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Civiltà aliene: potremmo non avere abbastanza tempo per trovarle

L'assenza di segnali dallo spazio provenienti da un'altra civiltà potrebbe essere una cattiva notizia per la nostra sopravvivenza

Sulla Terra, le civiltà hanno una durata limitata.

La civiltà romana, ad esempio, è durata poco più di 1500 anni dalla fondazione della sua repubblica alla caduta dell’impero Bizantino (dopo un lungo declino). Nel Nuovo Mondo, la civiltà Maya ha attraversato circa due millenni. Alla fine dell’età del bronzo, la civiltà micenea greca è durata solo cinque secoli circa. Per quanto riguarda l’attuale civiltà americana, che di fatto guida l’occidente, per come vanno le cose, difficilmente arriverà a cinque secoli.

Per qualche ragione, la civiltà, intesa come cultura ed ideologia, non riesce ad essere stabile e a sopravvivere a sé stessa su questo pianeta.

E, forse, la stessa cosa accade anche su altri pianeti. In effetti, se fosse così anche altrove, si spiegherebbe come mai non riusciamo a rilevare trasmissioni da civiltà extraterrestri quando sembra evidente, per logica, che la vita nell’universo dovrebbe essere abbastanza comune.

Uno studio pubblicato poco tempo fa suggerisce che l’intera galassia della Via Lattea attualmente dovrebbe ospitare alcune decine di mondi dotati di tecnologia sufficientemente sofisticata per poter comunicare. Probabilmente sono così lontane che eventuali segnali inviati verso di noi non sono ancora arrivati e c’è la possibilità che il giorno che possibili segnali arrivino dalle nostre parti potrebbe non esserci più nessuno ad ascoltarli.

Possiamo immaginare una galassia in cui la vita intelligente è diffusa, ma la comunicazione è improbabile“, scrivono Tom Westby e Christopher Conselice su Astrophysical Journal del 10 giugno.

Westby e Conselice, ricercatori dell’Università di Nottingham, basano la loro analisi su una versione modificata dell’equazione di Drake, proposta quasi 60 anni fa dall’astronomo Frank Drake.

In un momento in cui la maggior parte degli scienziati non prendeva sul serio l’idea della comunicazione con gli extraterrestri, Drake identificò i fattori che, in linea di principio, avrebbero permesso una stima di quante civiltà in grado di comunicare potessero esistere nella galassia. La sua equazione è diventata la base per tutte le successive valutazioni scientifiche sulle possibilità che esistano intelligenze extraterrestri.

Westby e Conselice accettano l’equazione di Drake come “uno strumento per stimare il numero di pianeti nella nostra galassia che ospitano la vita intelligente con la capacità di inviare segnali che potrebbero essere rilevabili dalla Terra” (tali civiltà intelligenti extra-terrestri comunicanti sono talvolta citate con l’acronimo CETI). Ma poiché alcuni dei suoi termini sono ancora oggi impossibili da determinare (come quante stelle hanno pianeti e quanti pianeti sono in grado di ospitare la vita), Westby e Conselice adottano un nuovo approccio facendo ipotesi che permettono di aggirare la mancanza dei dati necessari per definire i valori incogniti dell’equazione di Drake.

Westby e Conselice iniziano il loro ragionamento supponendo che occorrano 5 miliardi di anni perché la vita intelligente e tecnologicamente avanzata si evolva, perché questo è (approssimativamente) quanto tempo ci è voluto sulla Terra. In alcuni scenari ipotizzano che qualsiasi pianeta abitabile che dura così a lungo, in effetti, evolverà la vita intelligente.

Dati questi punti fermi, il compito di contare le civiltà galattiche implica quindi capire quante stelle sono abbastanza vecchie e quanti pianeti orbitano alla distanza giusta da quelle stelle per potere ospitare e sostenere abbastanza a lungo la vita come la conosciamo.

Per prima cosa, ciò significa che il sistema stellare deve possedere sufficienti quantità di metalli, cioè elementi più pesanti dell’idrogeno o dell’elio. Il carbonio, l’ossigeno, l’azoto e altre sostanze più complesse devono essere disponibili perché la vita per come la conosciamo possa nascere, evolversi e sviluppare una civiltà in grado di costruire trasmettitori radio o laser per inviare segnali attraverso lo spazio.

Quindi nella loro nuova equazione CETI, Westby e Conselice mostrano come il numero potenziale di civiltà intelligenti e comunicanti nella galassia dipenda da quante stelle contiene la galassia, quante di loro hanno più di 5 miliardi di anni, con quanti pianeti abitabili, e la durata media di una civiltà avanzata. Sgretolando ogni sorta di numero sui tassi di formazione stellare e sulle età, i risultati delle ricerche sui pianeti e altri studi astronomici fornisce stime per ogni termine nell’equazione CETI.

Si scopre che alcuni di questi fattori non limitano molto le prospettive della vita aliena. Quasi tutte le stelle della galassia hanno più di 5 miliardi di anni, per esempio (e la loro età media è di quasi 10 miliardi di anni).

Alcune di queste stelle sarebbero escluse a causa della mancanza di materie prime. Supponendo che lo scenario più pessimistico – che la vita richieda alle stelle di avere almeno la stessa quantità di metallo del Sole – elimina circa i due terzi delle stelle della galassia. Di quelle rimanenti, la frazione dotata di pianeti posizionati in un’orbita favorevole all’abitabilità è probabilmente di circa il 20 percento.

Poiché la galassia ospita oltre 200 miliardi di stelle, limiti di età, contenuto di metallo e abitabilità lasciano ancora miliardi di possibili stelle in grado di ospitare una CETI. Ma questo è prima di stimare quanto può durare una civiltà.

Possiamo dire che una civiltà in grado di comunicare può durare almeno 100 anni, poiché la tecnologia della Terra trasmette onde radio da questo tempo. Ma se nessuna società high-tech sopravvive per più di un secolo, saranno pochissime quelle in grado di comunicare con noi in questo momento. Con la serie più severa di ipotesi, ipotizzando 100 anni come la durata media della vita CETI, lo studio calcola che possano attualmente esistere solo 36 civiltà in grado di comunicare nella galassia. In tal caso, sulla Terra sono stati realizzati molti più film sulle civiltà aliene di quante ce ne siano effettivamente.

Tra queste 36, la civiltà più vicina sarebbe probabilmente a circa 17000 anni luce di distanza, “rendendo quasi impossibile la comunicazione o persino il semplice rilevamento con la tecnologia attuale“, scrivono Westby e Conselice.

Stimando in 2000 anni la potenziale durata di una civiltà tecnologica, il vicino CETI più vicino potrebbe essere ancora a migliaia di anni luce di distanza. Considerando la possibilità estremamente ottimistica che le civiltà tecnologiche possano durare un milione di anni, la civiltà più vicina dovrebbe trovarsi tra i 20 ed i 300 anni luce.

La durata delle civiltà nella nostra galassia è l’incognita… ed è di gran lunga il fattore più importante nell’equazione CETI“, osservano Westby e Conselice. “È chiaro che… sono necessari tempi di vita molto lunghi perché la galassia possa avere almeno alcune possibili civiltà contemporanee attive“.

Se ti stai chiedendo in che modo diverse assunzioni possono influenzare le prospettive di ricevere trasmissioni dallo spazio, puoi consultare uno strumento sul sito Web di Alien Civilization Calculator creato dai fisici Steve Wooding e Dominik Czernia. Il loro strumento consente di collegare i valori alla nuova equazione CETI o all’equazione Drake originale per vedere in che modo le diverse assunzioni influenzano la popolazione potenziale di civiltà aliene della galassia.

Tutti questi calcoli sono piuttosto imprecisi. L’intervallo di incertezza per la stima di 36 civiltà di Westby e Conselice, per esempio, è da quattro a 211. Tutto questo implica, come sottolineano Westby e Conselice, che nessuna notizia da ET è un brutto segno per la durata della nostra civiltà qui sulla Terra.

Poiché la maggior parte delle stelle nella galassia sono molto più antiche del sole, l’attuale assenza di segnali potrebbe suggerire che la maggior parte delle civiltà comunicanti sono già sorte ed estinte, come i Maya e i Micenei. In tal caso, questo potrebbe significare che raggiungere un livello tecnologico che permette di comunicare può significare anche sviluppare una capacità di auto-annientamento.

Forse l’aspetto chiave della vita intelligente, almeno per come la conosciamo, è la capacità di autodistruggersi“, commentano Westby e Conselice. “Per quanto ne sappiamo, quando una civiltà sviluppa la tecnologia per comunicare a grandi distanze, ha anche la tecnologia per distruggersi e questo è purtroppo probabilmente universale“.

In altre parole, l’intera civiltà della Terra seguirà la strada dell’Impero Romano prima piuttosto che dopo. Ci sono molte strade probabili che portano alla rovina. L’olocausto nucleare è sempre una possibilità, anche se al giorno d’oggi sembra più probabile che sarà una pandemia virale o una catastrofe naturale a riavviare la biosfera del pianeta. O ci estingueremo a causa dei cambiamenti climatici.

Se resisteremo a tutto il resto, al momento i social media sembrano davvero capaci di farci regredire al medio evo nel giro di pochi decenni, basta pensare alla marea di fake news che diffondono seminando odio e paure, nello stesso modo diffondono sfiducia nella scienza e diffidenza verso la tecnologia.

Eppure c’è sempre la speranza che le società high-tech possano sopravvivere più a lungo. Forse le civiltà aliene di lunga durata non sono poi così lontane, ma hanno semplicemente scelto di non comunicare per ragioni che possiamo solo ipotizzare.

Forse sono egocentriche e disinteressate ad altre civiltà oppure c’è una grande pericolo di cui sono a conoscenza e tacciono mantenendo una basso profilo per non farsi individuare.
Insomma, si possono pensare tante possibilità ma finché non avremo realmente un contatto, resteranno solo ipotesi. E potrebbe volerci molto tempo.

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