Il 2 novembre del 1918 rappresenta il tassello decisivo della dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico per altro già in corso sotto la spinta delle sorti negative della Grande Guerra e dell’appoggio del Presidente americano Wilson all’autodeterminazione dei popoli che costituivano il dominio multi etnico degli Asburgo.
Quel freddo giorno autunnale nel Palazzo di Schonbrunn vanno in scena in un clima di enorme confusione, incertezza, dramma e persino farsa, le ultime decisioni politiche di Carlo I d’Austria (1887-1922). Succeduto a Francesco Giuseppe dopo la sua morte in virtù dell’assassinio dell’erede al trono, l’Arci Duca Francesco Ferdinando, Carlo rappresenta una figura tragica ed inadeguata chiamata a ricoprire il trono del “grande malato” d’Europa come veniva spesso definito dall’opinione pubblica internazionale l’impero asburgico.
La sera prima l’Italia ha posto un ultimatum che rappresenta una vera e propria capitolazione per concedere l’armistizio. Sul fronte italiano le truppe austriache sono prossime al definitivo collasso. A complicare le cose e rendere più arduo il processo decisionale politico intervengono le dimissioni del ministro degli Esteri Gyula Andrassy.
Alle quattro di pomeriggio convocato dall’imperatore arrivano a Schönbrunn i cinque leader del Consiglio di Stato dell’autoproclamata “Assemblea nazionale provvisoria dello stato indipendente austro-tedesco”. L’intento di Carlo è chiaro, coinvolgere questo organismo nelle dure decisioni da assumere in quelle ore. Il clima è teso, concitato. Salendo le scale del Palazzo, uno dei cinque leader, Viktor Adler, uno dei più importanti dirigenti del Partito Socialdemocratico austriaco ha un attacco cardiaco e si accascia.
La riunione slitta e può iniziare soltanto dopo che, soccorso, Adler recupera un po’ le forze. La riunione è tesissima: Adler accusa la monarchia di aver trascinato il paese in una guerra disastrosa e perdente, Carlo contrattacca accusando il Consiglio di Stato di aver sabotato i suoi sforzi per la pace. I cinque rifiutano ogni copertura politica ed abbandonano il Palazzo verso le sei.
Poco dopo, mentre Carlo ha convocato il Consiglio della Corona imperiale ed il Consiglio Austriaco, i due organi costituzionalmente legittimi arriva una telefonata da Budapest. Il ministro della Guerra dell’appena costituito governo ungherese Karolyi, intima all’Imperatore di disporre l’immediato cessate il fuoco per le truppe magiare. In caso contrario lo minaccia senza mezzi termini, ci avrebbe pensato direttamente, lui stesso, Karolyi.
Carlo non può far altro che acconsentire ed alle nove di sera autorizza l’uscita dalla guerra dell’Ungheria sancendo di fatto la fine dell’esercito multietnico imperiale. Tre ore dopo spinto dalle pessime notizie che provengono dal fronte italiano decide di accettare le condizioni capestro degli italiani ed all’una di notte spedisce al generale Weber, il capo dei negoziatori austriaci, il dispaccio che lo autorizza a firmare l’armistizio ed ordinare il cessate il fuoco.
Quando però cerca Adler per comunicare l’inevitabile decisione ed ottenere la sua copertura politica, Carlo scopre con sgomento che nonostante la drammaticità della situazione il Consiglio di Stato si è sciolto, aggiornandosi alle 9 del giorno dopo. A questo punto l’Imperatore tenta di revocare l’autorizzazione appena spedita a Weber ma è troppo tardi, la revoca del cessate il fuoco arriva ai comandi austriaci quando tutto è stato fatto e grottescamente viene inviata una revoca della revoca.
In questo clima di disperata confusione gli austriaci non si accorgono che gli italiani seguendo un’ambigua interpretazione dell’armistizio fanno scattare la cessazione delle ostilità alle tre di pomeriggio del 4 novembre, ovvero 36 ore dopo quanto credono gli austriaci. Intanto a Schönbrunn la polizia fa filtrare notizie allarmanti sulla sicurezza della stessa incolumità del sovrano, si vocifera di tumulti a Vienna e di folle di manifestanti in marcia verso il Palazzo. Soltanto verso le quattro del mattino l’allarme rientra ed alle prime luci dell’alba, un distrutto Carlo che non ha chiuso occhio per tutta la notte ed i suoi familiari si portano nella cappella reale per la messa della domenica mattina.
Nel frattempo gli italiani approfittando della diversa interpretazione dell’armistizio continueranno ad avanzare tumultuosamente fino alle 15 del 4 novembre catturando praticamente senza combattere altri 400.000 soldati austriaci. L’11 novembre 1918, il giorno in cui finì la guerra anche per l’Impero germanico, viene presentata a Carlo la dichiarazione di rinuncia al potere da parte dell’assemblea nazionale provvisoria. Spinto dal primo ministro Heinrich Lammasch, Carlo firmò e sciolse l’ultimo governo imperiale guidato proprio da Lammasch, siglando così dopo oltre 600 anni la fine del dominio asburgico in Austria.
Pur avendo rinunciato al potere sia in Austria che in Ungheria Carlo si rifiuterà di abdicare diventando rapidamente persona non grata della nuova repubblica austriaca e il 23 marzo 1919 Carlo e la famiglia imperiale anticipando il loro internamento da parte del governo fuggirono sotto protezione inglese in direzione della Svizzera.
Carlo d’Asburgo tentò per ben due volte di riprendersi il trono che a malincuore aveva dovuto lasciare, arrestato dopo il secondo tentativo, fu deportato nell’isola portoghese di Madera dove morì a Funchal nel 1922 a causa di una bronchite trascurata che si era trasformata in polmonite.
2 novembre 1918: la fine degli Asburgo
Il 2 novembre 1918 si consuma l'ultimo atto dell'Impero Austro-Ungarico e della fine della dinastia degli Asburgo
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