Nuovi strani mondi, detti blanet, potrebbero orbitare attorno al buco nero supermassiccio Sagittarius A che occupa il centro della nostra galassia, Via Lattea.
I buchi neri supermassicci sono oggetti cosmici che dimorano nel cuore della maggior parte se non di tutte le galassie. Potrebbero essere essi stessi i semi da cui le galassie hanno origine.
Questi buchi neri hanno una massa di almeno centomila volte quella del Sole e spesso sono circondati da nubi di gas e polveri che irradiano nello spazio circostante immense quantità di energia, prendendo il nome di nuclei galattici attivi.
I ricercatori hanno una nuova domanda alla quale rispondere: possono formarsi dei pianeti a partire dalle nubi di polveri e gas in rotazione attorno ai buchi neri supermassicci?
La risposta, almeno secondo Keichi Wada, dell’Università di Kagoshima, e un paio di colleghi, sembra positiva. Il gruppo di ricercatori ha dimostrato che in determinate condizioni i pianeti dovrebbero formarsi a partire dalle polveri e i gas.
Questi pianeti black hole, o “blanet” come li ha soprannominati il team, sarebbero abbastanza diversi da qualsiasi pianeta convenzionale e creerebbero una classe completamente nuova di oggetti da sogno per gli astronomi.
La formazione dei pianeti, il disco protoplanetario
La teoria comunemente accettata sulla formazione dei pianeti afferma che questi si formino a partire da un disco protoplanetario di gas e polveri in orbita attorno a giovani stelle. Negli scontri tra le particelle di polvere si formano dei grumi più grandi che iniziano a raccogliere la polvere circostante mentre orbitano attorno alla giovane stella.
Questi grumi divengono sempre più grandi fino a diventare dei veri e propri pianeti.
Secondo Wada e il suo team, un processo simile dovrebbe verificarsi intorno ai buchi neri supermassicci. Questi oggetti cosmici sono anch’essi circondati da immense nubi di gas e polveri che in qualche maniera richiamano alla mente i dischi protoplanetari.
Durante la sua orbita le particelle che compongono la nube dovrebbero collidere e formare dei grumi via via più consistenti fino a formare dei pianeti o, in questo caso dei “blanet”.
Questo avverrebbe ad una scala immensamente più grande viste le dimensioni dei buchi neri supermassicci, con almeno centomila masse solari. Tuttavia le particelle di ghiaccio possono formarsi solo dove è abbastanza freddo da consentire la condensazione dei composti volatili. La distanza che consente la formazione di questi composti è posta a 100 trilioni di chilometri dal buco nero supermassiccio. L’orbita verrebbe cosi percorsa in un milione di anni dall’eventuale blanet.
Il team si è concentrato sulla crescita di questi corpi planetari. Un limite è dato dalla velocità relativa delle polveri e dei gas, se troppo veloci gli scontri troppo violenti potrebbero impedire la formazione di corpi sufficientemente grandi.
Wada e colleghi hanno calcolato che questa velocità critica deve essere inferiore a circa 80 metri al secondo. Allo stesso tempo, il tasso di collisioni deve essere abbastanza alto da consentire la formazione di blanet durante la vita di un nucleo galattico attivo, che si pensa sia forse di cento milioni di anni. Ciò lascia solo un piccolo lasso di tempo in cui possono formarsi i blanet, a meno che non ci sia un altro fattore che promuove la loro formazione.
L’attenzione del Team è rivolta alle radiazioni presenti nella nube di polvere e gas
Il focus dell’attuale lavoro del team è proprio su questo fattore: l’impatto delle radiazioni sulla nube di polvere. La radiazione da un nucleo galattico attivo tenderebbe ad allontanare le particelle di polvere dal buco nero, creando un “vento” costante di nuovo materiale utile per la formazione dei blanet. Ciò ha un impatto significativo, affermano Wada&co.
In queste condizioni, i blanet crescono più velocemente e possono raggiungere dimensioni fino a 3000 volte la massa della Terra (oltre questa soglia sarebbero abbastanza massicci da diventare nane brune). In assenza del vento di polvere, i blanet non crescerebbero fino a sei volte la massa della Terra.
“I nostri risultati suggeriscono che i blanet potrebbero formarsi intorno a nuclei galattici attivi a luminosità relativamente bassa durante la loro vita”, affermano Wada e colleghi.
Come sarebbero questi corpi è una questione aperta. Wada il suo tem dicono che non possono essere giganti gassosi come Giove o Nettuno.
“L’involucro gassoso di un blanet dovrebbe essere abbastanza piccolo rispetto alla massa del blanet“, dicono. E non sarebbero nemmeno molto simili alla Terra. “I blanet sono straordinariamente diversi dai pianeti di tipo Terrestre”, aggiunge il team.
Per il momento il lavoro è del tutto teorico e la prospettiva di osservare un blanet non sembra elevata. Il nucleo galattico attivo più vicino, Centaurus A, si trova a 11 milioni di anni luce dalla Terra, ben oltre l’ambito delle attuali ricerche di esopianeti, che si estendono solo per poche migliaia di anni luce.
Ma se i blanet esistessero, potrebbero sostenere la vita?
Proprio questa domanda è sorta in seguito all’uscita del film Interstellar, che mostrava un pianeta potenzialmente abitabile in orbita attorno a un buco nero. La risposta: probabilmente no, anche se questo non è un motivo per cui gli astronomi smettono di cercare.
Fonte: Discover Magazine