Cosa significa l’ultima scoperta di LIGO e Virgo sui buchi neri

I dati provenienti dagli osservatori LIGO e Virgo hanno evidenziato, attraverso lo studio di onde gravitazionali, l'esistenza di un buco nero di dimensioni mai teorizzate finora.

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Uno degli aspetti più affascinanti dell’essere astrofisico è che ci si ritrova a scoprire cose che non si pensava potessero esistere. Il Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory. LIGO e il Virgo Obsevatory hanno scoperto il loro più grande buco nero di sempre. Si tratta di una scoperta di rilevante importanza, perché di fatto gli scienziati nutrivano forti dubbi sull’esistenza di buchi neri di tale massa.

Dopo mesi di minuziose analisi, i ricercatori dei due osservatori hanno pubblicato la loro scoperta nelle riviste specializzate Physical Review Letters e Astrophysical Journal Letters.

Questo particolare buco nero è stato individuato perché la sua fusione con un altro buco nero di dimensioni più piccole ha prodotto l’emissione di onde gravitazionali. Le onde gravitazionali sono increspature nello spazio-tempo, che possono essere rilevate sulla Terra – come gli echi di violente collisioni cosmiche che, in questo caso, si sono verificate miliardi di anni fa.

Dal punto di vista della ricerca, la scoperta rappresenta un passaggio fondamentale, ponendo gli astrofisici di fronte a una scommessa. Nel febbraio 2017, un gruppo di astrofisici si è riunito presso l’Aspen Center for Physics in Colorado, Stati Uniti, dove sono stati discussi, con entusiasmo, i risultati che erano stati da poco rilevati dal LIGO. Nella stessa occasione, però, venivano poste le basi per nuove scoperte future, focalizzando l’attenzione su come coppie di buchi neri potessero fondersi.

Molteplici erano le idee sotto osservazione. Una di queste, ipotizza che coppie di stelle di grandi dimensioni, evolvono gradualmente, una a fianco all’altra, fino a che entrambe non collassano in buchi neri e quindi si fondono. Secondo un’altra ipotesi, buchi neri precedentemente sconosciuti possono essere uniti insieme dalla forte spinta di un aggregato di altre stelle in regioni con alta densità stellare. La domanda, a questo punto è: qual’è il processo giusto?

Morti stellari violente

Al termine della loro vita – quando le stelle esauriscono tutto il loro combustibile e non hanno più la pressione necessaria per controbilanciare la loro stessa gravità – esse collassano. Le stelle con masse più piccole, come il nostro Sole, alla fine diventano piccoli fantasmi stellari, conosciute come nane bianche. Stelle che prima avevano una massa a volte anche superiore di otto volte quella del Sole, diventano degli oggetti incredibilmente densi e piccoli, chiamati stelle di neutroni. Mentre, quelle stelle la cui massa, alla nascita, era superiore di almeno venti volte quella del Sole, si trasformano in buchi neri, con masse finali che possono raggiungere anche valori che superano di 40 volte quella del Sole.

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A lungo, è stato ipotizzato che qualcosa di strano accadesse a stelle con elevata massa, per esempio stelle che alla nascita avevano delle masse tra 130 e 250 volte quella solare, e i cui centri, nel corso della loro evoluzione, raggiungono temperature prossime al miliardo di gradi Kelvin. La luce che rimbalza all’interno di queste stelle, e che fornisce la maggior parte della loro pressione alla gravità, ha un’energia così elevata che può trasformarsi in coppie di elettroni e positroni (i positroni sono le antiparticelle degli elettroni – ovvero quasi identici agli elettroni, ma con carica opposta).

Questo significa che, se tutti i buchi neri formati da coppie in fusione, fossero creati da stelle collassate, non dovrebbe esistere alcun buco nero con massa compresa tra 55 e 130 volte quella del Sole – le stelle che avrebbero potuto produrre questi residui sarebbero morte durante delle esplosioni che non hanno lasciato niente dietro. Invece, è possibile che si formino dei buchi neri, di grande massa, anche da stelle più pesanti (con masse superiori a 250 volte quella del Sole), che non subiscono la stessa fusione nucleare incontrollata, e collassano completamente in buchi neri.

Questo però non sarebbe il caso dei buchi neri che si fondono dentro il mare di stelle. Quando due buchi neri si fondono, creano un altro buco nero, la cui massa è all’incirca uguale alla somma delle masse dei singoli buchi neri. Se questo nuovo buco nero rimane dentro l’ambiente denso, può ulteriormente fondersi, dando origine a buchi neri di dimensioni ancora più grandi, che vanno a colmare la differenza di massa. Ciò ha portato gli astrofisici a lanciare la sfida di trovare un buco nero che si fonde, con una massa tra 55 e 130 volte quella del Sole.

Colmare la differenza di massa

GW190521 è il risultato della fusione di due enormi buchi neri, il più pesante tra quelli finora studiati attraverso le onde gravitazionali. Il più pesante dei due, con una massa tra 71 e 160 volte quella solare, copre esattamente la differenza di massa. Questo sembra suggerire che, di fatto, i buchi neri si fondono ripetutamente.

Adesso che la sfida di Aspen ha trovato una soluzione, il passo successivo che impegnerà gli astrofisici è quello di cominciare a pensare alle implicazioni che apporterà questa osservazione rivoluzionaria.

Si tratta effettivamente della dimostrazione definitiva che i buchi neri si fondono continuamente in un denso ammasso di stelle? È possibile che i confini della differenza di massa siano stati calcolati non correttamente a causa delle incertezze nelle reazioni nucleari? È possibile che la fusione sia avvenuta in modalità diverse che finora non erano mai state contemplate?

I gruppi di ricerca afferenti al LIGO-Virgo hanno svolto, ancora una volta, un lavoro straordinario con i loro strumenti e le loro analisi dei dati, ottenendo dei risultati inaspettati, e ciò fa sì che ogni singolo ricercatore si senta vincitore di questa scommessa.

Fonte: The conversation