Nel 1959 i fisici Giuseppe Cocconi e Philip Morrison avevano ipotizzato che gli extraterrestri interessati a comunicare con noi e con altre specie intelligenti avrebbero dovuto utilizzare una particolare frequenza distinguibile da ogni altra, la radiazione elettromagnetica emessa dagli atomi di idrogeno neutro.
Un segnale radio del genere, con una frequenza di 1420,40575 Mhz, si troverebbe all’interno di un intervallo di frequenze delle microonde abbastanza silenzioso in radioastronomia, capace di attraversare facilmente le polveri interstellari e legata alle caratteristiche dell’elemento più abbondante nel cosmo, quindi, si pensa, noto a eventuali civiltà extraterrestri tecnologicamente evolute almeno quanto la nostra.
Il 15 agosto del 1977, esattamente 42 anni fa il SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) era nel suo massimo splendore, quando l’osservatorio Big Ear dell’Ohio State University registrò un segnale radio proveniente dalla costellazione del Sagittario.
Il radiotelescopio registrò per ben 72 secondi prima che la rotazione della Terra portasse la fonte fuori dalla possibilità di captarne il segnale. Tre giorni dopo, il 18 agosto, l’astronomo Jerry Ehman si trovava a casa, e stava completando, come quasi tutti i giorni, un controllo di routine delle stampe di dati provenienti dal Big Ear, dove era ricercatore volontario. Sul suo tavolo un enorme faldone di fogli stampati dall’Ibm 1130, il computer usato per l’acquisizione e l’analisi dei segnali radio ricevuti dal cielo.
Le stampe, erano ricoperte da una fila di numeri e lettere: per lo più 1 e 2. Queste cifre corrispondono all’intensità dei segnali radio ricevuti dall’antenna dell’osservatorio: da 1 a 9 per le intensità minori, seguiti dalle lettere dell’alfabeto con l’aumentare dell’intensità. Jerry Ehman atava studiando le stampe relative a qualche giorno prima, il 15 agosto.
All’improvviso notò una breve ma sorprendente stringa di 6 caratteri circondata dall’usuale rumore di fondo di vari 1 e 2. La sequenza “6EQUJ5” corrispondente a un segnale della durata di circa 72 secondi proveniente dalla regione prossima alle tre stelle conosciute come Chi Sagittarii, e il cui picco di intensità è rappresentato dalla lettera U, nella frequenza 1420 Mhz.
Ehman afferrò una penna rossa e tracciò una linea attorno alla stringa scrivendo a margine una singola parola “Wow!” che divenne in seguito il nome del segnale.
Gli astronomi del Big Ear Radio Observatory scelsero proprio questa banda perché questa è la frequenza in cui emette l’idrogeno “freddo” che, come abbiamo detto, permea l’universo.
Il segnale aveva tutte le caratteristiche per essere definito un possibile segnale alieno:
era difficilmente spiegabile come prodotto da una sorgente naturale, la sua frequenza era vicinissima al valore esatto (1420,46 Mhz) con una lunghezza di banda molto stretta.
Il segnale, da allora, non si è mai ripetuto e, nel 1998, il radiotelescopio che lo ha registrato è stato smantellato.
Nel corso dei decenni ci sono stati diversi tentativi di ascoltare nuovamente il segnale, ma questi tentativi non hanno portato a nulla, nessun radiotelescopio ha mai più registrato quel segnale, anche altri tentativi di ascolto fatti negli anni ’80 e ’90 con strumenti più potenti (Meta e Very Large Array) diedero esito negativo.
Il segnale potrebbe essere un messaggio proveniente da una civiltà extraterrestre che ha utilizzato una grande potenza per inviare un’unica fortissima emissione capace di raggiungerci, cosi almeno ha sostenuto il co-fondatore del SETI, Frank Drake, vista l’assenza di una replica e visti i tentativi simili compiuti sulla Terra. Lo stesso Drake partecipò all’invio di un segnale composto da 1679 cifre utilizzando il radiotelescopio di Arecibo.
Il radiosegnale potrebbe anche essere un riflesso di un segnale terrestre riinviato da alcuni detriti, teoria subito confutata in quanto gli strumenti in uso all’epoca non effettuavano trasmissioni fuori dal pianeta a frequenze di 1400 MHz.
Ulteriori studi compiuti da Antonio Paris, il segnale Wow poteva essere stato emesso da comete come 266P/Christensen e P2008 Y2 (Gibbs), scoperte nel 2006 ma che nel 1977 dovevano trovarsi alla portata di Big Ear. Paris avanzò l’ipotesi nel 2016, organizzando un crowdfunding per metterla alla prova con un radiotelescopio amatoriale. I risultati, furono pubblicati sul Journal of the Washington Academy of Sciences dichiarando risolto il mistero del segnale Wow: Il segnale era stato prodotto dalle comete.
La ricerca di Paris però ha ricevuto notevoli critiche dalla comunità di astronomi e astrofisici, e anche prima dell’esperimento, l’ipotesi di Paris era carente. Il fenomeno che causa l’emissione da parte dell’idrogeno di onde radio a quella frequenza è rarissimo, e gli atomi di idrogeno delle comete non sono cosi abbondanti per emettere naturalmente un segnale come il segnale Wow. (Spiegazione di Gianni Conoretto su Query). Di comete se ne conoscono moltissime e se producessero questo tipo di segnali gli astronomi dovrebbero captarne spesso.
Chris Lintott pose delle obbiezioni a Paris, sostenendo che il segnale prodotto nell’esperimento non aveva alcuna somiglianza con il segnale Wow, la larghezza della banda era diversa e sia la durata che l’intensità sono minori.
Scrive ancora Comoretto: “Non è chiaro cosa Paris abbia misurato. Non ha fornito una scala per le sue misure, Ha usato un metodo di misura poco adatto e soggetto ad errori, perché con quello adatto non vedeva nulla. Persino nel riportare le posizioni in cui è stato osservato Wow mostra di fare confusione con i sistemi di coordinate usati in astronomia”.
Paris ha affidato le sue conclusioni a una rivista interdisciplinare piuttosto bizzarra: Journal of the Washington Academy of Science, che non è il tipo di rivista che astronomi e astrofisici usano come canale di comunicazione. Non è nemmeno inclusa nell’Astrophysics Data System (Ads) o in qualunque altro motore di ricerca dedicato specializzato per la letteratura scientifica.
Paris, inoltre, è un professore associato in un college, ma fino al 2012 ha lavorato nel settore della difesa, non ha né un dottorato né vere pubblicazioni e, inoltre, è diventato recentemente uno degli esperti scelti da Mars One (la ridicola operazione di marketing, già fallita, che affermava di voler inviare l’uomo su Marte e farne un reality show) si capisce bene come mai gli studiosi stiano smontando la sua cosiddetta ricerca.
Questo segnale radio, seppur particolare non basta per affermare che sia prodotto da una civiltà tecnologicamente evoluta che lo abbia inviato intenzionalmente o meno verso di noi. Il segnale quindi, non è stato ancora spiegato ma non dobbiamo lasciarci influenzare e non dobbiamo far diventare il segnale “Wow!” una sorta di UFO dei segnali radio, è semplicemente un segnale di natura sconosciuta dove la spiegazione aliena, come per gli UFO, è solo un’ipotesi senza nessuna conferma certa.
Fonti: media.inaf.it; ilsaccottino.it/ ; wired.it.