La Spagna era uscita spossata e devastata dalla lunga guerra civile e per questo Francisco Franco, a costo di inasprire i rapporti con Hitler e Mussolini che di fatto con i loro aiuti gli avevano permesso di avere la meglio sui repubblicani, aveva assunto una posizione di non belligeranza nel conflitto mondiale in corso.
Le pressioni di Hitler e l’esigenza di non sembrare completamente irriconoscente spinsero il dittatore spagnolo a promuovere, in occasione dell’Operazione Barbarossa, la formazione di una divisione di “volontari” da affiancare alle truppe germaniche nelle sterminate pianure sovietiche.
Con questa mossa Franco sperava inoltre di poter contrattare le pretese naziste rispetto alla fornitura di 100.000 lavoratori da impiegare nelle fabbriche tedesche per rimpiazzare gli operai arruolati nella Werhmacht. La Divisione Azzurra chiamata così per i colori dell’uniforme falangista risultò più problematica del previsto tanto che i ranghi furono integrati da interi reparti dell’esercito regolare spagnolo.
In realtà in condizioni operative i soldati della Divisione Azzurra utilizzavano l’uniforme grigioverde della Wehrmacht, leggermente modificata per la visualizzazione sulla parte superiore della manica destra e sul lato destro dell’elmetto della parola España con i colori nazionali spagnoli. La formazione della Divisione Azzurra permise a Franco di ottenere un corposo sconto sui lavoratori spagnoli da inviare come rimpiazzi in Germania, da 100.000 scesero a soli 20.000.
I ranghi al completo del contingente spagnolo arrivarono a sfiorare i 18.000 uomini con 2.200 ufficiali. Inizialmente Mussolini non la prese bene, infastidito dall’approvazione di Hitler alla partecipazione delle truppe falangiste alla campagna di Russia, mentre contestualmente il Fuhrer si mostrava molto tiepido verso la partecipazione italiana.
La Divisione Azzurra però dipendeva per ogni tipo di fornitura, dalle armi, alle uniformi, dai mezzi di trasporto al vettovagliamento, dall’esercito tedesco e quindi si dovette attendere il 20 agosto 1941 prima che il contingente spagnolo raggiungesse via treno Suwalki, in Polonia e da lì proseguire a piedi verso il fronte.
L’impiego della Divisione Azzurra nell’assedio di Leningrado fu il primo teatro operativo delle truppe spagnole. Nonostante il grande strombazzamento propagandistico sulla partecipazione della Divisione Azzurra, in realtà l’esercito tedesco disprezzava apertamente quello che considerava un ammasso di uomini raccogliticcio, non professionale e persino parassitario.
In queste condizioni il contingente spagnolo, poco addestrato, con una logistica che dipendeva al 100% dai tedeschi, subì perdite pesantissime che ne falcidiarono i ranghi, mai reintegrati, tanto che nel 1943 quando ormai le sorti della campagna russa (e della guerra) apparivano chiare e nefaste per l’Asse, Franco ritirò i 3.500 superstiti anche per cercare di prendere le distanze dal Reich nazista le cui sorti ormai sembravano a tutti, a parte Hitler, segnate.
La scelta di Franco però non fu seguita da tutti i volontari spagnoli, tra i 1.500 e i 3.000 uomini rifiutarono di tornare in patria: costoro furono riorganizzati a novembre in una Legión Azul, al comando del colonnello García Navarro, della Legione spagnola; singoli spagnoli continuarono a raggiungere la Germania clandestinamente, passando attraverso Lourdes.
Durante i due anni di operatività ben 47.000 soldati spagnoli servirono nella Divisione Azzurra. La sciagurata avventura franchista a sostegno dell’Asse nelle immense steppe sovietiche alla fine costò 4.954 morti e 8.700 feriti, mentre 372 volontari spagnoli furono catturati dai russi.
Di questi, ben 286 vennero tenuti in prigionia fino al 1954, quando arrivarono al porto di Barcellona il 2 aprile, trasportati dalla famosa nave Semiramis, noleggiata dalla Croce Rossa Internazionale.