La Russia è pronta a fermare i combattimenti con l’Ucraina, dice Vladimir Putin, ma “ci sono delle sfumature“. Il problema è che le “sfumature” che di cui ha parlato sono così essenziali che potrebbero far naufragare ogni speranza di un cessate il fuoco di 30 giorni.
Essenzialmente, si tratta delle stesse richieste che il leader russo ha esposto dall’inizio dell’invasione russa su vasta scala, e anche prima. E per l’Ucraina e i suoi partner occidentali, molte di esse sono da sempre inaccettabili o impossibili da soddisfare.
“Siamo d’accordo con le proposte di cessazione delle ostilità“, ha detto Putin, aprendo inizialmente alla tregua, per poi aggiungere: “Questa cessazione deve essere tale da portare a una pace duratura ed eliminare le cause profonde di questa crisi“.
Ovviamente, nessuno è in disaccordo con la necessità che la guerra termini e si avvii una pace a lungo termine ma, secondo Putin, le cause profonde della guerra ruotano attorno al desiderio dell’Ucraina di esistere come Stato sovrano e di volersi autodeterminare per restare fuori dell’orbita russa.
L’Ucraina desidera far parte della NATO e dell’Unione Europea, tanto che questo desiderio è sancito nella sua costituzione. Il presidente Trump ha sollevato dubbi sull’adesione alla NATO, ma Putin ha ripetutamente detto di trovare inaccettabile l’idea stessa dell’Ucraina come Stato indipendente.
E questo è alla base di molte delle sfumature da lui delineate.
Putin, giustamente dal suo punto di vista, vuole evitare che l’Ucraina usi il tempo guadagnato con la tregua di trenta giorni proposta dagli USA per rinforzare il suo esercito e rifornire la sua riserva di armi; insomma, vuole che l’occidente sospenda la consegna di materiale militare. Vuole sapere, ponendo questa condizione, chi la garantirebbe, e come.
In realtà, però, non specifica che anche lui farebbe lo stesso. Putin vuole un congelamento della linea del fronte e che l’esercito ucraino non riceva aiuti durante la tregua ma non dice mai che lui farebbe lo stesso.
Fin dall’inizio di questa guerra, Putin ha chiesto la “smilitarizzazione” dell’Ucraina, ma questa, dopo l’esperienza dell’invasione della Crimea e del Donbass nel 2014 e l’invasione del resto della nazione Ucraina tentato lungo tutta la linea di confine, compresa la parte di Ucraina che confina con la Bielorussia, è una condizione inaccettabile per Kiev e i suoi alleati.
In sostanza, Putin cerca garanzie di sicurezza al contrario.
La Russia accetterebbe di interrompere il riarmo o la mobilitazione delle sue forze? Ciò sembra poco plausibile e non c’è stato alcun accenno di alcuna concessione da parte sua, mentre si rivolgeva ai giornalisti al Cremlino.
La Russia, alla fine, sembra avere avuto la meglio nel Kursk, anche con il supporto di molte migliaia di soldati nordcoreani utilizzati, come sempre, come carne da cannone ma la rinconquista del Kursk, dopo otto mesi di occupazione ucraina, permette a Putin di sentirsi in una posizione di forza e di ritenere di poter negoziare dettando lui tutte le condizioni.
“Se fermiamo le azioni militari per 30 giorni, cosa significa? Tutti quelli che sono lì abbandoneranno la battaglia?”
La linea del fronte, lunga 1.000 km, si trova in un momento di evoluzione positiva per le forze russe, secondo Putin, il quale sostiene che le sue forze “avanzavano praticamente in tutte le aree” mentre praticamente tutti gli osservatori esterni parlano di una linea del fronte in stallo ormai da mesi, dove a pochi metri di avanzata dei russi in una regione corrispondono altrettanti metri di riconquista ucraina in un’altra parte.
Putin ritiene che un cessate il fuoco di 30 giorni priverebbe la Russia del suo vantaggio e consentirebbe agli ucraini di riorganizzarsi e riarmarsi. “Quali garanzie abbiamo che non sarà permesso che accada nulla del genere?” ha chiesto retoricamente durante la conferenza con i giornalisti.
Finora non è stato proposto alcun meccanismo per garantire che i termini (quali che siano) di un eventuale cessate il fuoco vengano rispettati.
Sebbene 15 paesi occidentali abbiano provvisoriamente offerto truppe per il mantenimento della pace, queste arriverebbero solo in caso di un accordo di pace definitivo e non di un cessate il fuoco.
Non che la Russia permetterebbe comunque un accordo del genere.
Date tutte queste “sfumature“, Putin sembra scettico perché, a suo parere, un cessate il fuoco non giova in alcun modo alla Russia, soprattutto in prima linea. La sua intera prospettiva è “basata su come si sviluppa la situazione sul campo“.
Dopo avere incontratro gli inviati di Trump a Mosca, in particolare Steve Witkoff, Putin sa che, qualunque cosa si dica nei colloqui, la conversazione più importante sarà con il presidente USA che, nel frattempo, per chiarire che in caso di rifiuto le sanzioni saranno anocra più dure, non ha rinnovato alcune esenzioni in scadenza sui sistemi di pagamento del petrolio russo.
“Penso che dovremmo parlare con i nostri colleghi americani… magari fare una telefonata al presidente Trump e discuterne con lui“, ha affermato.
Il vero problema è che, almeno pubblicamente, Putin non ha cambiato di una virgola le sue richieste che sono sempre le stesse: stop del sostegno dell’occidente all’Ucraina, Ucraina fuori della NATO e dall’UE, destituzione di Zelensky, disarmo dell’esercito ucraino che dovrebbe restare operativo solo a livello simbolico.
Tutte condizioni difficili da accettare sia per l’Ucraina che per i suoi alleati. La strada verso un cessate il fuoco definitivo resta disseminata di condizioni che saranno quasi impossibile da soddisfare.