E’ una mattina di maggio del 1873 ed Heinrich Schliemann osserva i suoi operai scavare sulla sommità di una collinetta dove lui è convinto vi siano i resti della leggendaria città di Troia quando, improvvisamente, uno di essi recupera dallo scavo un recipiente di rame.
Secondo il racconto di Schliemann, lui e la giovane seconda moglie Sophia con un coltello finirono di dissotterrare il grosso recipiente che era ricolmo di oggetti preziosi.
Sophia radunò gli oggetti nello scialle e li portò a casa, dove insieme li catalogarono e si resero conto di ciò che avevano appena scoperto: il tesoro di un re, composto da collane e anelli d’oro, due diademi, un cerchietto, sessanta orecchini e quasi novemila piccoli ornamenti.
C’erano anche coppe, vasi e altri recipienti in oro, argento ed elettro, come una salsiera in oro massiccio, una delle uniche due mai ritrovate, e un recipiente, anch’esso d’oro, a forma di melograno.
Schliemann riuscì a trafugare gli oggetti ritrovati portandoli con una barca nella loro casa di Atene, dove Sophia indossò alcuni dei gioielli più preziosi ed il marito le scattò alcune fotografie che sono rimaste nella storia dell’archeologia. Schliemann annunciò al mondo di aver scoperto il Tesoro di Priamo.
Ma chi era Heinrich Schliemann?
Nato nel 1822, era il quinto di nove figli di un pastore protestante. E sarà proprio il padre a trasmettere ad Heinrich l’amore per le civiltà passate, leggendo i versi dei poemi omerici e descrivendo le gesta degli eroi antichi della leggendaria città di Troia, fino ad allora ritenuta dagli studiosi solo frutto della fantasia.
Il giovane Scdhliemann è un uomo deciso e con pochi scrupoli. Interrotti gli studi nel 1836 per problemi finanziari e dopo alcuni anni di infruttuosi tentativi di diventare un contabile, nel 1841 emigrò in Venezuela. Dotato di un grande talento per le lingue, arrivò a parlare e comprendere fino a sedici idiomi diversi, nel 1850 si imbarcò negli Stati Uniti dove incominciò ad arricchirsi, prestando denaro ai cercatori d’oro. Subì un processo per frode e quindi tornò a San Pietroburgo, dove qualche anno prima aveva intrapreso la carriera di commerciante.
E qui fece fortuna: nel 1853, allo scoppio della Guerra di Crimea,
Schliemann rifornì di vettovaglie e materiale bellico le truppe dello Zar arricchendosi smisuratamente.
Nel 1868 si ritirò dagli affari per dedicarsi alla sua passione giovanile, ovvero la ricerca delle antiche civiltà ed in particolare la mitica città di Troia.
Ma Schliemann aveva davvero scoperta la città che vide le gesta di Achille, Paride, Ettore, Priamo, Agamennone ed Ulisse?
Nel 1868 Schliemann intraprese un viaggio in Grecia e nel settembre del 1869, divorziato dalla prima moglie russa, si sposò con la giovane greca Sophia Engastromenou e, da qui, si spostò in Turchia. Qui entrò in contatto con il viceconsole degli Stati Uniti in Turchia, un uomo di nome Frank Calvert.
Costui aveva a sua volta cercato i resti di Troia ed era convinto di averli trovati. Anzi, aveva già acquistato l’antica collina oggi chiamata Hissarlik, che in turco significa «luogo di fortezze». Aveva però dovuto arrestare i lavori di scavo per mancanza di fondi.
Schliemann, che si convinse ben presto che il sito poteva davvero essere l’ubicazione dell’antica Troia, intervenne finanziariamente e ben presto escluse Calvert da ogni ruolo pubblico rispetto alle scoperte che si andavano facendo. Solo nel 1999 al povero Calvert gli è stata restituita un pò di gloria postuma.
Schliemann iniziò i suoi scavi a Hissarlik nell’aprile del 1870 e per due anni non trovo praticamente niente. Nel 1872 intensificò gli scavi e lo fece per mezzo di un’enorme trincea che i suoi operai scavarono quasi da una parte all’altra della collina, per circa quattordici metri di profondità. La cosiddetta trincea Schliemann è visibile ancora oggi sotto forma di un grosso squarcio al centro del sito.
Calvert avvertì Schliemann che questo modo di scavare avrebbe potuto provocare danni irreparabili, ma Schliemann era un neofita dell’archeologia che stava muovendo i primi passi, soltanto a Pompei si scavava da quasi un secolo ed in pochissimi altri siti nel mondo da alcuni anni. Schliemann ignorò gli avvisi di Calvert e scavò la grande trincea sempre più in fondo, attraversando ogni sorta di edifici e di strati sovrapposti.
Scoprì che in quella collina le città sepolte una sopra l’altra erano nove, benché in un primo momento Schliemann ritenesse che fossero soltanto sei.
Schliemann si fermò al secondo strato dal basso, che battezzò la «città bruciata». Era convinto che fosse quella un tempo governata da Priamo, ma si sbagliava.
Grazie all’analisi delle ceramiche e alla datazione al carbonio-14, oggi sappiamo che Troia II risale al 2400 a.e.v. circa, nell’antica Età del Bronzo, oltre mille anni prima di quando si presume debba collocarsi la guerra di Troia.