L’oggetto della nostra guida di oggi è un argomento particolarmente peculiare e ricco di sfaccettature. Parleremo, infatti, di partite iva e, di conseguenza, del mondo del lavoro autonomo. Occorre premettere, prima di entrare nel merito della questione più tecnica, che al giorno d’oggi i mercati siano cambiati molto profondamente e, soprattutto negli ultimi anni, i segnali forniti dall’avvento della tecnologia e di tutte le opportunità che il digitale era in grado di offrire, abbiano spostato l’attenzione di molti nei confronti di forme di lavoro indipendente o di commercio per cui è necessario aprire una partita iva. Un panorama del lavoro dinamico, dunque, e particolarmente attivo, se solo non fosse che accadimenti storici altrettanto recenti come l’avvento della pandemia, abbiano notevolmente cambiato il volto dei dati che andremo a presentarvi nelle prossime righe.
In ogni caso, è bene puntualizzare che nel computo delle partite iva attualmente attive in Italia sono diverse quelle che hanno sfruttato la possibilità di adottare il regime agevolato che – come spiegato nei minimi dettagli nel blog regime-forfettario.it, tra i più autorevoli del settore – consente di abbattere i costi gestionali e la tassazione, oltre a offrire semplificazioni burocratiche. A prescindere da questo, però, fattori come l’emergenza pandemica da Covid 19 hanno notevolmente rallentato la crescita delle forme di lavoro autonomo in Italia.
Non solo, anche artigiani, esercenti di vario genere, piccoli commercianti e liberi professionisti iscritti agli ordini o alle casse del loro settore di riferimento. Insomma, il popolo di microimprenditori e lavoratori indipendenti si è assottigliato, seppur non mancano leggeri segnali di ripresa negli ultimissimi tempi. Come detto, la pandemia ha segnato un record negativo in questo senso, in un periodo all’interno del quale le opportunità per gli autonomi sembravano essere in fiore. Scopriamo, nelle prossime righe, tutto ciò che c’è da sapere al riguardo, attraverso il dettaglio dell’indagine effettuata.
Partite IVA in diminuzione in Italia: il dettaglio della CGIA di Mestre
Stando ad un’indagine effettuata dalla CGIA di Mestre nel 2022, tra le partite iva mancherebbero 321 mila lavoratori. Una cifra particolarmente preoccupante se si tiene conto che a febbraio del 2020, quindi prima della pandemia, le unità fossero 5.194.000, comparate al dicembre del 2022, quando il numero di partite iva in Italia era pari a 4.873.000. Nei vari periodi di pandemia, comunque, il panorama di riferimento ha fatto esperienza di alti e bassi, con la platea che è aumentata nel complesso di circa 133.000 unità, ossia il 4.5% del totale.
In ogni caso, la contrazione del numero di lavoratori autonomi ebbe inizio molto prima della pandemia. Fu nel 2015, infatti, che si raggiunse il picco massimo di partite iva in Italia, con 5.428.000 microimprenditori in Italia. Ha seguito, poi, un declino che ha condotto al minimo storico raggiunto, per l’appunto, nel dicembre 2022, con un totale di 4.873.000 unità.
L’andamento dei numeri per i lavoratori dipendenti
Si compie il discorso opposto, invece, osservando il numero di lavoratori dipendenti, risalito in maniera importante fino a raggiungere i livelli antecedenti all’inizio della pandemia. Nella prima parte del 2021, comunque, c’è stato un leggero recupero. La crisi pandemica e le numerose limitazioni alla mobilità, oltre all’aumento degli affitti e del costo dell’energia hanno rappresentato solo alcuni dei fattori scatenanti di questa crisi senza precedenti del lavoro autonomo, in un periodo storico in cui, per altro, le professioni sottoposte a partita iva e a regime di tassazione relativo, avrebbero dovuto raggiungere i massimi storici grazie alle innumerevoli potenzialità offerte dal settore digitale, non soltanto in termini di collaborazioni con aziende, ma anche per l’apertura di attività autonome come gli e-commerce.