L’idea che viviamo come personaggi del videogioco di qualcun altro è irresistibile per molti, anche al di fuori della letteratura fantascientifica. Cercando su Google il termine “ipotesi di simulazione” si ottengono numerosi risultati che mettono in discussione se l’ Universo sia una simulazione creata al computer, un concetto che alcuni scienziati in realtà prendono sul serio.
Un grande contributo è arrivato anche dalla cinematografia e in particolare dalla quadrilogia Matrix, che ha risvegliato gli animi delle persone laureate all’Università della Vita e masterizzate in Google, convincendole che tutti noi viviamo su Matrix.
Io però non me la sento di farmi assalire da una raffica di proiettili per provare a fermarli con un semplice “no”, come fa Keanu Reeves nel ruolo di Neo, quando anche lui sente con tutto sé stesso che quello che vede non è reale.
Un Universo simulato al computer: alcuni scienziati ci credono
Il filosofo del XVIII secolo Immanuel Kant ha sostenuto che l’Universo è costituito in definitiva da cose in sé che sono inconoscibili. Pur sostenendo l’esistenza della realtà oggettiva, Kant ha affermato che la nostra mente svolge un ruolo necessario nella strutturazione e nella formazione delle nostre percezioni.
Il filosofo si è mostrato in anticipo sui tempi, essendo innegabilmente perspicace. Le moderne neuroscienze e le scienze cognitive hanno rivelato che la nostra esperienza percettiva del mondo è il risultato di molte fasi di elaborazione da parte dei sistemi sensoriali e delle funzioni cognitive nel cervello.
Nessuno sa esattamente cosa succede all’interno di questa scatola nera. Quello che sappiamo è che questi processi cerebrali generano una grande quantità di informazioni aggiuntive oltre a ciò che i nostri sensi percepiscono. Prendi la visione, per esempio: le nostre retine sono due superfici piatte che ricevono solo informazioni bidimensionali, ma le nostre funzioni cognitive aggiungono la terza dimensione alla nostra esperienza percettiva.
Se l’esperienza empirica non riesce a rivelare la realtà, nemmeno il ragionamento lo rivelerà poiché si basa su concetti e parole che dipendono dalle nostre storie sociali, culturali e psicologiche. Ancora una volta, una scatola nera.
Quindi, se accettiamo che l’Universo sia inconoscibile, accettiamo anche che non lo sapremo mai se viviamo in una simulazione al computer. E poi, possiamo spostare la nostra indagine da “L’Universo è una simulazione al computer?” a “Possiamo modellare l’Universo come una simulazione al computer?” Queste sono due domande molto diverse. Il primo ci limita alla speculazione; il secondo ci mette sulla buona strada per fare scienza.
Modellare la realtà è ciò che facciamo come scienziati. Per facilitare la nostra comprensione del mondo, costruiamo modelli basati su metafore concettuali che ci sono familiari. All’epoca di Newton abbiamo immaginato l’Universo come un orologio. In quello di Einstein abbiamo scoperto il modello standard della fisica delle particelle.
Ora che siamo nell’era dell’informazione, abbiamo a nostra disposizione nuovi concetti, come il computer, l’elaborazione delle informazioni, la realtà virtuale e la simulazione. Non sorprende che questi nuovi concetti ci ispirino a costruire nuovi modelli dell’Universo. Per costruirne uno basato sulla metafora della simulazione al computer, dobbiamo rispondere ad alcune domande chiave come “Dov’è il computer?” e “Di cosa è fatto?”
In un Universo modellato come calcolo, il computer che rappresenta lo spazio e i suoi contenuti dovrebbe trovarsi al di fuori dello spazio. Per fare progressi nella costruzione di un modello del genere, un’opzione è posizionare il computer all’interno di un buco nero. Tuttavia, una volta che qualcosa entra in un buco nero, viene effettivamente tagliato fuori dalla nostra osservazione. Un computer lì non potrebbe uscire e influenzare il nostro Cosmo.
Un’altra opzione è quella di collocare il computer in un Universo parallelo, di cui alcuni scienziati hanno teorizzato l’esistenza. Ma si suppone che ogni realtà parallela sia indipendente. Qualunque cosa accada (incluso l’utilizzo di un computer) in un altra realtà non può avere alcun impatto sulla nostra.
I numeri, ad esempio, non sono nello spazio eppure facciamo continuamente cose con i numeri: con loro contiamo, con loro misuriamo, con loro formuliamo teorie scientifiche. Non avremmo la matematica senza i numeri, e non avremmo la fisica senza la matematica. Molti eminenti matematici professionisti sostengono l’idea che i numeri abbiano un’esistenza oggettiva nel regno delle Forme.
Collocando i numeri nel regno delle Forme, al fondamento della fisica viene data una realtà oggettiva indipendente dalla mente umana. Allo stesso modo, collocando un computer nel regno delle Forme, abbiamo una base filosofica per costruire il modello della realtà basato sulla metafora della simulazione computerizzata.
I modelli, tuttavia, non rappresentano la realtà. Non ha senso discutere se l’Universo sia un orologio, un insieme di particelle o il risultato di un calcolo. Tutti questi modelli sono strumenti da utilizzare per affrontare l’ignoto e fare scoperte. E più strumenti abbiamo, più efficace e perspicace possiamo diventare.
Si può prevedere che, paragonabile al processo di costruzione di modelli scientifici precedenti, anche lo sviluppo del modello basato sulla metafora della “simulazione al computer” sarà un esercizio estremamente gratificante.
Il nuovo modello fornirà una nuova lente attraverso la quale verranno fatte nuove scoperte sull’Universo. Allargheremo notevolmente i nostri orizzonti e amplieremo la portata dell’indagine scientifica. È molto più soddisfacente che passare la giornata a chiederti se sei intrappolato in una versione di The Sims.