“Non credo di sbagliarmi di molto affermando che questa invenzione si dimostrerà importante in futuro“. Leo Baekeland scrisse queste parole nel suo diario l’11 luglio 1907. Era di buon umore. Aveva 43 anni, aveva appena inventato la plastica.
Nato in Belgio, suo padre era un calzolaio. Non aveva studiato altro che il suo mestiere e non capiva perché il giovane Leo studiare. Ad appena 13 anni il padre prova ad inserirlo nella sua attività artigianale ma la madre, per fortuna, aveva altre idee.
Mandò Leo alle scuole serali finché il ragazzo non vinse una borsa di studio con la quale si iscrisse all’Università di Ghent. All’età di 20 anni Leo aveva un dottorato in chimica.
Sposò la figlia del suo tutor e si trasferì a New York dove inventò la Velox, una carta fotografica che rivoluzionava il procedimento di stampa della fotografia in quanto si poteva sviluppare con la luce artificiale. Cinque anni più tardi vendeva l’azienda ed il brevetto alla Kodak di George Eastman per un’ingente cifra, attorno ai 3 milioni di dollari, cifra strabiliante per l’epoca.
I Baekelands abitavano a Yonkers, in un’area affacciata sul fiume Hudson, dove Leo si costruì un laboratorio per indulgere nel suo amore per la manipolazione con i prodotti chimici. Nel luglio del 1907 stava sperimentando la formaldeide e il fenolo.
Questi esperimenti avrebbero portato alla sua seconda fortuna.
Divenne così famoso che la rivista Time mise il suo volto in copertina senza citare il suo nome, solo le parole: “Non brucerà, non si scioglierà“.
Quello che Leo Baekeland aveva inventato quel luglio era la prima plastica completamente sintetica.
Lo chiamò Bakelite.
E aveva ragione sulla sua importanza futura. Le plastiche sarebbero presto state utilizzate per qualunque cosa.
Quando Susan Freinkel scrisse il suo libro “Plastic: A Toxic Love Story“, si rese conto che ogni giorno la maggior parte delle cose che utilizzava o toccava erano composte di plastica: l’interruttore della luce, il sedile del WC, lo spazzolino da denti, il tubo del dentifricio.
Potenziale illimitato
Alla fine della giornata calcolò di avere toccato o utilizzato 196 oggetti fatti di plastica. E, in realtà, produciamo tanta plastica, utilizzando circa l’8% della produzione petrolifera mondiale, metà per materie prime, metà per energia.
Con l’avvento della plastica, la vecchia tassonomia che divideva il mondo in animali, minerali e vegetali non bastava più, ora c’era un quarto regno dai confini illimitati.
Sembra iperbolico, ma è vero.
Gli scienziati, in precedenza, tentavano di migliorare o imitare le sostanze naturali.
Le plastiche precedenti, come la celluloide, erano basate sulle piante, e Baekeland stesso aveva cercato un’alternativa al sellaco, una resina secreta dai coleotteri che veniva utilizzata per l’isolamento elettrico.
Esplosione artificiale
La Bakelite era “Il materiale da un migliaio di usi”, la si trovava nei telefoni, nelle radio, nelle pistole, le caffettiere, le palline da biliardo e perfino nei gioielli. Fu usata perfino nella prima bomba atomica.
Il successo della Bakelite portò inevbitabilmente a cercare altri materiali artificiali dotati di proprietà che potevano non trovarsi in natura.
Negli anni ’20 e ’30, i laboratori di tutto il mondo cominciarono a sintetizzare plastiche di ogni tipo.
Arrivarono il polistirolo, spesso usato per imballaggio o isolamento termico, il nylon e il polietilene, la base di sacchetti di plastica.
e intanto la produzione di plastica aumentò nel mezzo secolo successivo di 28 volte, per raddoppiare ulteriormente nei vent’anni seguenti.
E la produzione di plastica in continua crescita cominciò a procurare i primi danni ambientali, soprattutto si cominciò a rendersene conto. Alcune delle sostanze chimiche nelle materie plastiche sono in grado di influenzare l’evoluzione e la riproduzione degli animali.
Quando le materie plastiche finiscono in discarica, queste sostanze chimiche possono penetrare nel suolo fino alle falde di acqua sotterranee e, da qui, trovare la strada per fiumi, laghi, mari ed oceani dove cominciano ad entrare nella catena alimentare.
Ad onor del vero, bisogna dire che la medaglia ha un’altra faccia: la plastica presenta anche alcuni vantaggi ambientali oltre che economici: ad esempio i veicoli fatti con parti in plastica sono più leggeri, quindi consumano meno carburante. Gli imballaggi in plastica mantengono al meglio il cibo fresco e quindi riduce i rifiuti. Se le bottiglie non fossero di plastica, sarebbero fatte di vetro. Per un bambino al parco giochi sarebbe più dannoso cadere su un frammento di vetro o su un pezzo di plastica?
Tassi di riciclaggio rifiuti
Sia come sia, è ormai necessario migliorare il riciclaggio della plastica,non possiamo continuare a produrne più di quanta e consumiamo senza inondare il pianeta e ritrovarcela anche nel cibo che mangiamo e nell’acqua che beviamo.
Alcune materie plastiche non possono essere riciclate, come la Bakelite. Molte altre lo potrebbero essere, ma non lo si fa. Infatti solo un settimo degli imballaggi in plastica viene riciclato, molto meno della carta e dell’acciaio. E per altri prodotti in plastica il tasso di riciclaggio è ancora inferiore.
Migliorare il riciclaggio della plastica dovrebbe essere un impegno comune di tutti.
Il tasso di riciclaggio differisce notevolmente in tutto il mondo.
Una storia di successo è Taipei, Taiwan. Ha cambiato la cultura dei rifiuti rendendo facile e obbligatorio per i cittadini riciclare, inserendo anche pesanti sanzioni per chi non lo fa.
Ma esistono soluzioni tecnologiche?
Rivoluzionario?
I fan di fantascienza godranno di una nuova invenzione, il ProtoCycler. Gli fornisci i tuoi rifiuti di plastica e ti dà filamenti adatti per la tua stampante 3D.
È quanto di più vicino possiamo ottenere oggi al replicatore di Star Trek.
Ancora oggi, insomma, la Bakelite dovrebbe essere sentita rivoluzionaria come ci sembra il replicatore di Star Trek.
È un prodotto sintetico semplice e poco costoso, in grado di sostituire ceramica e metallo in moltissimi prodotti ma anche abbastanza bello da essere usato per produrre gioielli e sostituire l’avorio.
Si tratta un materiale miracoloso, anche se – come tutte le materie plastiche oggi – lo diamo per scontato.
Ma i produttori oggi non hanno rinunciato all’idea di poter fare qualcosa di prezioso e pratico da qualcosa di economico e senza valore.
Le ultime tecniche di trash up della plastica definite di “upcycle”, tentano di produrre nuovi materiali e con nuove proprietà mescolando la plastica con rifiuti agricoli e nanoparticelle.
Leo Baekeland avrebbe approvato.