Le donne hanno una probabilità fino a quattro volte maggiore rispetto agli uomini di essere colpite da malattie autoimmuni, condizioni in cui il sistema immunitario attacca erroneamente le cellule del corpo. Ora, gli scienziati hanno scoperto il perché: il rischio enorme è legato al modo in cui il corpo controlla i suoi cromosomi X.
La predisposizione delle donne alle malattie autoimmuni
Gli esseri umani hanno due tipi di cromosomi sessuali: X e Y. La maggior parte delle donne ha due cromosomi X in ciascuna cellula, mentre la maggior parte degli uomini possiede un X e un Y. Il cromosoma X è più grande rispetto a Y e contiene molti più geni che codificano per le proteine. Ma nelle donne con due cromosomi X, solo uno è responsabile della produzione delle stesse, altrimenti le cellule potrebbero presto esserne sopraffatte. Per evitare questo, durante lo sviluppo embrionale uno di essi in ciascuna cellula viene “silenziato“.
Una lunga molecola di RNA, chiamata Xist esegue questo silenziamento attaccandosi a un cromosoma X. Tuttavia, molte proteine tendono ad attaccarsi a Xist, e insieme al gene RNA possono predisporre le donne alle malattie autoimmuni.
Questo succede perché i complessi di RNA innescano una reazione immunitaria in cui il corpo produce anticorpi contro le proteine al suo interno, secondo un nuovo studio effettuato su topi e esseri umani e pubblicato sulla rivista Cell.
Il dottor Howard Chang, autore senior dello studio e Professore di ricerca sul cancro e genetica alla Stanford University, ha dichiarato: “Oltre al lavoro che svolge il gene Xist nel controllare l’attività genetica, c’è un’importante impronta immunologica che non è stata precedentemente riconosciuta. Questi risultati potrebbero quindi aprire nuove strade per la ricerca sui trattamenti per le malattie autoimmuni”, ha aggiunto.
Le malattie autoimmuni, che colpiscono più di 23,5 milioni di persone in tutto il mondo, sono causate da una combinazione di fattori scatenanti genetici e ambientali. Gli scienziati hanno proposto molte teorie per spiegare il motivo per cui le donne hanno maggiori probabilità di sviluppare questa patologia, puntando ai loro ormoni e ai microbi presenti al loro interno e su di esse, ma nessuna di queste idee è stata confermata in modo definitivo.
Precedenti ricerche di Chang e colleghi hanno suggerito che il complesso Xist potesse favorire un’autoimmunità basata sul sesso, poiché molte proteine associate alle malattie autoimmuni potrebbero legarsi ad esso. Ma il gene Xist doveva essere studiato isolatamente, senza altri fattori, come gli ormoni, che potessero potenzialmente mascherarne l’influenza.
Il team ha quindi ingegnerizzato geneticamente due ceppi di topi maschi per produrre Xist: uno che era geneticamente suscettibile a sintomi autoimmuni simili a quelli del lupus e un altro che era resistente. Nel ceppo predisposto al lupus, i topi di sesso femminile erano più inclini ai sintomi rispetto ai topi maschi, quindi il team ha teorizzato che Xist avrebbe portato i livelli di malattia dei maschi a quelli delle femmine.
Nei loro esperimenti, i ricercatori hanno creato una versione speciale del gene Xist nel genoma dei topi maschi che poteva essere attivato ma non silenziava il loro unico cromosoma X. Per stimolare la malattia autoimmune, hanno dovuto esporre i topi inclini al lupus a una sostanza chimica specifica.
Una volta attivato il gene Xist e indotto il lupus, il team ha osservato che i topi maschi hanno sviluppato la malattia a un ritmo simile a quello delle femmine. Tuttavia, la necessità sia dell’innesco chimico ambientale che di una predisposizione genetica al lupus è stata una prova importante. Questo ha reso gli esperimenti sui topi più rilevanti per gli esseri umani: “Se si nasce con una predisposizione genetica, allora la presenza di Xist ha un certo impatto ma non garantisce che una persona avrà una condizione autoimmune, potrebbe semplicemente spiegare la discrepanza nel conteggio dei casi tra i sessi”, ha spiegato Chang.
Per supportare i risultati sui topi, il team ha analizzato campioni di sangue di oltre 100 pazienti con malattie autoimmuni, incluso il lupus, e 20 senza. Hanno scoperto che i pazienti con autoimmunità avevano più autoanticorpi Xist nel sangue rispetto agli individui senza autoimmunità.
I tipi e il numero di autoanticorpi nelle diverse persone erano specifici della malattia, il che potrebbe portare a una diagnosi rapida e a trattamenti futuri. Un giorno, l’acquisizione di questi profili di autoanticorpi potrebbe aiutare i medici a decifrare quale malattia ha un paziente o a prevedere la traiettoria della sua condizione.