La sonda OSIRIS-REx della NASA tra pochi giorni cercherà di raccogliere un campione dalla superficie di un asteroide per inviarlo sulla Terra. Il bersaglio è l’asteroide Bennu, una roccia dal diametro di circa 500 metri che orbita intorno al Sole a 28 chilometri al secondo.
Osiris-Rex si porterà nella posizione prescelta per la raccolta del campione ed eseguirà un touch and go. La sonda espellerà un braccio robotico che toccherà la superficie di Bennu per pochi secondi e, grazie a una piccola esplosione controllata, sarà in grado di raccogliere frammenti del piccolo asteroide. La sonda ha tre tentativi, fanno sapere dalla Nasa: l’obiettivo è quello di raccogliere almeno 60 grammi di materiale, anche se si spera di poterne raccogliere un quantitativo maggiore, almeno due chili.
La sonda Osiris-Rex (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith EXplorer) ha raggiunto l’asteroide Bennu nel 2018, concludendo così la prima fase di una delle missioni spaziali più complesse mai tentate prima. Osiris-Rex dovrà inoltre tornare sulla Terra con il suo prezioso carico che gli scienziati hanno definito come una “capsula del tempo” che racconterà molte cose sul passato del nostro sistema solare. Questa missione potrebbe inoltre gettare le basi per il futuro sfruttamento minerario degli asteroidi.
La Osiris-Rex ha utilizzato gli strumenti a disposizione per studiare l’asteroide prima dell’ incontro ravvicinato. Da allora sono già stati pubblicati sei articoli nelle riviste Science and Science Advances che dettagliano le proprietà fisiche di Bennu che mostra una storia sorprendentemente complessa.
“La sonda sta osservando l’asteroide da quasi due anni”, ha detto l’astronomo Joshua Emery della Northern Arizona University e un membro del team scientifico di OSIRIS-REx. “Bennu si è rivelato un piccolo e affascinante asteroide e ci ha riservato molte sorprese”.
Bennu è noto come un asteroide “mucchio di macerie”, un conglomerato di roccia relativamente sciolto e a bassa densità, che si ritiene si sia formato quando un oggetto più grande è andato in frantumi, e una parte del materiale si è ricombinato formando Bennu. L’asteroide sembra avere la forma di un diamante grezzo, con una cresta pronunciata all’equatore.
Ora, per la prima volta, grazie a Michael Daly della York University abbiamo una dettagliata mappa digitale 3D della superficie di Bennu. La mappa rivela che la cresta equatoriale non è l’unica, esistono: altre creste molto più sottili e si estendono da un polo all’altro, indicando che, sebbene l’asteroide sia fatto di “macerie“, possiede una certa coesione interna.
Lo scorso anno gli scienziati hanno scoperto che Bennu espelleva del materiale, una parte del quale ricadeva sulla superficie mentre alcuni frammenti sembravano entrare in orbita. Inoltre sono state trovate le prove dell’esistenza di materiale carbonioso che suggeriva la presenza di acqua in qualche momento del suo passato. Amy Simon della NASA-Goddard grazie a un’indagine spettrale dell’asteroide nell’infrarosso e nel vicino infrarosso, ha confermato la presenza di materiali organici diffusi su tutta la superficie di Bennu, il primo rilevamento concreto di questi materiali in un asteroide. Queste scoperte confermerebbero l’ipotesi che asteroidi e meteoriti avrebbero potuto trasportare almeno alcuni degli ingredienti utili alla vita sulla Terra.
C’era anche l’acqua
Bennu ha molto da dirci sull’origine del sistema solare e forse sull’acqua. Uno studio spettrale ha rivelato vene luminose di materiale carbonatico che attraversano una serie di massi .Questo, secondo un team di scienziati guidati da Hannah Kaplan della NASA-Goddard, è coerente con i carbonati trovati nei “meteoriti di condrite carboniosa” carbonati che si sono formati attraverso le interazioni con l’acqua. Le vene sono lunghe almeno un metro e larghe alcuni centimetri. In passato sulla superficie del corpo che ha originato Bennu scorreva l’acqua.
“Il flusso di fluido sul corpo genitore di Bennu avrebbe avuto luogo su distanze di chilometri da migliaia a milioni di anni“, hanno scritto i ricercatori nel loro articolo.
Le immagini multispettrali della superficie hanno aggiunto altro su Benn, l’asteroide non sembra esposto alle intemperie in modo uniforme. L’analisi è stata condotta da Daniella DellaGiustina dell’Università dell’Arizona. Il team ha inoltre scoperto che alcune regioni sono state esposte ai raggi cosmici e il vento solare più a lungo di altre, suggerendo la possibilità di eventi di impatto che espongono nuovo materiale in momenti diversi della storia di Bennu.
La sonda recupererà il materiale dal cratere dell’usignolo, un luogo ideale in quanto ricco di materiale “fresco” offrendo uno sguardo del primo sistema solare, l’epoca in cui si ritiene si sia formato Bennu. Ma ci sono altre sorprese, ad esempio, lo studio sui cambiamenti di temperatura condotto da Ben Rozitis della Open University ha trovato qualcosa di interessante selle rocce presenti sulla superficie di Bennu. Si dividono in due categorie: più forti e meno porose e più deboli e più porose. I massi più forti sono quelli che hanno vene carbonatiche, suggerendo che l’interazione con l’acqua può alla fine produrre roccia più forte mentre il liquido filtra materiale nei fori.
Tuttavia anche i massi più deboli non devono essere sottovalutati, probabilmente quelle rocce fragili non sopravviverebbero a un rientro nell’atmosfera terrestre, poiché si surriscalderebbero ed esploderebbero , questo significa che probabilmente sono un tipo di roccia spaziale che gli scienziati non hanno mai potuto analizzare. Inoltre, tornando alle rocce che vengono immesse in orbita, ancora non si è a conoscenza del meccanismo di espulsione dall’asteroide.
“Era un po’ come se qualcuno fosse sulla superficie dell’asteroide e lanciasse queste biglie in modo che potessero essere rintracciate“, ha detto il leader dello studio Daniel Scheeres dell’Università del Colorado Boulder. “I nostri colleghi potrebbero dedurre il campo di gravità nelle traiettorie che quelle rocce hanno preso“.
Grazie alle misurazioni del campo gravitazionale di Bennu effettuate dall’OSIRIS-REx, il team è stato in grado di calcolare la densità interna dell’asteroide, poiché le regioni più dense creano un campo gravitazionale locale più forte. Gli scienziati hanno avuto una sorpresa, l’asteroide non presenta una densità omogenea ma sembra essere più denso in superficie, come se l’interno fosse vuoto.
Su Bennu e i suoi misteri ci sarà ancora molto da fare e per ora gli scienziati si dovranno accontentare di una manciata di materiale che potranno studiare nei loro laboratori.
Fonte: https://www.wired.it/scienza/spazio/2018/12/03/osiris-rex-asteroide-bennu/
Fonte: https://www.sciencealert.com/water-once-flowed-across-the-rocks-of-asteroid-bennu