Sul sito web della “Libella Gene Therapeutics”, una società con sede nel Kansas, campeggia la frase: “Il futuro è qui”. Il futuro, secondo la società, infatti, vedrà una lotta serrata contro l’invecchiamento, proposito già annunciato in Colombia nel 2018.
La società ha già avviato il reclutamento dei volontari nell’ottobre scorso che dovranno pagare una cifra esorbitante, un milione di dollari, una cifra enorme se consideriamo che la maggior parte degli studi clinici sono gratuiti o forniscono ai partecipanti un risarcimento finanziario secondo un rapporto di OneZero, una pubblicazione su tecnologia e scienza.
La società ha intenzione di utilizzare una terapia a gene singolo per prevenire, ritardare o “invertire” il processo di invecchiamento proponendosi inoltre di curare le malattie come l’Alzheimer tipiche delle età avanzate, almeno così si afferma su ClinicalTrials.gov.
Quanto sostenuto dalla Libella Gene Terapeutics al momento non è comprovato da nessuna pubblicazione, anzi pare che la società abbia scavalcato la FDA (Food and Drug Adminitration) degli USA, come fanno notare gli esperti di “OneZero” e questo ovviamente lascia qualche dubbio sulle reali capacità di questa cura che dovrebbe creare una sorta di fontana dell’eterna giovinezza dalla quale tutti potremo un giorno attingere.
La terapia proposta dalla Labella a quanto pare mirerebbe a invertire il processo di invecchiamento lavorando sui nostri geni.
Il processo implicherebbe un allungamento dei telomeri dei futuri pazienti, strutture che avvolgono le estremità dei cromosomi impedendo lo sfilacciamento e quindi il deterioramento delle strutture genetiche.
I telomeri durante il corso della nostra vita si accorciano quando avviene il processo di duplicazione cellulare e, una volta che si sono accorciati abbastanza, le cellule terminano il processo di duplicazione e muoiono.
L’idea sarebbe quella di ricostruire i telomeri danneggiati invertendo cosi il processo di invecchiamento. Studi del genere sono stati condotti sui topi e si è dimostrato che questo tipo di terapia consente, almeno negli animali, di invertire alcuni segni dati dall’invecchiamento.
Uno studio del 2015 condotto a Stanford ha provocato effetti simili in cellule umane isolate; il trattamento allungava i telomeri manipolando l’RNA, che aiuta le cellule a costruire proteine.
La terapia proposta da Libella ha lo scopo di ricostruire i telomeri danneggiati attivando un gene spento. Questo gene si chiama TETR e incorpora le istruzioni per fabbricare una proteina chiamata “telomerasi” un enzima che riesce ad aggiungere delle molecole alla fine dei telomeri per impedirne il deterioramento progressivo dovuto appunto alla duplicazione cellulare.
Il principale responsabile scientifico della Libella, il biologo molecolare William Andrews, non sa se l’accorciamento dei telomeri sia l’unica causa dell’invecchiamento, ma secondo lui, gioca certamente un ruolo nell’uomo.
Secondo One Zero, Andrews, originariamente aiutò a identificare l’enzima telomerasi umana presso la ditta biotecnologica Geron. In seguito ha concesso in licenza una terapia genica basata su quanto da lui identificato a Libella.
OneZero afferma che le terapie di Andrews saranno utilizzate a breve in Colombia, dove un 79enne riceverà il trattamento anti-invecchiamento nel prossimo mese. Oltre al 79enne lo studio interesserà altri 4 pazienti con un’età superiore ai 45 anni. Lo studio si assicurerà se il trattamento sia tollerabile, sicuro e che non causi problemi o effetti collaterali indesiderati nei partecipanti.
La stessa terapia sarà utilizzata in altre due ricerche con un obiettivo diverso, cioè “prevenire, ritardare o addirittura invertire” lo sviluppo della malattia di Alzheimer e dell’ischemia critica degli arti, una condizione legata all’età in cui le arterie di una persona vengono gravemente ostruite.
I partecipanti a questi studi devono già essere diagnosticati con tali disturbi. I partecipanti agli studi terminate le prove verranno monitorati in clinica per 10 giorni e in seguito effettueranno controlli con regolarità.
La terapia genica della Libella prevede un’iniezione endovena una tantum; la terapia per l’Alzheimer è simile ma i medici iniettano il prodotto nel liquido spinale del paziente. Il prodotto, un virus modificato trasporta il gene TERT nelle cellule e inietta il materiale genetico nel loro DNA. I virus modificati non possono trasmettere malattie alle persone, ma una dose elevata potrebbe provocare una risposta immunitaria dannosa nel paziente, secondo uno studio condotto sugli animali del 2018.
I rappresentanti della Libella hanno rifiutato di dire fino a che punto si spingeranno con la sperimentazione clinica. Il trattamento verrà comunque somministrato eludendo la FDA.
Secondo quanto detto da Leigh Turner, un bioeticista dell’Università del Minnesota, a OneZero “anche se la società ha sede negli Stati Uniti, sono riusciti a trovare un modo per eludere la legge federale degli Stati Uniti andando in una giurisdizione in cui è più facile impegnarsi in questa attività“.
Ad allarmare sarebbe anche la quota di partecipazione, secondo Turner la maggior parte degli studi clinici non addebita ai pazienti nessuna spesa.
Per Andrews i costi, invece, sarebbero ragionevoli e giustificati dall’enorme costo derivato dalla produzione il prodotto da somministrare.
Anche se qualcosa sugli studi è apparso su ClinicalTrials.gov, un registro ufficiale gestito dal National Institutes of Health, questo non aumenta la credibilità, in quanto, il database può essere facilmente manipolato e può essere sostanzialmente utilizzato come piattaforma di marketing.
Altri si sono allarmati sulle prove che Libella tenta di portare avanti, Michael Fossel, presidente della Startup biotecnologica Telocyte, ha dichiarato a OneZero che la terapia della sua azienda è simile al trattamento di Libella – la differenza è che Telocyte sta cercando l’approvazione della FDA.
Anche se nessun paziente riceverà danni, la terapia potrebbe non apportare benefici per la salute. Alcune ricerche suggeriscono che non esiste alcun legame tra la lunghezza dei telomeri e l’invecchiamento.
Uno studio pubblicato quest’anno ha esaminato più di 261.000 persone tra i 60 e i 70 anni e non ha trovato alcuna correlazione tra la lunghezza dei telomeri e i loro risultati sulla salute legati all’età, inclusa la loro funzione cognitiva generale, l’integrità muscolare e l’età dei loro genitori.
I telomeri lunghi sono associati a un rischio ridotto di malattia coronarica rispetto ai telomeri corti, ma una lunghezza dei telomeri maggiore era anche collegata a un aumentato rischio di cancro.
Adesso non ci resta che aspettare, anche se con questo studio ci si sta spingendo un po’ troppo oltre senza sapere esattamente cosa ci sia dietro l’angolo di questo futuro che promette ipotetici ringiovanimenti, i pazienti, potrebbero rischiare di buttare al vento un milione di dollari ma, alla fine, ognuno con i suoi soldi fa quello che vuole.
Fonte: https://www.livescience.com/anti-aging-clinical-trials-launched-in-colombia.html