Alessandro Vespignani, 55 anni, è figlio di Renzo Vespignani, uno dei più conosciuti pittori italiani del dopoguerra. Romano, fisico di formazione, una carriera internazionale condotta fra il vecchio e il nuovo continente, è conosciuto per il suo lavoro sulle reti complesse applicate alla diffusione delle malattie, le applicazioni dell’epidemiologia computazionale.
Oggi è professore universitario distinto della famiglia Sternberg di fisica, informatica e scienze della salute presso la Northeastern University, dove dirige il Network Science Institute.
In una lunga intervista a TPI, l’epidemiologo afferma che nella fase 2 sarà necessario ‘testare’, ‘tracciare’, e ‘trattare’ per scongiurare una seconda ondata pandemica. “Da qui non si scappa” dice Vespignani. Gli epidemiologi, spiega, sono come i meteorologi, ma non dispongono di una foto del vortice da mostrare al mondo. Tuttavia afferma: “al contrario dei meteorologi, dopo aver individuato l’uragano, possiamo attenuarne l’impatto”.
Vespignani nell’intervista con il giornalista Luca Telese spiega le differenze tra “virologi” ed “epidemiologi“, secondo cui “i primi non hanno conoscenze sufficienti per tracciare un’epidemia e i secondi non hanno invece conoscenze adeguate per studiare i virus, “smontarli” e creare un vaccino, tuttavia possono fare un’altra cosa, capire come si muove un virus nella popolazione e stimare il numero dei contagi”. E’ importante sapere come un virus si muove, dice Vespignani, e lo è ancora di più nella fase che ci apprestiamo ad affrontare, la fase 2, che vedrà la riapertura ad altre categorie lavorative con un aumento del flusso di persone che si sposteranno sul territorio nazionale.
Vespignani ha iniziato ad occuparsi di virus ne 2000 quando affrontò la SARS applicando all’epidemia i modelli informatici che aveva sviluppato. Era assolutamente necessario contenere una epidemia globale. Come ha raccontato Vespignani a TPI: “Serviva capire chi c’era su un determinato volo, e sui voli in connessione, capire le frequenze, i flussi totali riaggregati, gli stop over e la digitalizzazione del traffico aereo“.
Vespignani ha lavorato per due anni con Benoit Mandelbrot, scienziato francese di origine polacca emigrato in America, famoso per i suoi studi sulla geometria frattale. Classe 1925: un gigante che l’epidemiologo definisce senza giri di parole “un mostro sacro”.
Vespignani spiega che c’è qualche parallelismo tra il lavoro dell’epidemiologo e il lavoro dei meteorologi. Come succede in quel campo, più lontana è la previsione, maggiore sarà il grado di incertezza. Tuttavia l’epidemiologo a differenza del meteorologo ha l’ingrato compito di predire sempre una catastrofe, grande o piccola che sia, mai il bel tempo.
Il virus inizialmente è stato sottovalutato, questo perché i virologi hanno sottostimato il numero delle vittime senza tenere in considerazione la velocità di propagazione, la carenza di farmaci, la popolazione vulnerabile rispetto ad una normale influenza e il fatto che questo virus è nuovo e nessuno, non avendolo mai incontrato prima, era vaccinato e difficilmente qualcuno lo sarà entro un anno.
Secondo Vespignani, la matematica ci dice che in Italia ci sono state dieci volte più infezioni di quanto riferisce il dato ufficiale. “È come fare un sondaggio politico e farlo nella sezione di un partito“. Afferma Vespignani su TPI. “È ovvio che se sei in una sede della Lega ti sembra che Salvini abbia il 90% e se sei a Reggio Emilia il più popolare risulterà Bersani. Vuol dire che la nostra impressione ingannevole è data dal fatto che il grosso dei tamponi non sono fatti seguendo un modello statistico demoscopico, ma prendendo tutti quelli che gravitavano già sugli ospedali“.
Intanto come sappiamo, la fase due, iniziata oggi (il 4 maggio), deve tenere conto di uno studio che ipotizza in Italia il rischio di avere 150 mila nuove terapie intensive se qualcosa andasse storto, mentre negli Stati Uniti, dove Vespignani lavora, i numeri salgono spaventosamente a 2 milioni. Il governo USA ha utilizzato uno dei modelli del gruppo di Vespignani il “Global epidemic and mobility model”. In Italia, spiega Vespignani, bisogna applicare la regola delle tre T, solo cosi si può evitare di arrivare a 150 mila terapie intensive.
Dopo l’esodo dal nord gli epidemiologi prevedevano un drastico aumento dei contagi, cosa che non è avvenuta “In primo luogo perché c’è stata responsabilità collettiva e molti si sono isolati. In secondo luogo perché era già accaduto” dice Vespignani, aggiungendo che il fenomeno era già noto, in quanto accaduto in Cina precedentemente. Questo era ben visibile nelle equazioni: “Noi sapevamo che il sud era in una situazione completamente diversa dal nord. Al nord il virus è arrivato a fine dicembre. Al nord circolava sottotraccia. Al nord il virus si è innervato in una rete di relazioni, viaggi, e commerci enormemente sviluppata. Parlo di voli, di connessioni“.
Il nostro paese è chiuso da oltre due mesi, e secondo Vespignani la chiusura ha funzionato, sarebbe stato molto peggio se inizialmente il paese avesse adottato chiusure selettive. Senza il lock down il virus sarebbe stato portato ovunque nel paese, anche in zone ancora oggi a contagio zero. Il contagio e i focolai in Italia si sono sviluppati negli ospedali e nelle RSA, realtà che certamente si sono dimostrate probabilmente carenti a livello di dispositivi di sicurezza.
Ma come andrebbe sviluppata la fase due?
Vespignani nell’intervista è molto chiaro, in Italia è necessario testare e per farlo occorre un certo numero di persone che nel nostro paese non è stato dispiegato, se non in Veneto. Nella seconda fase, “tracing” significa tracciare tutte le persone venute a contatto con un positivo e metterle in condizioni di non entrare in contatto con nessuno. Veniamo all’ultima T “Treating” trattare e questo va fatto in apposite strutture, non in casa.
Perché? Lo dice chiaramente Vespignani a TPI: “Ma prendete un albergo! Aprite una caserma. Fate quello che volete, ma non chiudete gli infetti nelle loro case, ad infettare i loro familiari“.
In definitiva, la fase due potrebbe andate avanti applicando la regola delle tre T, dall’ospedale Covid all’albergo dedicato, dall’esercito dei tracciatori ai test e tamponi, dalle regole chiare e intellegibili per chi torna al lavoro alle terapie intensive pronte.
Servono dati costantemente aggiornati, altrimenti si corrono rischi molto gravi. La fase due, nonostante i 4,5 milioni di lavoratori di nuovo occupati è sostenibile, in quanto i luoghi di assembramento restano off limits.
Le cose possono cambiare a nostro favore e Vespignani nell’intervista a TPI fa un ultimo esempio: “Bisogna immaginare per un attimo che non si tratti di un virus, se ci fossimo ritrovati in una guerra dove si sono già contati 20 mila morti, 100 mila feriti, migliaia di dispersi non avremmo perso un secondo. Avremmo già intere fabbriche che costruiscono carri armati invece che automobili, avremmo già corpi volontari arruolati e intruppati, avremmo linee di difesa multiple, migliaia riservisti mobilitati!”.
Qui trovate l’intervista integrale: https://www.tpi.it/cronaca/vespignani-coronavirus-intervista-virologi-italiani-e-3t-20200503595940/
Vespignani: “per sconfiggere il virus servono le 3T”
Nella fase 2 sarà necessario ‘testare’, ‘tracciare’, e ‘trattare’ per scongiurare una seconda ondata pandemica.
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