E’ sempre arbitrario segmentare un lungo percorso evolutivo delle società umane cercando di classificarle, ma può risultare utile per meglio comprendere la dinamica di certi fenomeni adoperarsi, talvolta, in questo esercizio.
Ciò premesso le società umane possono essere sommariamente divise in quattro tipologie fondamentale: bande, tribù, chefferies e stati.
Le bande sono le società umane più piccole costituite al massimo da qualche decina di membri, un insieme di famiglie estese per lo più imparentate tra loro. Al giorno d’oggi le uniche bande autosufficienti sono confinate nelle piú remote aree della Nuova Guinea e dell’Amazzonia. Altre popolazioni strutturare in bande come i pigmei, i boscimani, gli inuit ed alcuni gruppi di nativi americani sono state assimiliate dai governi centrali oppure sterminate. Le bande sono formate da cacciatori-raccoglitori e tutta la popolazione umana ha vissuto in bande fino a 40.000 anni fa ed ancora, all’alba dello sviluppo dell’agricoltura, la maggioranza del genere umano viveva in formazioni sociali composte da poche decine di individui.
Le bande sono organizzazioni sociali primitive che mancano di specializzazioni e dove tutti membri abili al lavoro fanno sostanzialmente le stesse cose. La leadership non è mai formalizzata ma si acquisisce attraverso l’esperienza e l’esempio e l’abilità nel cacciare e nel combattere. Anche i nostri parenti animali più prossimi, gorilla e scimpanzé vivono in bande.
La banda è un tipo di organizzazione sociale che abbiamo ereditato da una storia evolutiva lunga milioni di anni. Tutti i successivi sviluppi sono stati compiuti in poche decine di migliaia di anni.
Lo stadio successivo è la tribù costituita da alcune centinaia di individui, generalmente stanziali anche se esistono tribù e perfino chefferies nomadi. Una classica organizzazione tribale è costituita da un villaggio o insieme di piccoli villaggi strettamente collegati tra loro. Gli scavi archeologici mostrano che le prime tribú apparvero circa 13 000 anni fa nella Mezzaluna Fertile, e dopo in altre aree. Un prerequisito per l’insediamento stabile è la capacità di produrre cibo, o perlomeno il vivere in un ambiente le cui risorse sono particolarmente ricche e concentrate.
L’organizzazione sociale di uno tribù è più complessa della banda, essa si divide in clan che si suddividono una parte del territorio occupato. Si tratta in ogni caso di una struttura sociale dove quasi tutti si conoscono tra loro e dove quasi tutti sono legati tra loro per parentela o matrimoni.
Non esistono leggi o polizia ed i contrasti vengono appianati e giudicati generalmente da parenti ed affini per prevenire l’esplosione di forme di violenza. Il loro sistema di governo è ancora informale ed egualitario, e la trasmissione delle informazioni e i processi decisionali sono comuni a tutti i membri della tribù. L’economia si basa sul baratto e la leadership ricalca i requisiti propri delle bande. Pur mancando di edifici pubblici in alcune tribù sono presenti edifici di culto che ne rappresentano in nuce la funzione. Le poche tribù che ancora sopravvivono sono confinate in territori marginali dal punto di vista economico.
Le chefferies, non esiste un termine italiano per indicare questa particolare forma di organizzazione sociale, sono tutte scomparse agli inizi del ventesimo secolo. La loro dimensione risultava infatti estremamente appetibile per gli stati confinanti che le hanno inglobate, generalmente attraverso l’uso della forza.
Le chefferies erano molto piú popolose delle tribú, e comprendevano migliaia, se non decine di migliaia di individui. Le loro dimensioni potevano creare seri problemi di conflittualità interna, perché ogni abitante non aveva alcun legame di sangue con la maggioranza degli altri, né poteva conoscerne tutti i membri. Sviluppatesi 7500 anni fa, questa forma sociale si consolidò strutturandosi definitivamente 5500 a.e.v. nella Mezzaluna fertile e successivamente intorno al 1000 a.e.v. in Mesoamerica e sulle Ande.
Il perno centrale della stabilità delle chefferies risiedeva nella presenza di un capo, un re ante litteram, formalmente riconosciuto che generalmente trasmetteva il potere ereditariamente.
I capi potevano essere riconosciuti tra la folla perché indossavano vesti o ornamenti speciali e un comune cittadino doveva mostrargli rispetto attraverso forme ritualizzate come l’inchino. Questa sorta di re poteva avvalersi per il controllo sociale di una serie di capi di basso rango, senza che questo comportasse la nascita di una burocrazia “governativa”.
L’economia delle chefferies che doveva sostenere diverse migliaia di individui si basava sull’agricoltura e sulla caccia anche se ci sono esempi, come gli indiani della costa settentrionale del Pacifico di totale assenza dell’agricoltura sostituita dalla straordinaria pescosità di mari e fiumi.
Le eccedenze alimentari erano impiegate per sostenere il capo con i suoi subordinati e gli artigiani indispensabili per la produzione di armi e manufatti. Un elemento che caratterizza questa struttura sociale è la produzione di “beni di lusso” riservati al capo ed all’elite dominante così come si rivela dalle sepolture funerarie rinvenute. Altri segni distintivi sono la presenza diffusa di edifici pubblici e di culto.
Contrariamente alle tribù che non conoscevano lo schiavismo, le chefferies utilizzavano abbondantemente questa “manodopera” per le necessità delle caste dominanti.
Non dobbiamo pensare però alle chefferies come ad un’organizzazione omogenea, in realtà c’erano profonde differenze nella struttura di questa organizzazione sociale. Le piú grandi avevano capi piú potenti, un maggior numero di caste, distinzioni piú marcate tra governanti e sudditi, tributi piú elevati e costanti, un maggior numero di burocrati e un’edilizia pubblica piú imponente.
Di fatto le chefferies sono l’avvento delle prime società basate sulla disuguaglianza. Per mantenere il controllo del potere i capi e le caste dominanti delle chefferies utilizzavano il monopolio della forza ed i guerrieri, ma anche la gestione di forme religiose e spirituali che anticiperanno le religioni istituzionalizzate e che svolgono la funzione di sostenere il potere del capo. Inoltre i culti religiosi servivano a cementare una pacifica convivenza tra gli individui di questa forma di organizzazione sociale che non avevano alcun rapporto di parentela o clan tra loro.
La successiva evoluzione è quella che ancora oggi domina incontrastata l’organizzazione sociale dell’umanità: lo Stato. I primi stati sorgono in Mesopotamia intorno al 3700 a.e.v. al 300 a. C. in Mesoamerica, 2000 anni fa sulle Ande, in Cina e nel Sudest asiatico e 1000 anni fa nell’Africa occidentale.
I villaggi si moltiplicano e quello principale, già nei proto-Stati diventa la capitale, centro del potere esecutivo ed amministrativo, la popolazione cresce fino ad arrivare anche a molti milioni di abitanti. Il controllo centrale si fa piú capillare e la ridistribuzione economica sotto forma di tasse e tributi diventa generalizzata. La burocrazia cresce e si stratifica sia orizzontalmente che verticalmente. La base dello stato diventa la delimitazione territoriale ed i suoi confini e questo implica la nascita di stati con diverse etnie al suo interno.
Nel corso degli ultimi 10.000 anni la tendenza di fondo dell’evoluzione sociale è andata dal semplice al complesso, dal piccolo al grande. Quale saranno le tendenze del futuro? Si andrà verso un nuovo “gigantismo sovranazionale” oppure ci sarà la rivincita del piccolo e del localismo? Oppure emergerà una nuova organizzazione sociale che al momento non riusciamo neppure ad immaginare?
L’evoluzione non si arresta mai…..
Fonte: Armi, acciaio e malattie di J. Diamond
L’evoluzione delle società umane
Percorriamo sinteticamente l'evoluzione delle organizzazioni sociali umane attraverso quattro fasi principali
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