Una nuova ricerca suggerisce che l’inversione più recente del campo magnetico della Terra ha impiegato più tempo di quanto si pensasse in precedenza per completarsi: circa 22.000 anni in totale. Studiare perché è successo ci permetterà di capire meglio questo misterioso processo e forse ci aiuterà anche a prepararci.
È un dato di fatto di cui i geologi sono consapevoli da tempo: ogni poche centinaia di migliaia di anni, il campo magnetico terrestre si ribalta letteralmente – quindi il nord magnetico si trova al Polo Sud e viceversa. Lo sforzo degli scienziati, attualmente, è tutto teso nello stabilire con maggiore precisione i tempi di questi inversioni.
Il mondo moderno si affida al campo magnetico della Terra per far funzionare moltissimi sistemi, uno per tutti è il GPS, e un capovolgimento del nord magnetico ovviamente provocherebbe moltissimi problemi alla nostra tecnologia.
Attualmente viviamo certamente una fase di instabilità e il polo nord magnetico sta migrando verso occidente, verso la Siberia, tanto che nello scorso autunno è stato necessario aggiornare i calcoli dei sistemi di navigazione GPS per compensare lo spostamento.
Il campo magnetico terrestre è generato dal nucleo esterno di ferro liquido del pianeta che ruota attorno al suo nucleo interno solido. La creazione di grafici relativi alle inversioni del campo magnetico nel tempo non è facile, ma è possibile trovare indizi nei sedimenti oceanici e nei flussi di lava che si solidificano nella direzione del campo magnetico.
“I flussi di lava sono i registratori ideali del campo magnetico“, afferma il geologo Brad Singer, dell’Università del Wisconsin-Madison. “Hanno molti minerali contenenti ferro e quando si raffreddano, si solidificano nella direzione del campo“. “Ma si tratta di registrazioni discontinue, nessun vulcano erutta continuamente. Quindi ci affidiamo a un attento lavoro sul campo per identificare i record giusti”.
Singer e i suoi colleghi hanno esaminato i registri del flusso di lava provenienti da Cile, Tahiti, Hawaii, Caraibi e Isole Canarie, osservando i tempi dell’inversione più recente, chiamata inversione Matuyama-Brunhes dal nome degli scienziati che scoprirono questa inversione di campo magnetico avvenuta tra 600.000 ed 800.000 anni fa.
Quel tempismo suggerisce che siamo “in ritardo” per la prossima inversione, anche se potremmo essere solo in un periodo di instabilità che non si tradurrà in un vero capovolgimento (qualcosa che è già accaduto in precedenza).
Al momento è in corso un dibattito su quanto durerà la prossima inversione.
Sulla base dei dati relativi alla roccia lavica, i ricercatori hanno scoperto che la parte principale dell’evento Matuyama-Brunhes è durata 4.000 anni, ma è stata preceduta da 18.000 anni di instabilità ed escursioni (alcune temporanee inversioni parziali).
Questi risultati sono supportati da un’analisi delle rocce dal fondo dell’oceano, una registrazione più continua ma meno precisa del campo magnetico terrestre.
Questo lasso di tempo è più lungo delle stime precedenti e suggerisce che non dovrebbe verificarsi un’inversione improvvisa e relativamente rapida.
Non sappiamo ancora con certezza quanto tempo potrebbe durare il prossimo capovolgimento – o esattamente quando arriverà – ma ora disponiamo di una grande quantità di dati per aiutare gli scienziati a fare stime. Se stiamo per vivere un’altra inversione di Matuyama-Brunhes, questo studio suggerisce che durerà per molte generazioni.
Quando verrà il momento, il campo magnetico del nostro pianeta sarà più debole e più complicato di quanto non sia ora, quindi è vitale prepararsi.
“Le inversioni si generano nelle parti più profonde della Terra, ma gli effetti si manifestano soprattutto sulla superficie terrestre e nell’atmosfera“, afferma Singer.
Purtroppo, ad oggi “senza una registrazione completa, accurata e ad alta risoluzione di come realmente accade l’inversione di campo sulla superficie della Terra, è difficile persino discutere di quali siano i meccanismi che la generano“.
La ricerca è stata pubblicata su Science Advances.