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Esplosioni di supernova in passato possono avere causato estinzioni di massa sulla Terra?

Il nostro Sole è relativamente docile e le sue emissioni sono abbastanza efficacemente schermabili dall'atmosfera e dalla magnetosfera ma quanto sarebbero efficaci questi "scudi" nel proteggerci dalla potenza di un'esplosione di supernova che avvenisse dalle parti del nostro cortile cosmico?

L’ampio spessore dell’atmosfera della Terra, e la sua composizione, unitamente al campo magnetico che avvolge il pianeta, ha protetto la vita per miliardi di anni, creando le condizioni che hanno favorito l’evoluzione di forme di vita complesse come noi.

Tra i componenti dell’atmosfera, lo strato di ozono svolge un ruolo fondamentale nella protezione della biosfera dalle radiazioni UV mortali. Blocca il 99% della potente emissione UV del Sole. La magnetosfera terrestre, invece, ci protegge dalle particelle cariche emesse dal Sole e portate dai raggi cosmici.

Per fortuna, il nostro Sole è relativamente docile e le sue emissioni sono abbastanza efficacemente schermabili dall’atmosfera e dalla magnetosfera ma quanto sarebbero efficaci questi “scudi” nel proteggerci dalla potenza di un’esplosione di supernova che avvenisse dalle parti del nostro cortile cosmico?

La Bolla Locale

Ogni milione di anni nel raggio di 300 anni luce dalla Terra esplode una grande stella trasformandosi in una supernova. Lo sappiamo perché il nostro Sistema Solare si trova all’interno di un’enorme bolla nello spazio chiamata Bolla Locale.

La Bolla Locale è una regione dello spazio all’interno della quale la densità dell’idrogeno è molto inferiore rispetto all’esterno. Questa bolla è il risultato di una serie di esplosioni di supernovae avvenute negli ultimi 10-20 milioni di anni i cui effetti hanno diradato l’idrogeno precedentemente presente in questa regione.

Le supernovae sono esplsioni estremamente potenti e quanto più un pianeta si trova vicino ad una di esse, tanto più mortali sono i suoi effetti. Gli scienziati hanno speculato sugli effetti che le esplosioni di supernova hanno avuto sulla Terra, chiedendosi se abbiano innescato estinzioni di massa o estinzioni parziali.

Il lampo di raggi gamma di una supernova e i raggi cosmici che produce possono ridurre l’ozono terrestre e consentire alle radiazioni UV ionizzanti di raggiungere la superficie del pianeta. Inoltre, gli effetti atmosferici possono anche creare particelle di aerosol nell’atmosfera, aumentando la copertura nuvolosa e causando un raffreddamento globale.

Un nuovo articolo pubblicato su Nature Communications Earth and Environment esamina le esplosioni di supernova e il loro effetto sulla Terra. Si intitola “Earth’s Atmosphere Protects the Biosphere from Nearby Supernovae“. L’autore principale è Theodoros Christoudias del Centro di ricerca sul clima e l’atmosfera, Cyprus Institute, di Nicosia, Cipro.

Tracce di supernova sulla Terra

La bolla locale non è l’unica prova che un certo numero di supernovae (SNe) sono collassate nelle vicinanze del sistema solare negli ultimi milioni di anni. Nei sedimenti oceanici sono stati rintracciati depositi di 60Fe, un isotopo radioattivo del ferro con un tempo di dimezzamento di 2,6 milioni di anni.

Le SNe espellono 60Fe nello spazio quando esplodono, e questo ci dice che una supernova è esplosa non lontano da noi circa 2 milioni di anni fa. Anche in sedimenti più profondi è stato trovato 60Fe che indica che un’altra esplosione di SN è avvenuta circa 8 milioni di anni fa.

Questo grafico dell'articolo di ricerca mostra i potenziali impatti atmosferici e climatici di una supernova vicina. I raggi gamma possono ridurre l’ozono, consentendo a più radiazioni UV di raggiungere la superficie terrestre. Alcune radiazioni UV sono ionizzanti, il che significa che possono danneggiare il DNA. I raggi cosmici possono anche creare più nuclei di condensazione, il che significa più nuvole e potenziale raffreddamento globale, Credito immagine: Christoudias et al. 2024
Questo grafico dell’articolo di ricerca mostra i potenziali impatti atmosferici e climatici di una supernova vicina. I raggi gamma possono ridurre l’ozono, consentendo a più radiazioni UV di raggiungere la superficie terrestre. Alcune radiazioni UV sono ionizzanti, il che significa che possono danneggiare il DNA. I raggi cosmici possono anche creare più nuclei di condensazione, il che significa più nubi e potenziale raffreddamento globale. (Christoudias et al., 2024)

I ricercatori, inoltre, hanno correlato un’esplosione di SN con l’estinzione del tardo devoniano avvenuta circa 370 milioni di anni fa. In un articolo c’è la dimostrazione del rinvenimento di spore di piante bruciate dalla luce UV, un’indicazione che in quel periodo qualcosa di potente ha ridotto lo strato di ozono della Terra.

In effetti, la biodiversità della Terra è diminuita per circa 300.000 anni prima dell’estinzione del tardo Devoniano, suggerendo che più SNe potrebbero essere esplose nelle vicinanze in un periodi di tempo relativamente ristretto. Lo strato di ozono della Terra è in costante flusso. Quando l’energia UV la raggiunge, rompe le molecole di ozono (O3). Ciò dissipa l’energia UV e gli atomi di ossigeno si combinano nuovamente in O3 ripetendo il ciclo.

Questa è una versione semplificata della chimica atmosferica coinvolta, ma serve a illustrare il ciclo. Una supernova vicina potrebbe saturare il ciclo, riducendo la densità della cintura di ozono e consentendo a raggi UV mortali di raggiungere la superficie terrestre.

Nel nuovo articolo, Christoudias e i suoi colleghi suggeriscono che lo strato di ozono terrestre è molto più resistente di quanto si pensasse e fornisce un’ampia protezione contro le SNe che esplodono entro 100 parsec.

Mentre i ricercatori precedenti avevano modellato l’atmosfera terrestre e la sua risposta a una SN vicina, gli autori affermano di aver migliorato quel lavoro creando un modello EMAC (Earth Systems Model with Atmospheric Chemistry) dell’atmosfera terrestre per studiare l’impatto delle esplosioni di SNe vicine sull’atmosfera terrestre.

Utilizzando EMAC, gli autori affermano di aver modellato “le complesse dinamiche di circolazione atmosferica, la chimica e i feedback dei processi” dell’atmosfera terrestre.

Questi sono necessari per “simulare la perdita di ozono stratosferico in risposta a un’elevata ionizzazione, che porta alla nucleazione indotta da ioni e alla crescita delle particelle in CCN” (nuclei di condensazione delle nuvole).

Presumiamo una SN rappresentativa nelle vicinanze con tassi di ionizzazione GCR (raggi cosmici galattici) nell’atmosfera che sono 100 volte i livelli attuali“, scrivono. Ciò è correlato all’esplosione di una supernova a circa 100 parsec o 326 anni luce di distanza.

Questi pannelli della lettera di ricerca mostrano la diminuzione percentuale della colonna di ozono da un aumento di 100 volte dell'intensità del GCR rispetto al valore nominale. L'asse verticale sinistro rappresenta la latitudine della Terra e l'asse x mostra il periodo dell'anno. La perdita di ozono è più pronunciata ai poli a causa dell'effetto della magnetosfera terrestre, dove è più debole. a è la Terra odierna, mentre b rappresenta una Terra antica con solo il 2% di ossigeno durante il pre-Cambriano. Credito immagine: Christoudias et al. 2024
Questi pannelli della lettera di ricerca mostrano la diminuzione percentuale della colonna di ozono da un aumento di 100 volte dell’intensità del GCR rispetto al valore nominale. L’asse verticale sinistro rappresenta la latitudine della Terra e l’asse x mostra il periodo dell’anno. La perdita di ozono è più pronunciata ai poli a causa dell’effetto della magnetosfera terrestre, dove è più debole. a è la Terra odierna, mentre b rappresenta una Terra antica con solo il 2% di ossigeno durante il pre-Cambriano. (Christoudias et al., 2024)

La massima riduzione dell’ozono sopra i poli è inferiore all’attuale buco dell’ozono di origine antropica sopra l’Antartide, che equivale a una perdita di colonna di ozono del 60-70%“, spiegano gli autori. “D’altra parte, c’è un aumento dell’ozono nella troposfera, ma è ben entro i livelli derivanti dal recente inquinamento di origine antropica“.

Conclusioni

La riduzione media massima dell’ozono stratosferico dovuta a radiazioni ionizzanti 100 volte superiori al normale, rappresentative di una vicina SN, è di circa il 10% a livello globale. Si tratta più o meno della stessa diminuzione causata dall’ inquinamento di origine antropica. Una simile diminuzione non influenzerebbe molto la biosfera.

Anche se significativi, è improbabile che tali cambiamenti nell’ozono abbiano un impatto importante sulla biosfera, soprattutto perché la maggior parte della perdita di ozono avviene alle alte latitudini“, spiegano gli autori.

Questo, però, vale per la Terra moderna. Durante il Pre-Cambriano, prima che la vita esplodesse nella vasta diversificazione nota come esplosione del Cambriano, l’atmosfera conteneva solo il 2% circa di ossigeno. In che modo una SN influirebbe su questo?

Abbiamo simulato un’atmosfera con una concentrazione di ossigeno al 2% poiché ciò rappresenterebbe probabilmente condizioni in cui la biosfera emergente sulla terra sarebbe ancora particolarmente sensibile alla riduzione dell’ozono“, scrivono gli autori.

La perdita di ozono è di circa il 10-25% alle medie latitudini e un ordine di grandezza inferiore ai tropici“, scrivono gli autori. A livelli minimi di ozono ai poli, le radiazioni ionizzanti provenienti da una SN potrebbero effettivamente finire per aumentare lo strato di ozono.

Concludiamo che è improbabile che questi cambiamenti dell’ozono atmosferico abbiano avuto un impatto importante sulla biosfera emergente sulla terra durante il Cambriano“, concludono.

E il raffreddamento globale?

Il raffreddamento globale aumenterebbe, ma non in misura pericolosa. Nel Pacifico e negli oceani meridionali, il CCN potrebbe aumentare fino al 100%, il che sembra molto. “Questi cambiamenti, sebbene rilevanti dal punto di vista climatico, sono paragonabili al contrasto tra l’atmosfera incontaminata preindustriale e l’atmosfera inquinata di oggi“.

Dicono che raffredderebbe l’atmosfera all’incirca nella stessa quantità con cui la riscaldiamo adesso.

Questi due pannelli della ricerca aiutano a illustrare l’effetto di raffreddamento globale causato da una vicina SN che espone la Terra a radiazioni ionizzanti 100 volte maggiori. b mostra la variazione frazionaria del CCN rispetto ai giorni nostri. d mostra la variazione frazionaria della radiazione solare in uscita rispetto ai giorni nostri a causa dell'aumento dell'albedo delle nuvole. Credito immagine: Christoudias et al. 2024
Questi due pannelli della ricerca aiutano a illustrare l’effetto di raffreddamento globale causato da una vicina SN che espone la Terra a radiazioni ionizzanti 100 volte maggiori. b mostra la variazione frazionaria del CCN rispetto ai giorni nostri. d mostra la variazione frazionaria della radiazione solare in uscita rispetto ai giorni nostri a causa dell’aumento dell’albedo delle nuvole. (Christoudias et al., 2024)

I ricercatori sottolineano che il loro studio riguarda l’intera biosfera, non i singoli individui. “Il nostro studio non considera i rischi diretti per la salute degli esseri umani e degli animali derivanti dall’esposizione a elevate radiazioni ionizzanti“, scrivono.

A seconda delle circostanze, gli individui potrebbero essere esposti nel tempo a livelli pericolosi di radiazioni. Ma nel complesso, la biosfera non subirebbe danni rilevanti nonostante un aumento di 100 volte delle radiazioni UV. La nostra atmosfera e la magnetosfera potrebbero gestire tale aumento.

Nel complesso, la conclusione è che è improbabile che una vicina SNe abbia causato estinzioni di massa sulla Terra“, scrivono gli autori.

Concludiamo che l’atmosfera e il campo geomagnetico del nostro pianeta proteggono efficacemente la biosfera dagli effetti di una supernova vicina, che ha permesso alla vita di evolversi sulla terra negli ultimi centinaia di milioni di anni”.

Insomma, lo studio dimostra che la biosfera terrestre non soffrirà molto finché le esplosioni di supernova avverranno oltre i 300 anni luce.
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