Il nostro pianeta si sta indubbiamente riscaldando. intanto che questo succede, il permafrost continua inesorabilmente a sciogliersi, liberando organismi e altro da sotto il ghiaccio, cose di cui magari conosciamo poco o nulla.
Lo scorso agosto alcuni ricercatori hanno pubblicato un articolo in cui affermavano di aver liberato un nematode siberiano vecchio di 46.000 anni, conservato nel permafrost. L’animale è stato raccolto da una tana ghiacciata di alcuni roditori artici, situata a circa 40 metri sotto la superficie, nel permafrost mai scongelato del tardo Pleistocene nell’Artico nord-orientale. I ricercatori hanno confermato l’età del verme grazie all’analisi al radiocarbonio del materiale vegetale presente nelle vicinanze.
Cosa sono i nematodi
I nematodi sono noti per la loro capacità di sopravvivere per lunghi periodi di tempo in criptobiosi – uno stato di metabolismo sospeso – consentendo agli animali di sopravvivere all’essiccazione e al congelamento. Ma i dati precedentemente noti relativi alla criptobiosi nei nematodi erano molto più bassi: circa 25 anni per la specie antartica Plectus murrayi e 39 per la specie d’acqua dolce Tylenchus polyhyphus.
Sempre in agosto, i ricercatori hanno scoperto in Alaska un sito di tracce di dinosauri di 70 milioni di anni fa, delle dimensioni di un campo da calcio. Soprannominato “Il Colosseo” dai ricercatori che lo scoprirono, l’area nel Parco nazionale e Riserva di Denali è il più grande sito di tracce di dinosauri negli USA.
Cosa contiene il “Colosseo”
Il Colosseo contiene le impronte di molteplici specie di dinosauri che abbracciano molte generazioni e che vagavano per l’interno dell’Alaska verso la fine del periodo Cretaceo (145-66 milioni di anni fa), poco prima della scomparsa dei dinosauri. Nel mese di luglio, i ricercatori hanno utilizzato una simulazione al computer per suggerire che esiste un “rischio sostanziale” derivante da antichi microbi “zombi” che emergono dallo scioglimento del permafrost.
Gli scienziati hanno utilizzato un programma chiamato Avida che è un “sistema di vita artificiale” di microrganismi digitali. Anche se questo sembra un po’ lontano dai microbi come i giganteschi virus del permafrost già scoperti, gli scienziati eseguono regolarmente questo tipo di esperimenti quando non è possibile fare simili testi nel mondo reale.
Come sopravvivono alcuni agenti patogeni
Come informa Cosmos, nel corso di alcune simulazioni, gli scienziati hanno dimostrato che gli agenti patogeni virtuali spesso potrebbero sopravvivere e continuare ad evolversi. Un piccolo numero di essi – circa il 3% – è riuscito a invadere divenendo la specie dominante. In circa l’1% dei casi questi “invasori” hanno sostanzialmente aumentato o diminuito la “ricchezza” della popolazione microbica virtuale. Si tratta di una percentuale bassa, ma il team suggerisce che, poiché così tanti potenziali virus e batteri potrebbero rivivere con il continuo scioglimento delle calotte glaciali, questo rappresenta ancora un “rischio sostanziale”.
La presenza di virus antichi vivi è una consuetudine
Infine, un articolo pubblicato all’inizio di quest’anno ha cercato di sfatare il mito secondo cui la presenza di virus “vivi” è rara. Hanno notato che 13 nuovi virus erano stati isolati da sette diversi campioni di permafrost siberiano. Questi virus non infettano gli esseri umani, ma sono “estinti” da molto tempo e quindi capirne di più è una priorità.
I segreti del permafrost
Il permafrost è uno strato di suolo o roccia che rimane congelato per almeno due anni consecutivi. Con il riscaldamento globale, il permafrost in diverse regioni del mondo sta iniziando a scongelarsi, rilasciando gas a effetto serra intrappolati, come metano e anidride carbonica. Questo processo può avere impatti significativi sul cambiamento climatico. Per quanto riguarda la presenza di virus pericolosi nel permafrost, alcuni studi suggeriscono che potrebbero essere presenti agenti patogeni virali congelati.
Tuttavia, il rischio di risvegliare virus dannosi dal permafrost è considerato basso. Inoltre, il permafrost è in genere situato in regioni remote, riducendo il contatto umano con eventuali agenti patogeni.