Una delle maggiori sfide che dovranno affrontare le missioni spaziali dilunga durata è capire come proteggere i membri dell’equipaggio dalle pericolose radiazioni emesse dal Sole e dai raggi cosmici.
È stato dimostrato che una muffa, un fungo, che prospera nel distrutto reattore nucleare di Chernobyl e che è in grado di assorbire grandi quantità di radiazioni, si adatta bene a vivere nello spazio e assorbe i dannosi raggi cosmici. Il test è stato effettuato sulla Stazione Spaziale Internazionale e sembra che possa avere le potenzialità per schermare e proteggere le future astronavi esplorative oltre alle basi sulla Luna e su Marte che le agenzie spaziali ed alcune società private prevedono di costruire sulla Luna, su Marte e su alcuni asteroidi.
Come è noto, l’esposizione ai raggi cosmici rappresenta un grave rischio per la salute degli astronauti che dovranno inoltrarsi oltre la protezione del campo magnetico della Terra per lunghi periodi. Si è pensato di dotare queste strutture di pesanti scudi protettivi in acciaio inossidabile e altri materiali e, perfino, di dotarle di intercapedini piene d’acqua (che fornisce una buona protezione) ma sono tutte soluzioni che comportano la spedizione di una notevole massa partendo dalla Terra, cosa che rende il tutto piuttosto complesso e costoso, anche se realizzabile.
Due scienziati, Xavier Gomez e Graham Shunk hanno avuto l’idea di realizzare scudi protettivi leggeri e sicuri utilizzando la particolare muffa, capace di assorbire le radiazioni e nutrirsene, che cresce intorno ai reattori di Chernobyl.
Anche altri scienziati di diverse università condividono l’idea di ostruire scudi anti radiazioni utilizzando questo fungo. Ci sono prove crescenti che quest’idea potrebbe essere efficace dopo che il fungo si è dimostrato in grado di bloccare i raggi cosmici durante un test su piccola scala effettuato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, dando speranza che si potranno rendere sicuri per gli esseri umani i viaggi spaziali di lunga durata del futuro.
I ricercatori della Johns Hopkins University e di Stanford dietro lo studio sull’ISS, che è stato condiviso online la scorsa settimana, hanno scoperto che un campione estremamente sottile del fungo Cryptococcus neoformans è stato in grado di bloccare e assorbire il due percento dei raggi cosmici da cui veniva colpito durante il test sulla ISS.
Questo non è certo sufficiente per proteggere gli astronauti, ma il campione in questione aveva uno spessore di soli due millimetri. Uno strato di soli 21 centimetri di spessore, affermano gli scienziati, sarebbe sufficiente per proteggere i futuri astronauti e coloni.
I ricercatori hanno anche ipotizzato che questa muffa potrebbe essere utilizzata mescolata ai tessuti usati per tessere le tute spaziali, come riferisce New Scientist, ma l’aspetto principale del lavoro dei ricercatori si è concentrato sul fatto che scudi “foderati” con questo fungo, oltre ad essere efficaci sarebbero in grado di autoripararsi perché eventuali parti danneggiate ricrescerebbero spontaneamente.
“Ciò che rende ideale questo fungo è che lo puoi coltivare, avendone una riserva di pochi grammi si potrebbero costruire nuovi scudi o amplaire quelli già esistenti”, ha detto a New Scientist il ricercatore di Stanford, co-autore dello studio, Nils Averesch . “Si auto-replica e si auto-guarisce, quindi, per esempio, anche se venisse danneggiato da un brillamento solare molto forte, sarebbe in grado di ricrescere e ripristinare la protezione totale in pochi giorni”.
Come sempre, la natura con la sua straordinaria duttilità ci viene incontro, presentandoci nuove soluzioni ai nuovi problemi. Starà a noi imparare sfruttare queste risorse nel modo giusto.
Una muffa potrebbe risolvere il problema della protezione degli astronauti dalle radiazioni cosmiche
Un campione estremamente sottile del fungo Cryptococcus neoformans, che prospera nei pressi del reattore di Chenobyl e in grado di nutrirsi di radiazioni, è stato in grado di bloccare e assorbire il due percento dei raggi cosmici da cui veniva colpito durante il test sulla ISS.
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