione governativa americana che vigila su oceani ed atmosfera, pubblicato su Nature sul CFC-11, sembra sancire un aumento di questa pericolosa sostanza chimica in atmosfera ed un rallentamento della chiusura del buco nell’ozono.

Il triclorofluorometano, chiamato anche freon-11 o CFC-11, una volta era molto utilizzato, tra le altre cose come refrigerante,fino a quando non si capì che questa sostanza aveva la peculiarità di distruggere lo strato di ozono atmosfericoIl Protocollo di Montreal , perfezionato nel 1987, è un trattato internazionale progettato per proteggere lo strato di ozono della Terra che impone la graduale eliminazione di sostanze come CFC-11, la cui produzione doveva terminare definitivamente il 2010. E questo sembrava essersi realizzato fino allo scorso gennaio. Purtroppo, da allora, una nuova analisi delle misurazioni atmosferiche a lungo termine effettuata dagli scienziati del NOAA mostra che le emissioni di CFC-11 stanno aumentando nuovamente. 

Secondo il comunicato del NOAA l’origine del nuovo aumento della concentrazione di CFC in atmosfera è dovuto “… molto probabilmente da una nuova produzione non dichiarata da una fonte non identificata in Asia orientale.”

Lo studio che riportava l’aumento di CFC-11 è stato pubblicato il 16 maggio 2018 nella rivista peer-reviewed Nature. Lo scienziato del NOAA Stephen Montzka , autore principale dello studio, ha dichiarato: “Stiamo lanciando l’allarme sui CFC per avvisare che quello che sta succedendo sta vanificando quanto fatto in questi anni per il ripristino dello strato di ozono. Sono in corso nuovi studi per identificare con precisione necessari ulteriori lavori per capire esattamente perché le emissioni di CFC-11 sono crescente, e se qualcosa può essere fatto al riguardo.”

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(15 maggio 2018, vista in falsi colori della quantità totale di ozono sull’Antartide e sul Polo Sud. I colori viola e blu indicano dove il minimo di ozono, mentre i gialli ed i rossi indicano le aree dove l’ozono è più abbondante. Il buco dell’ozono si apre durante l’estate antartica e tende a raggiungere la massima espansione ogni anno a settembre. Si può visualizzare l’ultimo stato dello strato di ozono alla NASA Ozone Watch.)

I clorofluorocarburi, una volta erano considerati un trionfo della chimica moderna. Queste sostanze chimiche erano stabili e versatili e venivano utilizzate in centinaia di prodotti, dai sistemi militari alle lattine di lacca per capelli.

Ad un certo punto, però, si è capito che questa famiglia di “prodotti chimici miracolosi” stava danneggiando lo strato di ozono protettivo della Terra. All’inizio non tutti credevano che fossero proprio i CFC i colpevoli ma poi gli scienziati del British Antarctic Survey hanno individuato un buco nell’ozono dell’Antartide – il primo mai riconosciuto – pubblicando l’informazione in un articolo su Nature nel maggio 1985. Il Protocollo di Montreal è stato il risultato dell’immediato impegno dei leader mondiali dell’epoca nel contrastare un fenomeno che avrebbe potuto arrivare a distruggere la vita sul nostro pianeta. Il protocollo di Montreal resta tuttora un esempio encomiabile di cooperazione globale efficace.

Il buco dell’ozono si sta chiudendo? È importante ricordare che stiamo parlando di processi atmosferici terrestri  e che la Terra tende a muoversi lentamente in contrasto con la nostra scala temporale umana. La NASA, nel gennaio 2018, ha pubblicato la prima prova diretta del recupero del buco nell’ozono a causa del divieto delle sostanze chimiche. Cioè, per la prima volta gli scienziati hanno dimostrato – attraverso le osservazioni dirette satellitari del buco dell’ozono – che i livelli di CFC distruttivo dell’ozono erano in calo, con conseguente riduzione del consumo di ozono atmosferico. Il video qui sotto parla di questo:

L’Istituto cooperativo per la ricerca nelle scienze ambientali (CIRES), insieme a scienziati del Regno Unito e dei Paesi Bassi, stanno lavorando per monitorare l’ozono nell’atmosfera terrestre. Secondo quanto riportano è la prima volta che le emissioni di uno dei tre CFC più abbondanti e longevi sono aumentate per un periodo prolungato da quando sono iniziati i controlli sulla produzione alla fine degli anni ’80.

Come detto sopra, i clorofluorocarburi sono una classe di sostanze chimiche molto stabile, e il CFC-11 – in particolare – ha una lunga vita nell’atmosfera terrestre. Bisogna ricordare che oltre alla presunta nuova emissione in estremo oriente, ci sono continue emissioni di CFC-11 dall’isolamento in schiuma degli edifici e degli elettrodomestici fabbricati prima della metà degli anni ’90. Una quantità minore di CFC-11 esiste ancora oggi nei frigoriferi e nei congelatori più vecchi.

Grazie al protocollo di Montreal, le concentrazioni di CFC-11 sono diminuite del 15% rispetto ai livelli massimi misurati nel 1993.

Ma, sebbene le concentrazioni di CFC-11 nell’atmosfera stiano ancora diminuendo, stanno declinando più lentamente di quanto farebbero se non ci fossero nuove fonti.

I risultati della nuova analisi delle misurazioni atmosferiche NOAA spiegano perché: dal 2014 al 2016, le emissioni di CFC-11 sono aumentate del 25% rispetto alla media misurata dal 2002 al 2012.

Gli scienziati avevano previsto che entro la metà del secolo, la concentrazione atmosferica di gas che riducono lo strato di ozono sarebbe scesa ai livelli precedenti agli anni ’80. Le nuove analisi non spiegano in modo definitivo perché le emissioni di CFC-11 sono in aumento ma sembrerebbe che qualcuno stia producendo CFC-11 che si disperde nell’atmosfera. Non è chiaro perchè lo stiano facendo, se è stato creato per uno scopo specifico o inavvertitamente come prodotto secondario di qualche altro processo chimico.

Se la fonte di queste nuove emissioni potrà essere identificata e fermata in fretta, il danno allo strato di ozono dovrebbe essere contenuto, in caso contrario, potrebbero verificarsi notevoli ritardi nel recupero dello strato di ozono.

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