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L’esperimento Milgram: siamo tutti capaci di fare del male

Nel 1961 si svolse uno dei più controversi esperimenti di psicologia sociale, l'esperimento Milgram, che ebbe il merito di spiegare come, in certi contesti, brave persone possano perdere ogni freno morale

L’esperimento Milgram fu la conseguenza della domanda che si posero, dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, filosofi, psicoanalisti e storici che discussero per anni su come centinaia di migliaia di persone comuni eseguirono con disarmante normalità le azioni più riprovevoli ed aberranti dell’ideologia nazista.

La “banalità del male“, come l’aveva definita Hanna Arendt nel 1963, fu soggetta ad una verifica durante uno dei più controversi e scioccanti esperimenti di psicologia sociale nel 1961: l’esperimento Milgram.

L’esperimento Milgram

Il professore Stanley Milgram dell’Università di Yale reclutò attraverso annunci sui giornali 40 volontari, maschi, tutti tra i 20 e i 50 anni, di diversa estrazione sociale e professionale: insegnanti, dipendenti pubblici, ingegneri, operai, commercianti.

Ai volontari dell’esperimento Milgram fu comunicato che avrebbero collaborato, dietro ricompensa, a un esperimento sulla memoria e sugli effetti dell’apprendimento. Ad ogni volontario vero fu assegnato un “allievo” che era in realtà, un attore complice nell’esperimento. Un ricercatore in camice bianco spiegò al volontario la natura “semplice” dell’esperimento: l’idea portante era quella di esaminare l’effetto della punizione sull’apprendimento.

Secondo la metodologia prevista per l’esperimento Milgram,il volontario veniva condotto in una stanza che era separata da una stanza adiacente da uno di quei vetri dai quali si può osservare senza essere osservati. Nell’altra stanza il volontario “finto” veniva legato ad una sedia con un elettrodo al polso. Il vero volontario, accompagnato dallo “scienziato” poteva comunicare tramite interfono con l’allievo legato e, soprattutto, soprattutto, aveva a disposizione un generatore di scosse collegato all’elettrodo fissato sulla mano dell’attore con cui era in grado di somministrare delle scosse elettriche.

Il suo compito era il seguente: doveva leggere ad alta voce una serie di coppie di parole (per esempio, “ragazza-triste”, “bella-giornata”) che l’allievo nell’altra stanza doveva imparare a memoria. Poi leggeva una lista di parole singole e l’altro doveva dire la parola che vi era appaiata: se la risposta era giusta si procedeva, ma se era sbagliata il volontario doveva comunicare la risposta esatta, quindi annunciare l’intensità della scossa che avrebbe mandato e poi premere un interruttore per somministrarla. A ogni risposta sbagliata l’intensità della corrente veniva aumentata di 15 volt.

Esperimento Milgram

Ovviamente il generatore di scosse era finto e l’allievo, che in realtà era un attore, simulava paura e dolore dopo essere “colpito” dalle scosse in un crescendo che presto metteva a disagio diversi volontari. Quando si arrivava ai 300 volt e le grida dell’allievo diventavano insopportabili e alcuni volontari venivano presi da crisi di nervi, altri diventavano dubbiosi e recalcitranti; a questo punto, lo “scienziato” a loro fianco interveniva incoraggiandoli con qualche parola e poi, di fronte a ulteriori dubbi, dicendo che non avevano altra scelta che andare avanti. Se si rifiutavano, l’esperimento Milgram si concludeva.

I risultati dell’esperimento Milgram

Milgram pensava che pochi volontari sarebbero arrivati alla fine dell’esperimento ovvero a giungere al livello di 450 volt, invece sorprendentemente nonostante alcune crisi ed un profondo senso di disagio in diversi volontari, tutti e 40 arrivarono alla soglia dei 350 volt, mentre soltanto 5 si rifiuteranno di applicare la scossa da 450 volt.

Questo stupefacente grado di obbedienza che aveva travalicato i principi morali della quasi totalità dei 40 volontari era ascrivibile fondamentalmente a tre fattori:

  • percezione di legittimità dell’autorità (nel caso in questione la persona in camice bianco incarnava l’autorevolezza della scienza)
  • adesione al sistema di autorità (l’educazione all’obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)
  • le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure rompere l’accordo fatto con lui).

L’esperimento fu molto criticato dal punto di vista etico ma ebbe il merito di fare luce sui meccanismi oscuri e perversi che possono indurre in determinati contesti delle brave persone a trasformarsi e compiere azioni gravissime e spietate se viene a loro richiesto dall’autorità.

Il controverso esperimento di Milgram ebbe luogo tre mesi dopo che a Gerusalemme era iniziato il processo al criminale di guerra Adolf Eichmann, la cui biografia dimostra come un uomo ordinario e comune sia potuto diventare in un determinato contesto storico e sociale la quintessenza del male.

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