Spintronica potrebbe non essere il tipo di parola che emerge nelle conversazioni quotidiane, ma ha rivoluzionato la tecnologia dei computer e degli smartphone. È il ramo della fisica che coinvolge la manipolazione dello spin di un flusso di elettroni, che ha raggiunto i consumatori alla fine degli anni ’90 sotto forma di dischi rigidi magnetici per computer con diverse centinaia di volte la capacità di memorizzazione dei loro predecessori.
Questi e altri dispositivi elettronici sono stati perfezionati per rendere i computer ancora più potenti, per non parlare della maggiore efficienza dal punto di vista energetico, consentendo di tutto, dai lettori MP3 agli smartphone di oggi.
Intel e Google hanno iniziato a rivelare i processori quantici lo scorso anno e Samsung ed Everspin hanno lanciato alcuni chip MRAM (memoria ad accesso casuale magnetica) alcuni mesi fa. Questa nuova tecnologia dovrebbe migliorare in modo sostanziale le prestazioni di calcolo: in base ad una stima, ad esempio, la potenziale riduzione dei requisiti di alimentazione potrebbe essere superiore al 99%.
Anche così, tutti questi progressi hanno avuto un grosso limite: la manipolazione di spin è limitata a un singolo strato ultrasottile di materiale magnetico. Dieci di questi strati sono in genere impilati in una struttura “a sandwich“, che interagiscono attraverso interfacce e interconnessioni complesse, ma la loro funzionalità è fondamentalmente di natura 2D.
Leader del settore come Stuart Parkin, che ha creato il disco fisso IBM originale basato sulla spintronica, il Deskstar 16GP Titan, hanno affermato per anni che una delle maggiori sfide nel calcolo magnetico è quella di passare a una versione 3D molto più flessibile e capace.
Questo vedrebbe le informazioni trasmesse memorizzate ed elaborate attraverso qualsiasi punto della pila tridimensionale di strati magnetici. I recenti progressi pionieristici stanno iniziando ad avvicinare questo cambio di paradigma, ma ci sono da affrontare ancora grandi sfide per raggiungere lo stesso grado di controllo che abbiamo sul sistema bidimensionale.
In un nuovo documento prodotto dalle università di Glasgow e Cambridge, in collaborazione con i ricercatori dell’Università di Amburgo, l’Università tecnica di Eindhoven e la Scuola di scienze dell’Università di Aalto, è stato compiuto un passo significativo verso il raggiungimento di questo obiettivo.
L’elettronica tradizionale si basa sul fatto che gli elettroni hanno cariche elettriche. In un computer di base, chip e altre unità trasmettono informazioni inviando e ricevendo piccoli impulsi elettrici. Registrano “uno” per un impulso e “zero” per nessun impulso, creando la base di un linguaggio per assegnare istruzioni.
I tradizionali dischi rigidi magnetici si basano su proprietà associate alle cariche elettriche, ma funzionano su un principio diverso, con regioni minuscole di un disco magnetico piatto che registrano i due possibili orientamenti magnetici. Le unità magnetiche hanno il grande vantaggio che i dati restano lì anche quando l’alimentazione è spenta, sebbene le informazioni siano registrate e recuperate molto più lentamente rispetto a come succede con i transistor che troviamo nei circuiti dei computer.
La spintronica è diversa: sfrutta sia la carica che il magnetismo intrinseco degli elettroni, altrimenti noto come spin. La differenza tra spin e carica è talvolta paragonata al modo in cui la Terra orbita attorno al sole ma allo stesso tempo gira sul suo asse. Ma mentre gli elettroni hanno sempre una carica negativa, possono girare “su” o “giù“.
Alla fine degli anni ’80 fu scoperto che se una corrente elettrica veniva condotta attraverso un dispositivo formato da un foglio non magnetico inserito tra due fogli magnetici, la resistenza di questo dispositivo al flusso di elettroni cambia drasticamente a seconda dell’orientamento dei magneti all’interno i due fogli magnetici.
Questo effetto è stato prontamente sfruttato nei dischi rigidi, con i sistemi spintronici che agiscono come sensori molto sensibili in grado di leggere molti di più degli zeri e uno che compongono le informazioni magnetiche all’interno della stessa area rispetto ai precedenti dischi rigidi, aumentando così la capacità di archiviazione. Questa tecnologia, conosciuta come magnetoresistenza gigante, ha permesso di ottenere il premio Nobel per la fisica ad Albert Fert e Peter Grunberg.
Spintronica chirale
Dalla nascita della spintronica, ci sono stati molti importanti progressi, compresi alcuni recenti, in un’area chiamata spintronica chirale. Considerando che solitamente pensiamo a due magneti con un “nord” e “sud” che ruotano verso o lontano l’uno dall’altro lungo una linea di 180º, in condizioni particolari, i piccoli magneti al livello atomico presentano anche interazioni spin spin. Ciò significa che i magneti confinanti hanno la preferenza di orientarsi ad angoli di 90°.
L’esistenza di queste interazioni è un ingrediente chiave per creare e manipolare le pseudo-particelle chiamate skyrmioni magnetici, che hanno proprietà topologiche che consentono loro di eseguire le applicazioni di calcolo in modo più efficace, con un enorme potenziale per migliorare ulteriormente la memorizzazione dei dati.
Fino ad ora, tuttavia, le interazioni spin spin erano state osservate e sfruttate solo in spintronica 2D. Nel nuovo studio, viene dimostrato che questa interazione può essere anche creata tra magneti situati in due strati magnetici vicini separati da uno strato metallico non magnetico ultrasottile.
Per farlo, il team ha creato un dispositivo con un totale di otto strati usando una tecnica chiamata sputtering per depositare film sottili di materiale su nanoscala. Sono state calibrate con cura le interfacce degli strati per bilanciare altre interazioni magnetiche e è stato studiato il comportamento del sistema in campi magnetici a temperatura ambiente utilizzando laser. Il modo in cui il dispositivo si è comportato è stato confermato da simulazioni magnetiche complementari eseguite presso l’Università di Amburgo.
Questa scoperta apre nuove vie entusiasmanti per sfruttare ulteriori effetti spintronici 3D, con le interazioni degli spin chirali che giocano un ruolo fondamentale per creare modi più compatti ed efficienti per archiviare e spostare i dati magnetici lungo l’intero spazio 3D.
Il lavoro futuro si concentrerà sulla ricerca di modi per aumentare la forza di questa interazione ed espandere la gamma di dispositivi in cui l’effetto è presente. Ci si aspetta che questo studio susciterà grande interesse all’interno della comunità spintronica e stimolerà l’industria a continuare a lavorare su dispositivi di calcolo magnetico basati su questi concetti radicalmente nuovi.
Il primo impatto della spintronica nel mercato informatico è stato estremamente rapido: ci sono voluti solo otto anni dalla scoperta della magnetoresistenza gigante al lancio dell’IBM Deskstar 16GP Titan nel 1997.
Il passaggio al 3D deve ancora superare parecchi ostacoli, dalla fabbricazione precisa dei dispositivi necessari per sfruttare le interazioni magnetiche in architetture di calcolo non convenzionali.