Insomma, rianimare cellule morte? il sogno del dr. Frankestein che si avvera?
L’esperimento in questione si è basato su un nuovo sistema chiamato BrainEx. Su Nature, il team spiega che il sistema BrainEx si basa sul collegamento del sistema vascolare del cervello a una soluzione sviluppata per preservare il tessuto cerebrale. La soluzione agisce come sostituto del sangue e contiene un vettore dell’ossigeno basato sull’emoglobina oltre ad una serie di agenti farmacologici mirati a mantenere vivo un cervello morto o morente.
Per effettuare gli esperimenti sui cervelli di maiale, il team ha utilizzato 32 cervelli raccolti da un mattatoio del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e li ha collegati al sistema BrainEx quattro ore dopo la morte dei maiali “donatori” e il loro cervello rimosso. Nell’immediato, i cervelli non mostravano alcuna attività elettrica associata a percezione, consapevolezza o coscienza – che non era l’obiettivo dello studio – ma, nel giro di poco tempo, ha assistito ad un risultato che sapeva di miracoloso: BrainEx ripristinato e sostenuto la circolazione delle arterie principali, piccoli vasi sanguigni e capillari
Il sistema, inoltre, ha ridotto la morte cellulare, conservato l’architettura anatomica, innescato l’attività neurale spontanea e attivato il metabolismo cerebrale. Nel frattempo, i cervelli di controllo, non trattati, hanno cominciato a decomporsi.
Il team ha interrotto l’esperimento dopo sei ore a causa della limitata disponibilità della soluzione BrainEx, il che significa che non sanno ancora per quanto tempo queste funzioni avrebbero potuto essere sostenute.
Neuroni e cellule nel cervello
Secondo quanto riferito da Stephen Latham, co-autore e bioeticista del team che ha eseguito l’esperimento, l’obiettivo dello studio non era quello di ripristinare la coscienza e la ricerca è stata condotta seguendo rigorose linee guida etiche: non si è tentato in nessun modo di riportare consapevolezza nei cervelli coinvolti ma erano pronti ad affrontare lo scenario, se si fosse verificato.
“I ricercatori erano pronti a intervenire con l’uso di anestetici e riduzione della temperatura per fermare l’attività elettrica organizzata se si fosse presentata“, afferma Latham. “Si era concordato in anticipo che se gli esperimenti avessero provocato una ripresa dell’attività cerebrale globale, sarebbero stati interrotti in mancanza di chiari standard etici e meccanismi di controllo istituzionali“.
I risultati di questo studio contrastano nettamente con quello che sappiamo sui cervelli morti. L’idea consolidata è che una volta che l’ossigeno e il flusso sanguigno cessano, le funzioni base delle cellule si interrompono in pochi secondi e in quel momento l’attività neurale viene irrimediabilmente persa. Da lì, il cervello dovrebbe iniziare una traiettoria irreversibile verso la morte e il decadimento definitivo delle cellule.
La nuova ricerca sconvolge l’idea che la morte di un cervello sia rapida e concreta. Addirittura, forse, un giorno dovremo rivedere il concetto di morte cerebrale. Il team spera che nell’immediato futuro, questa ricerca possa portare a un nuovo modo di studiare il cervello post-mortem, consentendo agli scienziati di studiare le complesse condizioni delle cellule e delle connessioni cerebrali dopo la perdita della vita.
In un futuro più ipotetico, il sistema BrainEx potrebbe aiutare a salvare la funzione cerebrale dei pazienti colpiti da ictus, sebbene al momento non sia chiaro se questo approccio avrebbe lo stesso risultato se applicato al tessuto umano.
Non è ancora chiaro come potrebbe reagire il cervello umano al sistema Brainex. Cellule cerebrali.
Ciò che è, invece, chiaro è che questi risultati aprono prospettive future dai contorni nebulosi.
Alcuni studiosi di etica tra cui il professore di diritto e filosofia Duke Nita Farahany, scrivono che questo studio “mette in discussione ipotesi di vecchia data su ciò che rende un animale – o un essere umano – vivo“.
Ora che gli scienziati potrebbero essere in grado di rendere reversibile la morte cerebrale, Farahany ed i suoi coautori sostengono che sono necessarie nuove linee guida per gli studi che implicano il ripristino dei cervelli. Quello che è considerato un cervello vivo – o uno morto – ha bisogno di una definizione migliore.
Gli studiosi di bioetica Dr. Stuart Youngner e Insoo Hyun, sottolineano che questo studio potrebbe “creare problemi nel salvare la vita di pazienti che necessitano di organi derivanti dalle donazioni.”
La rianimazione delle cellule cerebrali, sostengono, sembra sempre più ragionevole, e potremmo eventualmente dover rivedere la nostra definizione di cervello legalmente morto.
Questo è uno scenario lontano, ma è sempre più ovvio che la nostra idea di ciò che il cervello è capace e di come la scienza potrà manipolarlo sta cambiando. La vita, per ora, non può essere ripristinata dopo la morte – ma quella di una nuova definizione della morte è ora una domanda in attesa di risposta.