I tardigradi, noti anche come orsi acquatici, sono in grado di sopravvivere nelle condizioni più estreme. Essi sono microanimali incredibilmente resistenti e adattabili che si trovano in una varietà di ambienti, tra cui l’acqua dolce, l’acqua salata, il suolo umido e persino il muschio. La loro capacità di resistenza è davvero straordinaria e ha suscitato molto interesse scientifico.
Tardigradi immortali? Solo in apparenza
Una delle caratteristiche più sorprendenti dei tardigradi è la loro capacità di entrare in uno stato di criptobiosi, noto anche come anabiosi, quando le condizioni ambientali diventano estreme, come temperature molto basse, disidratazione o esposizione a radiazioni nocive. Durante questo stato, il loro metabolismo rallenta fino a un livello quasi impercettibile, consentendo loro di sopravvivere nei luoghi più inospitali per periodi incredibilmente lunghi.
Questa capacità di entrare in uno stato di criptobiosi ha portato a molte speculazioni sull’immortalità apparente dei tardigradi. Quello a cui dobbiamo tuttavia fare attenzione è notare che essi non sono veramente indistruttibili. Certo, possono sopravvivere in situazioni estreme per lunghi periodi e, alla fine, se le condizioni migliorano, possono riprendere le loro attività metaboliche normali e continuare il loro ciclo di vita.
I tardigradi, tuttavia, non sono completamente invulnerabili. Esistono limiti alla loro resistenza e possono essere uccisi da condizioni estreme troppo intense o prolungate. Le loro capacità di sopravvivere in luoghi che sarebbero letali per la maggior parte degli altri organismi è certo straordinaria e ha suscitato un grande interesse nella ricerca scientifica, soprattutto per quanto riguarda le potenziali applicazioni in campo biomedico e nella protezione ambientale.
I ricercatori hanno scoperto che il meccanismo di sopravvivenza dei tardigradi prende il via quando la cisteina, uno degli amminoacidi che forma le proteine nel corpo, entra in contatto con questi radicali liberi dell’ossigeno e si ossida. Questo processo è il segnale che fa sapere al tardigrado che è ora di entrare in modalità protettiva. I radicali liberi diventano, per così dire, il martello utilizzato per frantumare il vetro di un allarme antincendio. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PLOS One.
La rivelazione dello studio potrebbe eventualmente aiutare nello sviluppo di materiali in grado di rispondere a condizioni difficili come lo spazio profondo o terapie in grado di disarmare le cellule tumorali. Ad affermarlo è stata la dottoressa Amanda L. Smythers, ricercatrice post-dottorato presso il Dana-Farber Cancer Institute e l’Harvard Medical School di Boston e autrice della ricerca. In habitat inospitali come può essere l’Antartide, oppure presso le sorgenti di acque fredde o vette delle montagne, i tardigradi soggetti a disidratazione o temperature estreme diminuiscono la quantità d’acqua che stanno utilizzando, oppure ritraggono le loro otto braccia.
Gli orsetti acquatici si riducono a un quarto delle loro dimensioni normali. Gli invertebrati, per proteggersi in ambiente che ucciderebbero la maggior parte delle forme di vita, riescono a sopravvivere appallottolandosi in uno status dormiente, di morte apparente. Smythers e ricercatori dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill e della Marshall University di Huntington, West Virginia, hanno iniziato lo studio di questo fenomeno servendosi di un precedente e voluminoso corpus letterario che suggeriva che nel processo di difesa e sopravvivenza fosse coinvolta proprio la cisteina.
Smythers ha affermato tramite alcune dichiarazioni riportate dalla CNN: “Quando stavamo esaminando l’elenco di tutte queste circostanze assurde in cui i tardigradi possono sopravvivere – lo spazio, il vuoto, un’elevata concentrazione di sale come quando un oceano inizia ad evaporare – l’unica cosa che collegava davvero tutte queste cose erano le specie reattive dell’ossigeno. In realtà è stato un momento un po’ eureka (ovvero di scoperta improvvisa nda)”. Il dottor William R. Miller, professore assistente di ricerca presso la Baker University di Baldwin City, Kansas, ha spiegato: “Sarebbe fantastico trovare altri modi in cui questi meccanismi possano essere utilizzati per controllare il cancro”.