La navicella Psyche della Nasa è in viaggio. Nelle otto settimane trascorse da quando ha lasciato la Terra, lo scorso 13 ottobre, l’orbiter ha attuato con successo un’operazione dopo l’altra, accendendo strumenti scientifici, trasmettendo dati verso casa e stabilendo un record nello spazio profondo con i suoi propulsori elettrici.
L’ultimo risultato lo ha raggiunto lo scorso 4 dicembre, quando la missione ha acceso le telecamere gemelle di Psyche, recuperando le prime immagini. Questo è stato un grandissimo obiettivo raggiunto, denominato “prima luce“. La navicella spaziale arriverà a destinazione, l’asteroide 16-Psyche, a 26 milioni di chilometri dalla Terra, nel 2029.
Psyche: testati tutti gli strumenti
Il team della missione voleva testare tutti gli strumenti scientifici all’inizio del lungo viaggio per assicurarsi che funzionassero come previsto e per garantire che ci sia tutto il tempo per calibrarli e regolarli secondo necessità. Lo strumento imager, che consiste in una coppia di fotocamere identiche, ha catturato un totale di 68 immagini, tutte all’interno di un campo stellare nella costellazione dei Pesci.
Il team dell’imager sta utilizzando i dati per verificare il corretto comando, l’analisi telemetrica e la calibrazione delle immagini. Jim Bell dell’Arizona State University è responsabile dello strumento Psyche imager. L’esperto ha spiegato tramite alcune dichiarazioni riportate da SciTechDaily: “Queste immagini iniziali sono un apripista”.
Bell: “La prima luce è un’emozione”
Bell ha aggiunto: “Per il team che ha progettato e gestisce questo sofisticato strumento, la prima luce è un’emozione. Iniziamo a controllare le telecamere con immagini di stelle come queste, poi nel 2026 acquisiremo immagini di prova di Marte durante il sorvolo della navicella spaziale. E infine, nel 2029 avremo le immagini più emozionanti di sempre: del nostro asteroide bersaglio Psyche. Non vediamo l’ora di condividere tutte queste immagini con il pubblico”.
L’imager scatta immagini attraverso più filtri colorati, tutti testati in queste osservazioni iniziali. Con i filtri, il team utilizzerà fotografie in lunghezze d’onda della luce sia visibili che invisibili all’occhio umano per aiutare a determinare la composizione dell’asteroide ricco di metalli Psyche. Il team degli imager utilizzerà i dati anche per creare mappe 3D dell’asteroide per comprenderne meglio la geologia, che fornirà indizi sulla storia di Psyche.
La missione potrebbe dirci di più sulla nascita della Terra
All’inizio della missione, a fine ottobre, il team ha acceso il magnetometro, che fornirà dati cruciali per aiutare a determinare come si è formato l’asteroide. La prova che una volta l’asteroide aveva un campo magnetico sarebbe una forte indicazione che il corpo è un nucleo parziale di un planetesimo, un elemento costitutivo di un pianeta primordiale. Le informazioni potrebbero aiutarci a capire meglio come si è formato il nostro pianeta.
L’eruzione solare
Poco dopo essere stato acceso, il magnetometro ha fatto agli scienziati un regalo inaspettato: ha rilevato un’eruzione solare, un evento comune chiamato espulsione di massa coronale, in cui il Sole espelle grandi quantità di plasma magnetizzato. Da allora, il team ha osservato molti di questi eventi e continuerà a monitorare il meteo spaziale mentre la navicella viaggia verso l’asteroide.
La buona notizia è duplice. I dati raccolti finora confermano che il magnetometro può rilevare con precisione campi magnetici molto piccoli. Conferma inoltre che la navicella spaziale è magneticamente “silenzioso”. Le correnti elettriche che alimentano una sonda di queste dimensioni e complessità hanno il potenziale per generare campi magnetici che potrebbero interferire con i rilevamenti scientifici. Poiché la Terra ha un proprio potente campo magnetico, gli scienziati hanno ottenuto una misurazione molto migliore del campo magnetico del veicolo spaziale una volta che era nello spazio.
Un record raggiunto
L’8 novembre, durante tutto il lavoro con gli strumenti scientifici, il team ha acceso due dei quattro propulsori a propulsione elettrica, stabilendo un record: il primo utilizzo in assoluto di propulsori a effetto Hall nello spazio profondo. Fino ad ora erano stati utilizzati solo su veicoli spaziali che arrivavano fino all’orbita lunare. Espellendo atomi carichi, o ioni, del gas xeno, i propulsori ultra efficienti spingeranno la navicella spaziale verso l’asteroide (un viaggio di 2,2 miliardi di miglia o 3,6 miliardi di chilometri) e la aiuteranno a manovrare in orbita.