Covid19: la mascherina, sino all’arrivo del vaccino, resta fondamentale

Secondo l'infettivologo Italiano Sanguinetti, rispetto alla pandemia da covid19, non è ancora il momento di abbassare la guardia: sino all'arrivo del vaccino, la mascherina andrà indossata sempre

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L’involontaria protagonista della pandemia che ha coinvolto e sconvolto tutto il mondo è lei: la mascherina. Che dia autoprodotta o griffata dagli stilisti più trend del momento, il semplice presidio medico che ha lo scopo di limitare il contagio dell’infezione da Covid19, è al centro di diversi dibattiti.

Chi la vede come la salvezza assoluta, chi come la causa di ulteriori irritazioni e crisi respiratorie, e tra i più arditi, udite udite, c’è chi la ritiene il simbolo di un bavaglio che rappresenterebbe la perdita dei diritti civili fondamentali.


A fugare ogni dubbio sulla sua reale efficacia ci ha pensato Maurizio Sanguinetti, docente di microbiologia e direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio e infettivologiche del Policlinico Gemelli di Roma: “Quando si dice di dover imparare a convivere con il coronavirus, vuol dire che dobbiamo fare la nostra vita senza mai dimenticarci che il virus c’è. Ha una potenza inferiore? No, non si è modificato, ma si è ridotta la quantità del virus i circolazione. La paura non serveserve invece evitare in ogni modo nuovi focolai“.

Vanno identificati i focolaiquindi le persone infette. Solo così si riduce la trasmissione del coronavirus. In poche parole significa non ricreare le condizioni che ci hanno portato al lockdown”, ha chiarito lo scienziato.

Insomma, non va abbassata la guardia e tanto meno la mascherina: “Ormai sappiamo bene quali sono quelle che ci aiutano, e sarebbe un reato non metterle in pratica. Quindi la mascherina va usata, soprattutto nei luoghi chiusi, e non vanno creati grandi gruppi di persone, sia all’aperto sia e soprattutto nei luoghi chiusi”. Continua Sanguinetti: ” Altrimenti rischiamo di ripartire con i contagi. Del resto ci sono chiare evidenze di possibili riaccensioni del coronavirus, e non mi riferisco a Paesi lontani come gli Stati Uniti e il Sud America, ma anche ai nostri vicini come la Spagna”.

“Una recrudescenza importante ma di minore gravità non ci dice che possiamo stare tranquilli. Questi casi devono essere comunque isolati e identificati. Fino all’arrivo del vaccinoil rischio sarà alto. Dobbiamo resistere fino a quel giorno. Ma non è così difficile. Vogliamo andare al ristorante? Andiamo senza timori, ma con la mascherina fino al tavolo. Poi si può togliere. La mascherina è fondamentale, garantisce un abbattimento importante dei rischi”.

Che ci siano i tumori di un’ondata di ritorno del virus per il prossimo autunno, è una paura che serpeggia da tempo, e anche l’infettivologo italiano ha manifestato le sue perplessità al riguardo: la diagnostica microbiologica in Italia è sottopotenziata. È emerso chiaramente soprattutto nel primo periodo del Covid-19 in Italia, quando si faceva fatica a fare i tamponi. In Corea del Sud sono riusciti a fare subito tanti test, ma avevano tanti laboratori. Qui ne abbiamo troppo pochi. Ora va meglio, nel mese di luglio al Gemelli abbiamo raggiunto un record con 746 test in un solo giorno. Ma dobbiamo guardare al futuro. Sappiamo bene che c’è sempre una nuova epidemia da affrontare, non sappiamo quanto sarà forte ma sappiamo che ci sarà. Quindi serve una rete capillare di laboratori di microbiologia in grado di gestire queste emergenze”.